I Licaones (licaoni) sono animali in estinzione (“Li hanno mangiati quasi tutti i cinesi”, scherza Mauro Ottolini con Francesco Bearzatti) ma praticano musica onnivora e divertente, deliziando il pubblico de La Tenda a Modena per Crossroads 2024 con un jazz che non è nemmeno più tale, si tinge di mille altri colori. Una sezione fiati di se stessa che gorgoglia e stantuffa, sostenuta dal lavorio magistrale di Oscar Marchioni all’organo hammond e di Paolo Mappa alla batteria, mentre i quattro musicisti si scambiano i ruoli, si rincorrono gioiosamente sul palco tra boogaloo e swing, funk e slow blues, lounge jazz e reminescenze di colonne sonore di geniali italiani da Armando Trovajoli a Piero Umiliani.
Una serata che, visto il livello di intimità con un pubblico non foltissimo ma partecipe, diventa presto caratterizzata da continue gag e scambi verbali tra Ottolini e Bearzatti, nuova coppia comica che però non perde un colpo quando si tratta di ricamare grande musica. Insomma, si scherza e si cucina, cioè si prepara un menu gustoso con ottimi ingredienti. E il pubblico gradisce, ride, batte le mani a tempo, canta.
Un concetto di musica che richiama l’attitudine dei Blues Brothers come i club fumosi di Harlem o i telefilm di Batman, sferzate di ironia e di giocosità mentre i quattro sciorinano con perizia suoni pimpanti e variopinti . Il trombone di Ottolini e il sax di Bearzatti pompano con energia, come ciclisti gregari in fuga (per dirla con il poeta) ma i titolari degli strumenti scatteggiano e gorgheggiano pure, in accompagnamento swingante e funkevole al punto giusto. Snocciolano i brani del loro ultimo album Licaones III (Mr Frank, Conchigliones) che rivisita in maniera smagliante grandi classici tra soul e jazz, blues, ritmi latini e melodie evocative.
L’organista Oscar Marchioni è per noi la sorpresa della serata. Un prestigiatore che trae meraviglie dall’hammond, sia quando fa le parti del basso funk, sia quando si produce in svisate e cavalcate degne di Jimmy Smith e Brian Auger. Lo strumento del resto ha sonorità che rappresentano quelle di un’intera orchestra e il sound si tinge di mille variazioni ritmiche e di colori che, a tratti, esplodono quando si innalza il livello del groove.
Sul palco, Bearzatti e Ottolini alternano clownerie (esilarante la scenetta in cui “richiamano in vita” un grande artista soul per cantare un brano) e fughe sonore in avanti, indietro, in tutte le direzioni possibili. Budda è fonte inesauribile di ritmo, piatteggia e tambureggia a dovere. Licaones è una band coesa in cui gli assoli sono al servizio della musica collettiva, come deve essere.
Insomma, due ore e passa di musica fluida e solida in cui i Licaones esplorano tutto lo spettro sonoro possibile. Finale strepitoso con un pezzo ispirato al grande James Brown che esalta tutte le capacità dei quattro, il loro essere gruppo nel vero senso della parola, un brano con cui si fa fatica a rimanere sulla sedia. E nel bis, le eterne melodie dei Beatles, funzionali a combattere il logorio della vita moderna come poche, tra Ticket to Ride ed Hey Jude che suscitano inevitabili cori ed ovazioni. Un concept musicale divertente ed intelligente, i Licaones minacciati dall’estinzione fuggono da una giungla sonora sempre più plastificata e senz’anima, proponendo il Grande Verbo del ritmo e dell’anima.