Con Karl Wallinger se ne va, a 66 anni, un altro piccolo genio britannico del pop intelligente, come Mark Hollis e Terry Hall prima di lui. Autore di canzoni che sono autentiche gemme, polistrumentista e arrangiatore di grandi capacità e dotato di una voce singolare e nasale, il gallese Wallinger contribuì al successo dei primi Waterboys per poi proporre con i suoi World Party una miscela efficacissima di pop, rock, folk, funk e soul facendo subito centro con i primi due album, Private Revolution (1987) e Goodbye Jumbo (1990) e poi mantenendo con il nome in ditta un’elevata qualità in una carriera tra alti ed inevitabili bassi, durata un quarantennio. E’ stato anche autore di apprezzatissime colonne sonore. Un male incurabile lo ha portato via il 10 marzo scorso, prima che potesse darci altri gioielli.
Karl Edmond De Vere Wallinger è nato a Prestatyn, in Galles, il 19 ottobre 1957, dove ha trascorso l’infanzia ma si è diplomato al Charterhouse College, nel Surrey. Fin da giovanissimo era immerso nella musica di Beatles, Dylan, Beach Boys e Love che sono state le sue maggiori influenze. Comincia a suonare le tastiere nel 1977 in un gruppo chiamato Pax per poi formare i Quasimodo con Dave Sharp e Nigel Twist, futuri Alarm, ma lavora anche come editore musicale e direttore delle musiche del Rocky Horror Picture Show in una produzione del West End.
Nel 1983 viene reclutato da Mike Scott come tastierista per i Waterboys e incide con loro i due album A Pagan Place e This is the Sea, andando in tour con la band. Anche se viene scelto per suonare piano ed organo, la sua abilità di polistrumentista e produttore affascina Scott che gli affida arrangiamenti di sintetizzatore, bass synth e percussioni. E’ lui a firmare Don’t Bang the Drum, brano che apre This is The Sea, poi ambizioni personali e una serie di contrasti con i leader lo spingono a lasciare il gruppo dove viene sostituito da Guy Chambers, suo futuro collaboratore.
Mentre scrive il suo primo album, lavora anche con Sinead O’Connor al suo disco di debutto del 1987, The Lion and the Cobra e lei ripagherà il favore facendo i cori su un paio di brani. Nello stesso anno esce Private Revolution, esordio dei World Party, strano collettivo sonoro in cui Wallinger fa quasi tutto da solo (nelle note di copertina compaiono musicisti che in realtà sono suoi pseudonimi), spingendo l’acceleratore sull’amore per i Beatles e allontanandosi dagli echi celtici dei Waterboys.
Il disco è una riuscita combinazione di folk, funk e soul, Ship of Fools diventa un hit che lo spinge in classifica e un inno ambientalista di Greenpeace. Sono della partita anche Anthony Thistlethwaite, sassofonista e Steve Wickham, violinista, entrambi dei Waterboys mentre sotto il nome di Delahaye pare si nasconda l’amico- nemico Mike Scott. La O’ Connor fa la seconda voce nella title-track e in Hawaiian Island World.
Ci vorrano quasi quattro anni per il secondo, Goodbye Jumbo (1990) che ribadisce la mirabile fusion pop (Wallinger cita tra le sue numerose influenze il sassofonista-cantante Junior Walker, Neil Young e Prince) con i singoli Put the Message in the Box e Way Down Now insieme ad altri album bene accolti da critica e pubblico come Bang! (1993) e Egyptology (1997) che però vende pochissimo. Su quest’ultimo compare però She’s the One che Robbie Williams trasforma in un successo da top five regalando parecchie royalties al nostro.
Nel frattempo Karl si è cimentato anche con le musiche da film, occupandosi della colonna sonora di Giovani, carini e disoccupati (Reality Bites) del 1994, debutto alla regia di Ben Stiller con Wynona Ryder, Ethan Hawke e lo stesso Stiller e di Ragazze a Beverly Hills (Clueless) del 1995, interpretato da Alicia Silverstone, con una versione di All The Young Dudes di David Bowie. Prende parte anche allo splendido album tributo al poeta irlandese William Butler Yeats, Now And in Time to Be (1997) con due brani, Politics (come Karl Wallinger) e The Four Ages of Man (come World Party).
Wallinger, perfezionista di studio come gli Steely Dan, centellina le uscite discografiche senza fretta. Dumbing Up, l’ultimo dei World Party, arriva nel 2000, quando il nome è ormai dimenticato dalle classifiche. Poi Karl viene improvvisamente colpito nel 2001 da un aneurisma cerebrale che lo rende incapace di parlare. Dopo un periodo di riabilitazione di cinque anni, nel 2006 torna sulla scena e suona al South By Southwest di Austin e al Bonnaroo Festival in Tennessee. Due anni dopo, nel 2008 esce il progetto Big Blue Ball (in cui canta nella title-track e scrive diversi brani) insieme a Peter Gabriel che riunisce artisti da Europa, Asia e Africa, come Wendy Melvoin, Sinead O’Connor, Papa Wemba e Natacha Atlas.
Da qui in poi la sua attività si fa intermittente. Nel 2007 i World Party fanno da supporter agli Steely Dan nel loro tour australiano ed esce la compilation celebrativa The Best in Show. Due anni dopo il gruppo gira la West Coast ed appare al Bumbershoot Festival di Seattle e all’ Hardly Strictly Bluegrass di San Francisco. La band è ancora in America nel 2012 e torna dopo dodici anni a girare l’Inghilterra, con una conclusione trionfale in novembre alla Royal Albert Hall. Il periodo 2013-2015 è ben documentato nel doppio cd World Party- Live!
Dalla fine del 2015, Wallinger non va più in tour, non registra nuovo materiale e non aggiorna nemmeno il suo website. Si trasferisce ad Hastings e continua a lavorare alla sua musica ma rivela in un’intervista a Mojo: “Spero ancora che un sessantreenne del Galles possa avere qualcosa da dire, nel post Apocalisse. Chi può dire quanto è vicino alla stoccata finale?” Ma avverte: “E’ inutile cercare di scoprire cosa sto facendo. Sono solo un tipo che fa rumori in una stanza e li suona davanti a meno gente possibile.”
Da tempo non si avevano più sue notizie e purtroppo l’ultima è quella della morte improvvisa che pone fine ad ogni speranza di ulteriori avventure dei World Party.
Restano, per fortuna, i suoi primi due album scintillanti e bellissimi, una manciata di canzoni intelligenti, ironiche, ben suonate ed arrangiate, registrate alla perfezione e destinate a brillare ancora a lungo in un mondo musicale sempre più appiattito e risaputo sulle stesse cose. Una lezione indimenticabile di eleganza pop, di cui si dovrebbe fare tesoro.
ascolti
- Waterboys – This is the Sea (1983)
- World Party – Private Revolution (1986)
- World Party – Goodbye Jumbo (1990)
- World Party – Dumbing Up (2000)
- Vari – Big Blue Ball (2008)
- World Party – Live! (2015)