Robert Plant è indubbiamente il più grande cantante rock, capace di spaziare tra diversi stili musicali. Lo dimostrano gli album dei Led Zeppelin, ma anche una carriera che dura dagli anni Sessanta ad oggi, importante anche al di fuori del gruppo madre, con cui resta un rapporto controverso. Gli altri membri degli Zep, soprattutto Jimmy Page, non sono riusciti ad emergere in modo convincente da solisti come ha fatto lui.
Oggi Plant è un cantante e autore rispettato da più generazioni, preso a modello, incline a fondere i generi, con lavori che riescono ancora a richiamare l’attenzione di critica e pubblico. Anche se la voce non ha ovviamente la potenza di un tempo, sa amministrarla saggiamente e resta un interprete perfetto di blues e folk, le due matrici fondamentali della sua arte. Ascoltarlo in concerto è sempre un’esperienza più che gratificante. Quest’autunno sarà in Italia per una serie di date nei teatri, a ottobre.
Robert Anthony Plant è nato a West Bromwich, vicino a Birmingham, il 20 agosto 1948. Famiglia benestante la sua, il padre Robert era un ingegnere civile veterano della RAF nella seconda guerra mondiale e la madre Annie Celia Cain aveva sangue rom. Folgorato dal blues e dal rock and roll, sviluppa già da adolescente una vera predilezione per Elvis Presley e canta i blues di MuddyWaters e il folk celtico negli Hobbstweedle. La famiglia, pur non condividendola, non ostacola la passione del giovane Robert per la musica. Ma i contrasti arrivano quando annuncia, diciassettenne, di voler abbandonare la scuola per dedicarsi alla vita da musicista. Il padre si oppone e lui lascia la casa di famiglia.
Dopo essersi fatto le ossa in gruppi come Band of Joy (in cui c’era anche John Bonham, amico fraterno), nel 1968 viene notato per la sua voce incredibile e contattato, su suggerimento del riluttante Terry Reid, da Jimmy Page in cerca di un cantante per i suoi New Yardbirds. Lui accetta e si porta dietro Bonham. Con l’aggiunta del talentuoso bassista e polistrumentista John Paul Jones, la band cambia presto nome in Led Zeppelin e il resto è storia nota.
Quando i Led Zeppelin si sciolgono, nel 1980, per anni Plant si opporrà ad una reunion senza Bonzo che considerava insostituibile e determinante nella chimica della band. Nel 1982 esce il suo primo album solista, Pictures of Eleven, in cui si allontana dalla matrice Zeppelin per esplorare atmosfere folk, pop e caraibiche. Robert è da sempre interessato alla cultura e alla musica araba e orientale, come alle tematiche del mondo celtico. L’album contiene brani efficacissimi ed in linea col suono di quegli anni come Fat Lip, con una chitarra pregevole che non è quella di Page (ma di Robbie Blunt) e viene accolto favorevolmente.
Il secondo episodio solista, Principle of Moments, esce nel 1983, meno brillante del predecessore, ancora più pop, guidato da un brano come Big Log capace comunque di entrare nella top 20.
Nel 1984 richiama il vecchio compagno Jimmy Page e Jeff Beck nel progetto di rock-revival The Honeydrippers. Incidono una versione del classico Sea of Love che arriva al terzo posto in classifica ed un album omonimo, ma l’esperienza è di breve durata.
Sembrerebbe che Plant possa finire nel dimenticatoio (la partecipazione al Live Aid del 1985 è quasi forzata e non memorabile, con Phil Collins alla batteria), ma sul finire del decennio arrivano colpi di coda notevoli. Insieme a Phil Johnstone, cantautore e pianista, pubblica nel 1988 Now and Zen (a cui collabora anche Page) in cui riprende trame psichedeliche e seventies con risultati più interessanti. Lo stesso anno rende il servizio a Jimmy nel suo dimenticabile Outrider.
Gli anni Novanta si aprono con Manic Nirvana (1990) ancora insieme a Johnstone così come nel successivo Fate of Nations (1993) che vede la collaborazione con Mairie Brennan, cantante dei Clannad. Virando verso una sorta di folk rock psichedelico, Plant rilegge temi a lui congeniali, sempre curioso di esplorare anche nuove sonorità diverse. Nel 1994 anche il repertorio dei Led Zeppelin (Johnstone era stato uno dei fan più convinti in questa direzione) viene ripreso quando con Jimmy Page intraprende una serie di concerti insieme ad un’ orchestra egiziano-marocchina di fiati e archi. I due rileggono i classici del gruppo e infilano qualche composizione: il risultato è un album meraviglioso come Unledded: No Quarter, promosso in un tour mondiale di grande successo che tocca anche l’Italia nel 1995, a Sonoria. I due replicheranno poi con l’omaggio ai maestri blues di Walking into Clarksdale (1998) che però non suscita grande interesse, convincendo Robert ad abbandonare presto il progetto.
Plant è un cantante eclettico, a suo agio tra i generi, curioso di culture e tradizioni musicali. La sua poliedricità si riflette nei dischi a venire, arricchendosi di nuove esperienze. Spesso omaggia dal vivo grandi autori della sua epoca come Tim Buckley in Song of the Siren (un Everest da scalare per tutti) o lo Stephen Stills di Bluebird e For What It’s Worth, resta un fedele interprete di quel periodo d’oro del rock, ma sa anche guardare avanti, spingendosi a flirtare (bene) con l’elettronica in un lavoro come Mighty Rearranger (2005) inciso come il precedente Dreamland (2002) insieme agli Strange Sensation. Brani come The Enchanter e Shine It All Around annunciano una nuova dimensione che si era intuita già nella collaborazione con gli Afro Celt Sound System nel loro Volume 3: Further in Time (2001) su Life Begin Again, in duetto con la cantante gallese Julie Murphy, spesso insieme a lui in concerto.
Il 2007 è un anno fondamentale per Robert. Per diverso tempo si sono susseguite voci su una reunion dei Led Zeppelin. E il 10 dicembre diventano realtà, con una trionfale esibizione alla 02 Arena di Wembley, in memoria del boss dell’Atlantic Ahmet Ertegun, a cui possono assistere solo 21 mila fortunati, rispetto ai venti milioni che hanno preso d’assalto il sito web per avere un ingresso. Fatto che costringe gli organizzatori ad interrompere le prenotazioni e a procedere all’estrazione a sorte. La band entra così nel Guinness dei Primati per la maggior richiesta di biglietti per esibizioni dal vivo.
Il concerto che vede alla batteria Jason Bonham nel ruolo del compianto padre, egregiamente svolto (unica scelta logica) è un successo planetario che riporta indietro le lancette del tempo. Plant, a quasi sessant’anni, è in forma vocale strepitosa e può affrontare di nuovo le altezze vertiginose di Rock and Roll e Black Dog, Page e Jones due mostri dei rispettivi strumenti e il giovane Bonham sostituisce il babbo più che degnamente. Il set verrà immortalato nel film Celebration Day (2012), proiettato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo ed ora disponibile in dvd.
Nonostante le ripetute richieste (e un assegno di 200 milioni di dollari) Robert rifiuterà però di intraprendere un tour con i Led Zeppelin.
Nello stesso anno Robert ha avviato anche una fortunata collaborazione con la cantante bluegrass Alison Krauss che si è tradotta in un album, Raising Sand, pubblicato il 23 ottobre dalla Rounder. Tra cover di autori quali Tom Waits, Gene Clark, Townes Van Zandt e Doc Watson, i due sfornano un gioiello come Please Read The Letter. Al brano, scritto insieme a Page, Charlie Jones e Michael Lee, Plant infonde una vena rock su un dolce impianto country e le voci dei due interagiscono alla perfezione. E’ un successo clamoroso quanto inaspettato, con un disco di platino, i primi posti in classifica e una pioggia di Grammy. L’unione sarà ribadita anche nel successivo Raise the Roof che però arriva solo nel 2021.
Più tardi, nel 2010 riprende anche il vecchio marchio Band of Joy, registrando l’album omonimo a Nashville insieme a musicisti come il leggendario chitarrista locale Buddy Miller e la cantante e autrice country Patty Griffin. Il risultato è una miscela riuscita di rock tex-mex alla Los Lobos (Angel Dance), folk appalachiano (Cindy I’ll Marry Some Day), blues primigenio (Satan Your Kingdom Must Come Down), armonie gospel su un impianto soul (Falling in Love Again) perfino il rock drone dei Low evale un Grammy come miglior album e tre milioni di copie vendute nel mondo.
Gli ultimi lavori escono abbastanza centellinati, ragionati, senza fretta alcuna. Lullaby and..the Ceaseless Roar viene pubblicato nel 2014 con i Sensational Spaceshifters, formazione del tutto nuova, mentre Carry Fire, ancora insieme a loro, è del 2017 e contiene, tra le altre cose, una cover di Bluebirds Are Over The Mountain di Ritchie Valens, in duetto con un’altra grande voce come quella di Chrissie Hynde. Poi nel 2021 arriva il secondo disco con la Kraus, dopo lo spartiacque segnato dal lockdown. Tre lavori in sette anni documentano un’ assoluta mancanza di ansia nei confronti del mercato ed una precisa scelta artistica e produttiva in un mondo musicale molto cambiato.
Lontano dagli eccessi dei Led Zeppelin, la vita spericolata on the road dalla quale ha preso spesso le distanze, soprattutto dopo la morte del figlio Karac nel 1975, Plant è diventato nel tempo un artista consapevole, intelligente e riflessivo che ha saputo amministrare una carriera piuttosto lunga tra gli inevitabili alti e bassi, affrontati sempre con saggezza. Si è sempre mantenuto comunque su un livello di qualità notevole, ampliando il bagaglio di esperienze, sempre in cerca di qualcosa di nuovo pur mantenendo la fedeltà alla doppia radice blues e folk.
A 78 anni suonati è ancora sul palco con un carisma intatto, a cui negli anni si è aggiunta una dimensione di ironica sapienza da “grande vecchio” con la quale, probabilmente, come i bluesman che l’hanno preceduto, continuerà a deliziarci per tanti altri anni. Se la voce non può più arrampicarsi sui picchi di una volta, ha acquistato in profondità e delicatezza interpretativa. La via del tramonto sembra parecchio lontana, come hanno dimostrato i concerti italiani del 2023, per i quali tra l’altro ha scelto luoghi di grande ed evocativa bellezza. Ed ora c’è grande attesa per il tour autunnale in teatro, con i Saving Grace.
ascolti
- Pictures of Eleven (1982)
- Fate of Nations (1993)
- No Quarter: Jimmy Page & Robert Plant Unledded (1994)
- Mighty Rearranger (2005)
- Raising Sand (2007)
- Band of Joy (2010)
- Carry Fire (2017)
visioni
- Celebration Day (2012), film di Dick Carruthers
parole
- Stephen Davis – Il martello degli Dei (1985)
- Paul Rees – Robert Plant. Una vita (2013)