Tra padelle sul palco e grande musica, il duo composto da Omar Sosa e Paolo Fresu avvince il Teatro Carani di Sassuolo in un’altra tappa di Crossroads. Food è un progetto dedicato al cibo e alle sue varie culture, consapevole che oggi, sottolinea Fresu dal palco “le sorti del mondo vengono decise da chi sta con la pancia piena”. Apertura con un brano tratto dal disco omonimo, Father Yumbo in cui la preghiera quotidiana di un uomo prima del pasto si trasforma, mentre il ritmo sale, in un pezzo più vicino ai Massive Atttack che a Miles Davis, con la tromba di Paolo contrappuntata dalle tastiere scintillanti di Omar. Segue S’inguldu che in sardo significa “ingordo”, non appartiene all’album (viene da Alma) ma resta perfettamente in linea con il tema.
I due dialogano alla perfezione e si divertono ad inseguirsi, tra cascate di note, ritmi spezzettati, scarti improvvisi e momenti aurorali. La musica è espressione sonora di un eclettismo assoluto, monta piano e disegna paesaggi intriganti, emergendo dalle nuvole di ghiaccio secco che circondano i due sulla scena. Paolo e Omar si fronteggiano, si guardano, ma loro non è una gara a superarsi in virtuosismi, quanto un porsi al servizio di un common ground, un terreno comune condiviso da un sardo e un cubano, provenienti da esperienze e culture diverse che qui si incontrano felicemente.
What Lies Ahead, omaggio a Peter Gabriel, è un brano che lui eseguì, piano e voce, in apertura al concerto all’Unipol Arena di Casalecchio nel 2014. Qui il pianoforte è di Sosa e il canto affidato alla tromba soffusa di Fresu. Tributo ad un musicista che del superamento di confini ed etichette ha fatto una ragione d’arte e di vita e con il quale Paolo ha collaborato nell’ultimo, intenso album I/O.
La musica corre, costellata da rumori di cucine e cantine che i due hanno pazientemente registrato, si inerpica sulle vette politiche di un testo forte del rapper newyorkese Kokayi, ipnotizza con la magia orientale della voce di Natacha Atlas, poi Cristiano de André (“una voce che riconoscerete”, dice Fresu, senza specificare) snocciola la ricetta di A Cimma dal paterno ed eterno Creuza de Ma considerato il manifesto della world musica italiana. Un altra voce rivela, in dialetto, il segreto della zuppa berchiddese, servita ad agosto durante il Time in Jazz Festival che Fresu organizza da decenni nel suo paese. I due musicisti si divertono con il cibo, ma il loro lavoro fa anche riflettere sul rispetto ambientale, le uguaglianze e le diversità, gli sprechi e le ricchezze alimentari.
E’ musica di alto livello pittorico. Delizioso quando dipinge acquarelli con la tromba, Fresu passa a vigorose pennellate con i toni gravi del flicorno, potenziati dagli effetti. Sosa con le sue tastiere costruisce il tappeto sonoro ritmico e melodico su cui volano i suoni, si lancia in brevi soli efficacissimi, fornisce tensione e cosparge il tutto, come condimento prezioso e speziato, dei ritmi caraibici della sua terra.
Poi le padelle sul palco diventano percussioni, Omar si stacca dal pianoforte e si mette a danzare, perché la musica è movimento di libertà e non sollecita, ma impone simpaticamente a tutti di alzarsi, unendosi nel battimani e nel coro. Praticamente una dancing ovation che coinvolge il pubblico mentre i due musicisti si abbracciano e salutano non senza aver concesso un lungo bis.
Si esce dal Teatro Carani pensando che se c’è una cosa che può unire i popoli, come la musica, è proprio il cibo. E questa sera il trombettista sardo e il pianista cubano hanno offerto il loro ricco menu, cibo per l’anima che resterà con i suoi sapori a lungo nel nostro palato.