Punk, irriverente, poetico e selvaggio. Shane MacGowan, scomparso prima di compiere 66 anni, ha ridato energia e significato al termine in un periodo, tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui il punk stava perdendo forza, unendolo in modo romantico e caustico alla tradizione folk. I suoi Pogues hanno brillato di luce propria alla fine del controverso decennio, con il loro punk-folk anfetaminico che ha aperto la strada a tanti, dai Flogging Mollies ai Dropkick Murphies, per citare solo qualche nome. Pochi denti e cuore d’oro, Shane sul palco era una presenza irruente e sudata, capace anche di grande lirismo.
Shane Patrick Lysaght MacGowan è nato a Royal Tunbridge Wells, nel Kent il giorno di Natale del 1957, figlio di irlandesi immigrati da Puckhaun nella contea di Tipperary. La madre era cantante e danzatrice di folk irlandese, il padre lavorava per la diocesi. Ha diciannove anni quando nel 1976 assiste ad un concerto dei Sex Pistols, ne rimane folgorato e, dopo il trasferimento a Londra della famiglia, è pronto per unirsi al nascente movimento punk. Il suo gruppo Nipple Erectors (poi abbreviato in Nip) fa da spalla a Clash e Jam e così comincia a farsi conoscere nel giro.
Nel 1981 MacGowan incontra Spider Stacy (flauto)e Jam Finer (banjo), si mettono a suonare insieme creando l’embrione dei Pogues che verranno. Prima si chiamano, passando per vari cambi di formazione, Millwall Chainswa, poi The New Republicans e infine Pogue Mahone. Ma il nome, storpiatura del gaelico póg mo thóin che significa “baciami il culo” viene opportunamente abbreviato dalla Stiff Records, prima casa discografica, in un meno attaccabile Pogues. La formazione è completata da James Fearnley (fisarmonica), Andrew Ranken (percussioni) e Cait O’Riordan (basso). MacGowan canta e suona la chitarra.
La band che usa gli strumenti dei nonni come mitragliatrici, si fa un nome aprendo i concerti dei Clash nel 1984. Contemporaneamente pubblicano per la Stiff il primo album, Red Roses for Me in cui dimostrano già di rivitalizzare la materia folk in un’ottica punk. Un anno dopo arriva anche il chitarrista Philip Chevron e sotto l’ala di Elvis Costello incidono il secondo disco, Rum, Sodomy and the Lash (rum, sodomia e frusta) da una frase attribuita a Winston Churchill sulle tre componenti essenziali della Marina Reale Britannica. Sulla copertina, una parodia della famosa Zattera della Medusa di Gericault in cui i volti dei naufraghi sono sostituiti da quelli dei Pogues. Nel disco spiccano il traditional di Ewan McColl Dirty Old Town e la classica ballata antimilitarista australiana And the Band Play Waltzing Matilda, ripresa anche da Tom Waits (Tom Traubert’s Blues in Small Change)
E’il successo, ma i Pogues non ne sanno approfittare. Invece di incidere un secondo album, ripiegano su un ep di quattro tracce, Poguetry in Motion. Cait O’Riordan sposa Costello, lascia la band e viene sostituita da Darryl Hunt, al gruppo si aggiunge il polistrumentista Terry Woods proveniente dagli Steeleye Span. Ma il carattere difficile, quasi impossibile (fin da giovane manifestava comportamenti autodistruttivi) di MacGowan, autore di quasi tutti i testi, mina la solidità della band. Sul palco si presenta spesso ubriaco e drogato, sta seguendo la trafila della rockstar maledetta.
In ogni modo, quando la Stiff fallisce, i Pogues riescono a pubblicare il loro capolavoro. If I Should Fall From Grace With God, prodotto da Steve Lillywhite, artefice del successo degli U2, esce nel 1988 dopo una pausa di quattro anni. Sul disco Shane duetta con Kirsty McColl, moglie di Lillywhite e figlia di Ewan in una ballata strana e sbilenca che diventa presto un inno, Fairytale of New York. Il Natale viene ironicamente celebrato con versi come «”You scumbag, you maggot/You cheap, lousy faggot” “Happy Christmas, your arse/I pray God it’s our last” (“Tu, zotico, viscido/ perdente da quattro soldi” “Buon Natale, stronzo/prego Dio che sia l’ultimo insieme”)» su una musica decisamente struggente.
Dopo questo disco verrà il meno incisivo Peace and Love (1989) in copertina un pugile con sei dita sulla mano destra e due pezzi che riassumono l’amore-odio tra Irlanda e Inghilterra, Misty Morning, Albert Bridge e London You Are a Lady. Ci sono anche una canzone dedicata ad un eroe della ribellione contro gli inglesi, Young Ned of the Hill e la ballata Lorelei in cui a duettare con la McColl è Chevron. I Pogues entrano con due album nella top five inglese e sono apprezzati anche oltre Manica, grazie a concerti di devastante energia e forza romantica.
Ma i contrasti tra Shane e il resto del gruppo, dovuti anche alla sua predilezione per l’alcool, lo porteranno ad abbandonare la band nel 1991 dopo l’ultimo album insieme, Hell’s Ditch.
Senza di lui, i Pogues proveranno prima ad affidare la voce a Joe Strummer, per un breve periodo e poi il cantante solista diventa Stacy, sostituito in alcuni brani da Woods. Pubblicheranno anche Waiting for the Herb (1993) che contiene il singolo più venduto, Tuesday Morning e Pogue Mahone (1995), stavolta incuranti delle censure. Il gruppo si scioglie nel 1996 per riunirsi nel 2001 e nel 2004 con MacGowan. Nel 2002 la rivista Q li ha inseriti tra le 50 band da vedere prima di morire. Malato di cancro, Chevron scompare nel 2013 e nel 2022 lo segue anche il bassista Hunt. Sporadiche riapparizioni segneranno l’ultimo periodo del gruppo che comunque ha lasciato una traccia importante nel rock britannico.
Durante la lontananza dai Pogues, Shane aveva formato The Popes con il chitarrista Paul McGuinness incidendo con la band il primo disco The Snake (1994) per poi abbandonare anche loro. Poi, solo alcune ricomparse mentre la dipendenza da alcool diventa drammatica. Cerca di aiutarlo come può la sua amica Sinead O’Connor, dicendo di lui «È un angelo vicino alla fine che ha bisogno di aiuto. È andato troppo lontano, ha raggiunto lo stadio in cui fisicamente non riesce a fermarsi per smettere di bere, si è provocato troppi danni».
Nel 2015, a Dublino, cade rovinosamente di ritorno da uno studio di registrazione fratturandosi il bacino e finendo su una sedia a rotelle. “Sono caduto nel modo sbagliato. Rompersi il bacino è la cosa peggiore che possa accadere. Sono zoppo in una gamba, non posso camminare per la stanza senza una stampella. Sto migliorando, ma ci vuole molto tempo. È il tempo più lungo che abbia mai impiegato per riprendermi da un infortunio. E ne ho avuti molti di infortuni”. dichiarava in un’intervista, con un fondo di fiducia nel futuro.
Purtroppo le sue condizioni non sono mai migliorate del tutto. Ultimamente era afflitto da encefalite, non poteva sopportare la luce e portava sempre occhiali scuri. Il suo fisico minato dagli eccessi ha ceduto il 30 novembre 2023 pochi giorni dopo il rientro dall’ospedale dove era in cura. E’ morto tra le braccia della moglie (conosciuta quando lei aveva 16 anni), la giornalista Victoria Mary Clarke che aveva scritto la sua divertente autobiografia, “Una pinta con Shane MacGowan”, in forma di intervista.
Nel 2017 alla National Concert Hall di Dublino tanti amici come Bono, Nick Cave, Sinéad O’Connor, Johnny Depp, Bob Gillespie, Glen Hansard e altri avevano festeggiato il suo sessantesimo compleanno cantandone le canzoni, mentre il sindaco gli consegnava un riconoscimento alla carriera
Se ne va un artista controverso, vittima come tanti dei suoi eccessi ma che ha saputo scrivere pagine importanti nella storia del rock britannico e non solo. Le sue canzoni sono diventate inni etilici, calci alla disperazione, ma anche incitamenti alla speranza (come la What a Wonderful World in duetto con Nick Cave nel 2011), rimarranno per sempre come poesie scritte nell’alcol e nell’anima, tra una favola di New York e una piovosa notte di Soho che non smettono mai di affascinare.
ascolti
- The Pogues – Rum, Sodomy and the Lash (1985)
- The Pogues – If I Should Fall From Grace with God (1988)
- The Pogues – Peace and Love (1989)
- The Pogues – Hell’s Ditch (1991)
- The Popes – The Snake (1994)
parole
- Victoria Mary Clarke – Una pinta con Shane MacGowan (2022)
visioni
- Diritti all’inferno (Straight to Hell), film di Alex Cox, 1987
- Crock of Gold, documentario di Julien Temple, 2021