Burn the Witch: streghe e stregonerie nell’immaginario di rock e dintorni

Streghe e stregonerie hanno sempre fornito materiale agli autori rock e non solo. In piena era hippy, nel 1966, il cantautore Donovan scrive insieme a Shawn Phillips Season of the Witch, canzone che sarà resa celebre da diverse interpretazioni, fino ai giorni nostri. Contenuto nell’album Sunshine Superman, il brano racconta una strana visione (“oh,it’s very strange to me”), probabilmente dovuta alle sostanze circolanti all’epoca, in cui la parola “witch” viene ripetuta ossessivamente, quasi come in un mantra, a fornire una sensazione di incantamento, veicolato da una musica folk con accenti psichedelici. La chitarra è quella di Jimmy Page, ai tempi anche turnista in studio. Season of the Witch viene ripresa in toni ancora più psichedelici e una chitarra acida nel mitico album Supersession (1968) di Stills, Bloomfield e Kooper dove viene dilatata nel tempo e raggiunge gli 11 minuti arricchita da assoli e interventi fiatistici.

Altre versioni sono fornite dai Vanilla Fudge, gruppo di prog-rock americano, da Terry Reid, Robert Plant, Dr.John e si arriva alla contemporaneità con quella cantata dalla voce ammaliante di Lana Del Rey nel 2018 nella colonna sonora del film Scary Stories to Tell in the Dark come riporta il catalogo di Stregherie, mostra in corso a Bologna. La canzone compare anche in altri soundtrack: gli omonimi film di George Romero del 1972 (La stagione della strega) e di Dominic Sena del 2011 (Il mistero dei templari) e Halloween III: il signore della notte (1982) di Tommy Lee Wallace. E’nei titoli di testa della serie tv Britannia e ha dato il nome ad un racconto di fantascienza di Hank Stine (1968) e ad un romanzo di James Leo Herlihy del 1971.

Il ruolo della strega viene incarnato da Marianne Faithfull in Witches’Song dall’album Broken English del 1979. Atmosfere folk per una narrazione in prima persona: “Ci vedremo stanotte sorelle, bagnate del magico unguento? Ci troveremo sulla cima della collina dove due strade si incontrano? Formeremo il cerchio, ci terremo per le mani e canteremo/Lasceremo che il Grande sappia che è quello che vogliamo”. Incuranti di tutto, nella forza dell’ insieme: “Il pericolo è una grande gioia/l’oscurità splende come il fuoco/Felice è la nostra famiglia, solitaria la nostra guardia”. Per concludere che “La morte è lontana e la vita è dolce”. Anche qui parecchie le versioni tra cui quella con accenti indie-rock di Juliana Hatfield nel film di Andrew Fleming The Craft (Giovani Streghe) del 1996, considerato da più appartenenti alla categoria come il più credibile sulla wicca.

Anche gli Eagles, nell’album di debutto del 1972, non resistono al fascino di una Witchy Woman. Il brano è una ballata suggestiva e avvolgente, lanciata da una musica “indiana” da western in cui la voce di Don Henley canta: “Capelli di corvo e labbra di rubino/Scintille che le volano dalla dita/Voci che echeggiano nella notte/Lei è uno spirito inquieto in un volo senza fine”. E poi, palesemente ammaliato: “Guarda come vola/Ha la luna negli occhi”. Però ammonisce anche del pericolo: “Bene, so che vuoi un’ amante/Ma lasciami dire, amico/Lei dorme nel letto del Diavolo/E ci sono delle voci in giro/qualcunolo dice sottovoce/Che lei può scuoterti nella notte/Finché la tua pelle diventa rossa” Non si sa se del colore degli Apache o del Diavolo.

Stregoneria al maschile in un brano topico come I Put a Spell On You cantato nel 1956 da un tipino come Screamin’ Jay Hawkins che si presentava sul palco contornato da teschi e bare. “Ti farò un incantesimo/Perchè tu sei mia”, urlava con crudi accenti blues e borborigmi vari, proprio come in un rito magico.

Il brano viene ripreso con successo da Nina Simone (1965) e titola un suo intero albunm, dai Creedence Clearwater Revival (1969) e poi avrà altre versioni, tra cui quelle di Bryan Ferry (1993), di Annie Lennox (1996) e di Joss Stone con Jeff Beck (2010) . Resta una delle canzoni più iconiche e interpretate, tra rock, jazz e soul blues, capace di scavalcare i secoli e dal fascino oscuro irresistibile.

Nell’album di debutto dei nuovi Fleetwood Mac (1975), Stevie Nicks canta della strega Rhiannon (grande regina), figura della mitologia celtica, reminescenza della dea dei cavalli Epona: “Rhiannon risuona come una campana nella notte/E non ti piacerebbe amarla?/Prende i cieli come un uccello in volo/ E chi sarà il suo amante. Una visione che rivela ancora il fascino esercitato sull’uomo: “E come un gatto nel buio/E poi lei è nell’oscurità/Regola la sua vita come una bella allodola/E quando il cielo è senza stella/Tutta la tua vita è come non l’hai mai vista”. Davvero irresistibile per gli umani: ”Una donna portata dal vento/Riuscirai a resistere se lei ti promette il paradiso/Vincerai mai?” Celebrazione dell’eterno femminino di una donna forte, potente che non conosce ostacoli, strega o dea non è dato di sapere dalla canzone, certo incantatrice.

Il rock metallico è spesso colpito dall’immaginario della strega. Il gruppo che ha dato il via al genere, i Black Sabbath nell’album di esordio si ispirano spesso a queste tematiche. Prendono il nome del resto dal rito stregonesco per eccellenza e dal titolo tradotto del film di Mario Bava I tre volti della paura. Il brano omonimo che apre l’album, Black Sabbath, racconta l’incontro con una misteriosa entità durante il Sabba e il terrore che ne deriva: “Che cosa mi sta davanti?/Una figura in nero che mi indica/poi si gira in fretta e comincia a correre/Sono io il prescelto?/ Oh no!”. Più avanti i dubbi si sciolgono: “Una grande forma oscura/con occhi di fuoco/che dicono alla gente i loro desideri/Satana è seduto qui, sorride/Guarda le fiamme diventare sempre più alte/Oh no! Dio, aiutami”. E ancora “E’ la fine, amico mio?/ Satana è qui, dietro l’angolo/La gente scappa via spaventata/Fanno meglio a fuggire e a stare attenti/ No, per favore no!” E poi parte il diabolico assolo di chitarra di Tony Iommi. Da qui in poi il metal non potrà più scollarsi la fama di satanismo che lo accompagna.

Lady in Black (1971) è un brano delicatamente folk del gruppo heavy metal Uriah Heep che i Blackmore’s Night hanno rilanciato nell’album Dancer and the Moon (2013) grazie alla voce femminile di Candice Night. Da tempo Ritchie Blackmore, lasciati i Deep Purple e i Rainbow, si diletta con musica rinascimentale e strumenti d’epoca. E’ la storia di un cavaliere che incontra una signora in nero e le chiede uomini e cavalli per combattere i nemici. “Ma lei non vuole pensare alla battaglia/che riduce gli uomini ad animali/Così facile da iniziare/E impossibile da finire”.

Perchè lei “E’ la madre di tutti gli uomini/Mi consigliò così saggiamente che/Ebbi paura di camminare da solo/E mi chiese se volevo rimanere”.

Sarà stata una strega, una dea o semplicemente una donna saggia, dai consigli purtroppo tuttora non seguiti?

Il gruppo danese King Diamond ha dedicato un intero album (la copertina è in mostra a Stregherie) ad un processo per stregoneria del Seicento. Si chiama The Eye, è uscito nel e il brano iniziale Eye of the Witch dall’incedere maestoso e inquietante prelude poi ad altri “capitoli” dai titoli significativi: The Trial, Burn (niente a che vedere con l’omonimo dei Deep Purple) Insanity e 1642 Imprisonment fino al rogo finale con relativa maledizione, Curse. Una struttura fatta di voci, recitativi quasi teatrali, tastiere e lunghi assoli di chitarra accompagna la strega nel suo tormentato iter processuale, ispirato ad una storia vera raccolta dagli autori.

Abbastanza risaputo nel suo immaginario, Witch’s Spell degli AC/DC, anno 2020 e album Power UP, nel video mostra la band australiana preda di una strega dalle mani adunche avvinghiate ad una sfera di cristallo. Sta predicendo il futuro ad Angus Young e soci o li tiene prigionieri della sua volontà, obbligandoli a sfornare un disco dopo l’altro? Fatto è che nella clip compare anche l’indimenticabile Malcolm Young, uno dei migliori chitarristi ritmici (a lui si deve il riff di Back in Black) purtroppo scomparso nel 2017. Moderne stregonerie del montaggio che consentono di tornare in vita a musicisti estinti o magia della strega? Il pezzo non è comunque tra i migliori della band, anche se il loro hard rock si ascolta sempre con piacere.

Tra i precursori del garage rock, i leggendari Sonics intitolarono The Witch un loro 45 giri del 1964 che poi comparve sul primo album,ormai introvabile Here Are the Sonics. Qui la protagonista è una vittima del pregiudizio, in anni ancora di oscurantismo: “Dicono che c’è una ragazza/ E’nuova qui in città/Bene faresti bene a stare attento/O ti metterà sotto/ Perché è una pollastra malvagia/ Dicono che è una strega”. I bravi ragazzi americani, insomma, si devono tenere alla larga dalle ragazze pericolose, ma il tutto è raccontato con evidente ironia, da una voce ruvida e chitarre sfrigolanti a ritmo di sferzante rock and roll da questi antesignani del punk a venire.

Regina del dark e della new wave più gotica, Siouxsie Sioux si accompagna ad un gruppo chiamato The Banshees che nella mitologia celtica sono streghe-uccelli pronti a ghermire gli incauti mortali. Come se ciò non bastasse, uno dei brani di maggior successo della band si chiama Spellbound, parla di incantesimo e fascinazione, è caratterizzato da una ritmica pazzesca e dalla chitarra di John McGeoch. Ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo.

La Mater Tenebrarum della triade magica (con Mater Suspiriorum e Mater Lacrimarum) è musicata da Keith Emerson con grande effetto scenico nel film Inferno di Dario Argento al cui successo (come già per Profondo Rosso) contribuì non poco la colonna sonora inquietante. A colpi di organo barocco, ritmica rock e voci liriche, Emerson costruisce un pezzo indovinatissimo che incrementa l’atmosfera orrorifica del film (provate ad ascoltarlo a luci spente) e aggiunge tensione a quello che si vede sullo schermo. Emerson del resto è noto per la sua frequentazione del mitologico e del magico dalle Three Fates (le tre Parche) nell’album di esordio del leggendario trio prog-rock Emerson, Lake & Palmer (1970), alla Baba Yaga di Pictures at An Exhibition (1971), rilettura di Mussorgski fino alla colonna di Suspiria, ancora per Argento.

Nella musica del gruppo greco Daemonia Nymphe, molto ispirata sia ai poemi orfici ed omerici che alle poesie di Saffo e ad antichi riti, il pezzo Thracian Gaia del 2013 (dall’album Psychostasia) è un invocazione alla Grande Madre: “Oh dea della Terra/madre degli eletti e dei mortali umani/nutrice di tutti/donatrice di tutto/portatrice di lutti/distruttrice di tutto”che fai crescere i germogli e porti i frutti/traboccanti di belle stagioni”. Musica apprezzatissima per le sue tematiche dai seguaci del neopaganesimo moderno e suggestiva per la forma teatrale in cui si esprime con l’utilizzo di strumenti antichi,costumi e maschere. La Psychostasia del titolo si riferisce alla “pesatura delle anime” concetto che i Greci presero dagli Egizi. Il gruppo è stato fondato da Spyros Giasafakis e Evi Stergiou nel 1994.

Loreena McKennitt, artista canadese di origini irlandesi e scozzesi, apprezzata in tutto il pianeta, non ha scritto canzoni specificamente sulle streghe, ma i suoi brani sono ricchi di riferimenti non soltanto al mondo celtico, ma anche alla musica indiana e mediorientale e agli autori del Medioevo e Rinascimento italiani. Questo Caravanserai del 2006 è un brano che rispecchia fedelmente i contenuti del suo suono eclettico e coinvolgente. E’ diventata celebre con un album dal titolo The Mask and the Mirror e la sua musica è di grandissima suggestione, tra radici e modernità.

In Italia abbiamo Agadez (Giada Colagrande) che, dopo una precedente esperienza con il gruppo di folk alchemico The Magic Door ha inciso a suo nome l’album Queensdom, ispirato al culto primordiale della Dea Madre. Ogni brano è dedicato ad una dea ed è un viaggio attraverso i culti femminini che si sono originati nelle varie civiltà a partire da quello: Tanit, Afrodite, Tara e altri. Con la voce, i tamburi a cornice, la chitarra e il theremin, Agadez evoca mitologie arcaiche e ritmi tribali, accompagnata da Giovanna Barbati (violoncello), Glen Velez (tamburi e percussioni) Loire Cotler (voce), Vincenzo Zitello (arpa celtica e santur), Arthuan Rebis (nickelharpa e flauti).

Burn the Witch, brucia la strega, apre il finora ultimo album A Moon Shaped Pool (2017) dei Radiohead. Canzone dal video abbastanza inquietante, con un’animazione che sembra per bambini e non lo è, accompagnata da un ritornello significativo che riassume secoli di persecuzione: “Brucia la strega/Brucia la strega/Sappiamo dove vivi”, canta come in una nenia Thom Yorke. Qui la figura della strega è paradigma di pregiudizio e oscurantismo, anche se a finire sul rogo è paradossalmente l’accusatore. Può essere un’ideologia o un colpevole giudicato tale dall’opinione pubblica o il capo di una rivoluzione o il leader di un partito politico. C’è sempre, oggi come ieri, una strega da bruciare.

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