Ludovica Burtone, da Udine a New York con anima cosmopolita. La violinista si è trasferita da nove anni nella Grande Mela e ha dedicato al suo status di migrante il recente album Migration Tales (Endectomorph Music) in cui, insieme ad altre musiciste nella sua stessa condizione, racconta storie di cambiamento, inquietudine, forza e speranza. Un lavoro complesso e stratificato, fatto per un ascolto attento, ma che non rinuncia ad una certa ricerca melodica. Con lei collaborano le spagnole Milena Casado (flicorno) e Marta Sanchez (piano), l’argentina Julieta Eugenio (sax tenore), lo statunitense Tyrone Allen II (basso) il sudcoreano Jongkuk Kim (batteria) e Cleo Reed (soundscape artist).
Ludovica, com’è la vita di una musicista italiana a New York?
Varia ed interessante. Si suona ogni tipo di musica, dalla classica al reggaeton sinfonico. Non c’è un momento di noia. E poi al Lincoln Park ci sono sempre bellissimi concerti ai quali ho partecipato spesso come strumentista. Vivo la mia condizione migrante con curiosità e passione, per me la musica ha sempre rappresentato tutto e questa è una città piena di suoni
La tua musica sembra jazz impressionista, unendo suoni ed immagini. Ti piace questa definizione?
Moltissimo, mi pare si attagli molto se si cerca di descriverla in due parole
Ti andrebbe di descrivere con le tue, brano per brano, Migration Tales ?
SONO PAROLE: tre minuti di suoni e rumori ambientali, per rappresentare linguaggi e culture differenti
THE NAME: brano molto lirico, in cui si inserisce il sassofono di Julieta, dedicato a chi deve cambiare il suo nome per integrarsi.
IN THE LAST SUN: parla di adattamento e reinvenzione di sè stessi. Il titolo mi è venuto spontaneo mentre lo scrivevo al tramonto, nell’ultimo sole appunto.
IS THIS RAGE: qui la musica si fa impervia e abbiamo il trauma, la frustrazione e la trasformazione da cambiamenti a cui non siamo preparati. E che ci sorprendono. Ci sono le esperienze dolorose che ci affliggono profondamente. Ma se riusciamo a superare rabbia e sofferenza, troviamo la forza di reinventarci.
AGUA E VINHO: è l’unica cover, un brano di Egberto Gismonti che mi piace moltissimo, l’arrangiamento parla di perdita e resilienza attraverso i confini, narra di mondi musicali diversi tra jazz, brasile e musica classica occidentale. Un messaggio di speranza ed amore che nasce da un iniziale dispiacere.
OUTSIDE MY WINDOW: l’ho scritto durante la pandemia, quando non potevo viaggiare per le restrizioni al visto. Ero bloccata a Brooklyn, lontana dalla famiglia e dagli amici. Guardando fuori dalla finestra riflettevo su come non tutti gli immigranti sono trattati in modo uguale, devono affrontare barriere maggiori semplicemente a causa della loro provenienza, soprattutto i brasiliani
OUR VOICES: violino ed elettronica insieme a Cleo Reed, soundscape artist. Simboleggia identità fluida e adattamento. Mi piaceva cimentarmi con un nuovo tipo di musica, ancora unendo ai suoni le immagini che formano nella mente.
Il disco è stato prodotto grazie a Cafè Royal, come scrivi nelle note di copertina.
E’una fondazione culturale che ha base in Germania e a New York. Sovvenziona progetti artistici, in pratica mi hanno finanziato le prove e la registrazione in studio. Per noi musicisti si tratta di un aiuto importante. Non finirò mai di ringraziarli. In Italia non abbiamo niente del genere, in Svizzera e Finlandia sì.
Hai suonato anche con band famose come Sigur Ros e Dream Theater. Parlaci di queste esperienze.
Per quanto riguarda i Sigur Ros, collaboro da tempo con la Worldless Orchestra, attualmente sono in tour con questa formazione. E il gruppo chiede sempre un’orchestra di supporto quando va a fare concerti oltreoceano. Per cui, è stato facile inserirsi. Loro sono veramente fantastici.
Ai Dream Theater sono arrivata tramite un mio insegnante alla Berklee School che ha trascritto linee di chitarra per violino sui loro brani. Mi piace il loro concetto di prog metal, è stato entusiasmante lavorare con la band.
Quali musicisti ti hanno influenzato di più nel tuo percorso?
Ho sempre avuto un amore profondo per Ravel e Debussy, ma anche Bjork, Kenny Wheeler, la compositrice jazz Maria Schneider, credo si senta nel disco. Per quanto riguarda il mio strumento, mi ispirano molto Regina Carter e Sara Caswell, anche se il loro approccio è diverso dal mio.
Che artisti ascolti oggi?
Tanti e diversi tra loro: tra le cantanti Cecile McLorin Salvant, Vanisha Gould e Silvia Perez Cruz, il sassofonista Kevin Sun, i chitarristi brasiliani Guinga e il più giovane Yamandu Costa, il trombettista Ambrose Akinmusire, la chitarrista jazz e compositrice Mary Halvorson e…l’indie rock sperimentale dei Deerhof di San Francisco.