Jane’s Addiction in gran forma a La Prima Estate, festival di Camaiore che ci ha ricordato altri fasti. E non era scontato. Certo, i ritorni del fratello prodigo Dave Navarro, così come del sempre recalcitrante Eric Avery promettevano bene. Ma i Jane in Italia non sempre sono stati così sulfurei e devastanti. Invece. Perry Farrell, vestito come un dandy dell’Ottocento malgrado si bevesse a canna una bottiglia di rosso, è il solito frontman irresistibile, vocalmente ancora capace di imprimere brividi, anche se saggiamente si tiene lontano dalle note alte, aiutato non poco da echi, riverberi ed elettronica varia. Dave è indemoniato non solo nel look satanico, ma anche nelle schitarrate inconfondibili in cui alterna muri di suono a delicatezze liriche. Avery al basso e Stephen Perkins alla batteria tengono su il tutto con maestria ed estro.
I Jane’ s Addiction sciorinano solo pezzi di un repertorio che ha fatto viaggiare l’immaginario di più generazioni come forse solo i Led Zeppelin, tenendosi alla larga dalle ultime prove. Così il concerto è una replica quasi esatta del supremo dischetto del 1997 tra live al Palladium 1990, demo e rivisitazioni con cui li ho conosciuti. Congiunzione quasi astrale. Un tappeto ritmico in crescendo di batteria prelude all’ipnotica Kettle Whistle (title-track del cd in questione) che già manda in visibilio la folla. Poi arriva Whores e con Had a Dad (quick and strong) la folla già canta in coro, accompagnando con l’headbanging l’alternanza di metallo e velluto che ha reso famoso il suono Jane’s, mentre Ain’t No Right ci ammonisce che non c’è giusto e sbagliato, solo piacere e dolore
Il piacere di orecchie doloranti sotto queste colate laviche viene acuito da Ted, Just Admit It e Pigs in Zen mentre sul maxischermo compaiono schiere di maiali condotti al macello (intanto nelle bancarelle ci si abbuffa di porchetta e hot dogs) e le dolcezze pepate di Summertime Rolls. Poi Jane Says, malinconica come sempre, piena di rimpianto per quello che poteva essere, ancora più struggente del solito mentre ci si rende conto che gli anni passano passati, abbinata a Then She Did che parla del suicidio della madre di Farrell. Arzilli comunque, loro, con Perry che ha superato da un po’ la sessantina, mentre gli altri ci stanno arrivando.
L’energia resta intatta e così l’affiatamento tra i quattro (“E’un nuovo inizio, da qui abbiamo cominciato” aveva annunciato Farrell), in Ocean Size una dea Kali-octopus emerge dalle onde dipinte da Hokusai mentre Stop è ruvido punk amfetaminico. La lunga, meravigliosa Three Days, vangelo apocrifo di Farrell, ribadisce le capacità strumentali del gruppo con il ritmo tribale di Perkins, le sferzate di Navarro, le corde tonanti di Avery.
Si potrebbe anche finire qui, ma mentre un Perry che sembra addirittura emozionato (“dicono che io sia una rockstar, ma li prenderei a calci, devo tutto a voi, grazie”) parla di buoni sentimenti (purtroppo in disuso) come la pace, l’amore universale, la necessità di proteggere l’ambiente, c’è spazio ancora per una torrida Mountain Song unita al funk rotolante di Been Caught Stealing e si finisce con Chip Away con i tre impegnati a tambureggiare sulla voce di Farrell. Buonanotte a tutti e fate bei sogni, se potete.
Prima dei Jane’s Addiction avevano preparato il terreno i Dinosaur Jr di J.Mascis, voce di eterno ragazzino che si arrampica su pareti di fuzz e feedback con un Lou Barlow in gran spolvero e un batterista dinamico invasato. Degli Sleaford Mods dirò solo che in due con le basi (uno che rappava e l’altro che s’agitava) ho un altro altro concetto di musica . Interessante Motta, ma visto che ero impegnato tra parcheggio ed accrediti mentre si esibiva, mi riprometto di ascoltarlo con più attenzione.
Festival interessante, questo La Prima Estate giunto alla seconda edizione, che in due weekend offre musica di livello internazionale a prezzi accessibili in un parco leggendario come il Bussoladomani dove cantarono Mina e Ray Charles. Nel prossimo, il 22 giugno c’è Paolo Nutini, in cartellone con Michael Kiwanuka, siamo curiosi.