Un maestro riconosciuto e i suoi giovani allievi. Enrico Rava e i Fearless Five, al Teatro Carani di Sassuolo nell’ambito di Crossroads per affrontare “senza paura”, appunto, il rapporto tra esperienza e novità, creatività ed energia in una moderna versione della scuola platonica. I giovani Matteo Paggi (trombone), Evita Polidoro (batteria) e Francesco Ponticelli (contrabbasso) attorniano sul palco il grande big del jazz internazionale, mentre Roberto Cecchetto sostituisce alla chitarra il titolare del progetto Francesco Diodati aggiungendo qualche capello bianco al team.
Partenza soffusa, luci blu, note blu ed armonia delicata che si espande pian piano, per mettere in vetrina le capacità strumentali dei tre under 30. Evita Polidoro e il suo uso discreto, creativo, della batteria, Matteo Paggi che al trombone contrappunta tra sussurri e barriti il suono inconfondibile del leader, Francesco Ponticelli elastico e preciso alle corde gravi.
Rava concede molto spazio al suo quartetto. Apre, chiude, sottolinea con brevi frasi mentre lascia briglia sciolta agli altri musicisti, assecondandone l’estro, richiamandoli sottilmente all’ordine. Il risultato è una musica collettiva (sottolineata già nel nome da quel “five”) che si nutre, come sempre, di esperienze ed energie diverse. Roberto Cecchetto accarezza le corde della chitarra anche in funzione ritmica, creando onde sonore, liberando i suoi Cecchertronics a sostegno dell’insieme, lanciandosi in soli efficaci.
Ad un certo punto Evita abbandona per un attimo piatti e tamburi e si mette a cantare: è pura magia di vocalizzi, dimostrazione della versatilità di un’ artista che coltiva anche un progetto di post-rock, Nerovivo. Matteo Paggi è l’alter ego di Rava, potente e sinuoso con il trombone che sembra un’estensione del suo stesso braccio, tanta è la padronanza dello strumento, pur in reverente coordinazione con le occhiate del maestro.
Il concerto segue strade personali che travalicano il jazz, crocicchi sonori che intrecciano percorsi (Crossroads, appunto), si sviluppa su temi noti con frequenti improvvisazioni. Per sé Rava ritaglia una splendida versione dell’accorata My Funny Valentine di Rodgers e Hart, melodia eterna che resiste al tempo e si presta, come tanti brani del Great American Songbook, a mille policrome variazioni. Chiusura tra gli applausi e ovazione finale per il quintetto dei Senza Paura che ha conquistato anche il Teatro Carani.
la foto è di Sandra Costantini