Musica, poesia, letteratura. Alice scivola con eleganza in un affollatissimo Teatro Duse di Bologna tra autori e canzoni proprie, fra gli applausi del pubblico in calorosa accoglienza a cui sorriderà spesso durante il concerto.
Concerto che parte quasi sacrale (non a caso un suo disco del 1999 si intitola God Is My Dj) con Gli ultimi fuochi e poi si scioglie nell’empatia di Fabrizio De Andrè per Un blasfemo (“Ti cercarono l’anima a forza di botte). Faber viene omaggiato anche nella bellissima Canzone dell’amore perduto e colpisce quel modo che Alice ha di porgere le parole, con grazia e raffinatezza. Il set alternerà sue composizioni e brani altrui, in un racconto di dolcezze e asperità della vita e dell’amore, come in 1943 (“Amati angeli apritemi la porta”) seguita da Auschwitz dove il bambino nel vento diventa bambina, in immedesimazione totale con le “pietre d’inciampo” che appaiono gradualmente sullo schermo. “Una canzone magnifica che Francesco Guccini ci ha lasciato, per non dimenticare ma anche ricordare che le vittime possono diventare carnefici”, commenta lei. E giù applausi.
Su Prospettiva Nesvki, primo dei tanti brani di e con Battiato, scorrono i volti di amati russi come Nijinsky, Stravinsky ed Eisenstein (evocati nella canzone) insieme a quello dello stesso Franco ed è il primo momento di commozione. Lei canta in modo sussurrato e potente, impartendo lezioni a tante oggi sulla cresta dell’onda, senza urlare, ma infondendo comunque il giusto vigore, velluto e acciaio insieme. Con lei un trio di musicisti preparati e solleciti come Carlo Guaitoli che si alterna tra pianoforte e tastiere, Antonello d’Urso a pizzicare chitarre acustiche ed elettriche, Chiara Trentin a suo agio tra il violoncello ed il “gemello” elettrico che suona talvolta come un basso. E poi le sue Dammi la mano amore (“Quando aspettavo che il tramonto ricamasse i suoi segreti”) e Il contatto (“Frutto di una mia forte attività onirica del periodo, ma era poi tutto un sogno?”chiede al pubblico), i Viali di Solitudine “sui gradini di Versailles coperti dalla neve” e Almeno Pensami scritta da Ron e portata a Sanremo 2018 in duetto con lui.
Lindbergh, canzone stupenda di Ivano Fossati con i suoi testi inconfondibili (“Non sono che il contabile dell’ombra di me stesso) prelude ad un momento di vera poesia, in cui Alice canta i versi in friulano musicati di Pierluigi Cappello (Inniò, “in ogni dove”) e Maria Grazia Di Gleria (Anin a gris, “andiamo a grilli”, traduzioni che compaiono sullo schermo) insieme al fradis per eccellenza Pier Paolo Pasolini di La recessione, racconto spietato di anni difficili.
Non insegnate ai bambini è il testamento spirituale di Giorgio Gaber, seguito da Atlantide di Francesco De Gregori con la solita bellezza ermetica dei testi. Ancora parole, ancora musica, ancora grandi autori. Poi l’ultimo inedito scritto per lei da Battiato, Veleni in cui si elencano sistematicamente le cose che fanno male all’uomo per concludere che “quando la terra si dissolverà, saremo liberi”. E giù applausi scroscianti, ribaditi dopo E ti vengo a cercare e I Treni di Tozeur, a confermare una presenza ancora forte. Non può mancare il soffio da classifica de Il vento caldo dell’estate, suo primo grande successo targato 1980.
E con gli zingari di Una notte speciale sarebbe finita qui. Ma il pubblico ne vuole ancora, non pago di un’ora e mezza scarsa di musica che comunque richiede uno sforzo notevole: e allora ci saranno i “bassifondi dell’immensità” del “forestiero che cerchi la dimensione insondabile” di Nomadi scritta da Iuri Camisasca e Il sole nella pioggia dall’omonimo album uscito nel 1989 con musicisti come Richard Barbieri, Steve Jansen e Jon Hassell. Nuova richiamata sul palco ed ecco (poteva mancare?) Per Elisa seguita dal pop illuminato di Chanson Ego-centrique che ha cantato anche con i Subsonica.
Concerto di grandi emozioni, forte sensibilità musicale e valorizzazione di un patrimonio culturale importante come quello rappresentato dai nostri cantautori storici. Davvero una notte speciale.
(la foto di Alice è di Cristina Paesani)