Senti il tuono che arriva sul palco e pensi che Jimi Hendrix è tornato sulla terra da qualche stella remota, vestito come Sly Stone. Ascolti meglio e capisci che a suonare così è l’altro chitarrista, non lui, ma fa lo stesso. Fantastic Negrito è un uragano che si abbatte sotto le stelle ad Argenta (Ferrara), nel castello chiamato Delizia di Benvignante dove regnavano gli Estensi. Oggi domina la black music, perchè Xavier Amin Dphrepaulezz si porta in valigia un buon secolo di musica nera, rimasticato (bene) e riadattato ad un contesto moderno. Da Robert Johnson a Bo Diddley, da John Lee Hooker al grande Jimi, a Marvin Gaye, a Stevie Wonder, a George Clinton fino a Prince, quest’uomo del 1968 porta avanti una tradizione soul blues dalle radici tra gospel e spiritual, cospargendola di un rock quasi metal (deve aver ascoltato molto i Led Zeppelin) e ampie dosi di torrido funk.
Fantastic Negrito è una tonnellata di energia pura che si scarica sul palco, facendo vibrare la folla già al primo impatto. Pizzica la chitarra, la abbandona per avvilupparsi al microfono, alto e allampanato con quel cappellaccio sembra uno spaventapasseri che prende vita, danza, piroetta, grida e sussurra. Non è però solo coreografia. La musica prodotta da Xavier e i suoi quattro compari ha un solido impianto, pulsa di ritmo continuo che diventa funk irresistibile, ricca di stacchi e di riprese che hanno fatto la storia di Motown e Stax. Lui ha metabolizzato adeguatamente la lezione dei grandi, padrone assoluto del palco, si alterna tra chitarra e tastiere. Oppure, semplicemente, canta.
La sua voce è particolarissima: in un solo brano fa le parti basse e gli acuti, arrivando al falsetto come i Temptations riuniti in un solo corpo. Racconta storie di dei africani e fantasmi del Mississippi, evoca fiabe oscure ma rivendica anche la consapevolezza di una razza troppo spesso finita dalla parte degli schiavi, anche dopo la fine della schiavitù. “Break the chain, tear it down”, ripete ossessivamente mentre le teste dondolano in headbanging come ad un concerto metal, invitando a spezzare catene di ogni genere. Non puoi rimanere indifferente a questa ondata di funk che si ripercuote tra anima e corpo, finisce nel petto dove ti batte la grancassa e ti scavano le corde pesanti del basso elettrico.
Sul cavo dell’alta tensione ritmica, lui oscilla come un sapiente equilibrista, lasciando molto spazio ai soli del chitarrista, tormentando la tastiera davanti a lui, aggrappandosi al microfono come fosse un’ancora di salvezza. E lui è un uomo salvato dalla musica. In Son of a Broken Man, dall’ultimo album in uscita a settembre, canta: “Sono il figlio di un uomo distrutto, ma sto bene”. Tutti i quattro membri della band cantano, uniscono le loro voci a quella di Fantastic Negrito, autore di un album-film dal titolo White Jesus Black Problems in cui narra la contrastata storia di un amore tra un nero e una bianca che appartiene alle sue origini.
La musica di Xavier è un grido di libertà. “Only the dreamers survive”, proclama. “Solo i sognatori sopravvivono”. E ammonisce: “Don’t let the computers/Hand men”, “Non lasciate che i computer maneggino l’uomo”. Il suono rallenta, riparte, irresistibile, la band è una macchina collaudatissima di emozioni forti. In una lunga cavalcata soul blues compaiono accenni di Hold On I’m Comin’ di Sam and Dave e poi i musicisti si avviano su Come Together dei Beatles, ma lui segue strade diverse. Finisce con la folla in visibilio, braccia alzate, richiesta inevitabile di bis. Che lui concede volentieri, ringraziando “per essere stati qui” e dichiarando il suo amore per l’Italia, “paese di grande cultura”. Lo dicono un po’ tutti, ma lui sembra sincero. Davvero peccato per chi non c’era, a Ferrara Sotto Le Stelle, ma Captain Fantastic è in tour per lo Stivale e poi in Svizzera, si può recuperare.