La versione di Cochi: io, Renato, Jannacci, Fo e tanti altri. Una vita tra tv, cinema e teatro

Sessant’anni di carriera fra cabaret, canzoni, tv, cinema e teatro. Aurelio Ponzoni in arte Cochi, ha scritto insieme a Paolo Crespi La versione di Cochi (Baldini + Castoldi) partendo dal celebre sodalizio che lo ha condotto al successo con Renato Pozzetto, amico d’infanzia sempre rimasto tale anche dopo il “divorzio” artistico alla fine dei Settanta. Dagli esordi come comico in famiglia, al Derby di Enrico Intra in strana coppia (ma prima ci fu il meno noto Cab 64) fino al teatro di prosa abbracciato con alcuni “esperimenti impegnati”, Cochi, a quasi ottantatré anni (è nato l’11 marzo 1941), età giusta per i bilanci, si rivela piacevole narratore anche se abbonda in aggettivi come da un “bravo ragazzo anglo-milanese perverso” (la definizione è di Moni Ovadia) non ci si aspetterebbe.

E’uno spaccato di vita e di arte, dominato prima dalla tv, poi dal cinema e infine dal teatro, dichiarato amore del nostro. Sullo sfondo c’è l’Italia che passa dal dopoguerra al boom, dalla contestazione agli anni di piombo, dalla Milano da bere (rifuggita come la peste) a Mani Pulite, fino all’era di internet e dei social. Cochi e Renato irruppero con una potenza deflagrante nel mondo della comicità, portandovi una vena surreale e demenziale grazie anche all’apporto di Enzo Jannacci e agli insegnamenti teatrali di Dario Fo, due personaggi che hanno un ruolo importante nella narrazione.

Ci sono anche Giorgio Gaber (e Cochi ci rivela che fu uno dei primi sponsor di Franco Battiato) e Bruno Lauzi (autore di splendide canzoni, di cui Ponzoni descrive la genesi), cantori di una Milano che non c’è più, perduta tra la moda, gli affari e gli chef stellati. Gli incontri ravvicinati di Cochi con il mondo dello spettacolo e della cultura sono veramente molti e li racconta con ironia e gusto. Narra di quella volta in cui prima di lui e Renato suonò Chico Buarque de Hollanda e il pubblico lo ignorò perché voleva sentire La gallina e La vita l’è bela, hit resistenti ai millenni. E Aurelio ci rimase male, a vedere il finissimo artista brasiliano trattato in questo modo.

Racconta di Laura Betti, appassionata custode del ricordo di Pier Paolo Pasolini e che lo volle in tv per una serie di settanta puntate (!) sulla diva Mae West, di Velia e Tinin Mantegazza (gli inventori di Topo Gigio, chissà oggi chi se li ricorda) per i quali Renato e lui fecero pure i burattinai. Di Piero Manzoni e della sua “merda d’artista” (probabilmente crema al cioccolato) e delle sue provocazioni creative e irriverente. Di quando Marco Dolcetta lo trascinò sulle tracce di criminali nazisti in Brasile, Argentina e Paraguay.

Racconta di Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, Paolo Villaggio e Alberto Sordi, Renato Rascel e Walter Chiari. C’è una ricchezza di episodi degna di un memorialista di memorabili (e meno) imprese dei grandi protagonisti della commedia all’italiana, colti anche nel loro lato più familiare e umano.

Cochi riporta alla memoria anche personaggi che rischiano di cadere nell’oblio, come il grande scenografo emiliano Gino Pellegrini che lavorò con Kubrick e Disney ma dovette fuggire dagli Usa per aver “dimenticato” di pagare gli alimenti all’ex moglie. O il vulcanico Paolo Rosa che metteva la tecnologia al servizio di ricerche sulla psiche ai tempi di Basaglia.

La versione di Cochi scorre in un paesaggio popolato da comici, cantautori, registi, attori e attrici, ormai irrimediabilmente, quanto inevitabilmente, in via di estinzione. Ma Cochi sfugge alla trappola della nostalgia con un colpo di coda, dopo averci traghettato per studi televisivi, teatri di provincia, set cinematografici. Il libro termina con un’ ironica lettera del 2016 all’ Accademia della Crusca, rea di aver sdoganato il termine “petaloso”, con tanto di sue proposte complementari. E, soprattutto con il testo di un suo atto unico del 1982 in cui l’invenzione della banca del seme diventa spunto per una battaglia tra i sessi, con scazzottature fisiche e verbali, senza esclusione di colpi. Sulfureo e stralunato, come si conviene a Cochi.

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