La musica è meravigliosa, perché prende mille direzioni diverse. La conferma, se ce n’era bisogno, assistendo al concerto di Trilok Gurtu con il FontanaMIX Ensemble, al Teatro Consorziale di Budrio per Bologna Jazz Festival. Gurtu è un percussionista di fama mondiale, con un curriculum da paura che ha scelto di collaborare con una formazione di musica contemporanea in questo progetto “aperto” chiamato Contemporary World.
Così, sul palco c’è un incontro entusiasmante di sonorità ed intelligenze creative, tra un ensemble di nove elementi (Valentino Corvino violino, Franco Venturini pianoforte, Alice Caradente arpa, Marco Ignoti clarinetto, Lavinia Guillari flauto, Sebastiano Severi violoncello, Nunzio Dicorato percussioni, Stefano Malferrari tastiere ed electronics, Pierluca Cilli contrabbasso) e una macchina da ritmo che disegna traiettorie di poesia nell’aria, intonando quelle che a volte sembrano preghiere ancestrali.
Nel primo brano l’ensemble, senza Gurtu, è diretto da Francesco La Licata. Poi, il suono sale gradatamente e la rarefazione della musica contemporanea lascia spazio ad un mix affascinante con le sonorità indiane e quasi primordiali espresse da Gurtu che utilizza una serie di oggetti per produrre suoni ispirati alla natura: crea il vento e il temporale, la pioggia e il respiro dell’anima, il canto degli uccelli e dell’umanità. Con quelle mani, produce praticamente quello che vuole. Poi, quando ci siamo quasi dimenticati che è un grandissimo batterista jazz, suonando le tablas con una mano e i piatti con l’altra, pizzicando il cajon, conduce man mano gli altri elementi nel ritmo, li fa ondeggiare tra gli assoli centrati e mai fini a se stessi, il dialogo tra violino e clarinetto, le punteggiature pianistiche, il respiro dei fiati.
Possiamo anche sciorinare uno dopo l’altro i titoli dei brani che già da soli sembrano un racconto in versi, un viaggio nella musica totale e onnivora di questo progetto: For all My Walking, Behind the Screen, Tillana, Don’t Follow Your Shadow, The Bird Chant, Vak, The Peace of the Five Elements, Nine Horses. Ma quello che hanno proposto Trilok Gurtu e il FontanaMix sul palco del Consorziale (piccolo e raccolto teatro dall’acustica formidabile, ideale alla bisogna grazie anche un lavoro egregio dei fonici) è stato un flusso di coscienza sonora a cui abbandonarsi piacevolmente, guidati dalla musica che arrivava da tutte le parti, improvvisa ed inaspettata, dolce e impetuosa.
Dentro questo fluire torrenziale c’erano atonia e melodia, blues e jazz, i Velvet Underground (sempre grazie a John Cale per avere reso protagonista uno strumento come la viola nel rock) e Don Cherry, la Mahavishnu Orchestra e gli Oregon, scansioni ritmiche e scarti repentini, potenza e delicatezza, quei balzi in avanti e rallentamenti che sono, in fondo, l’essenza della musica stessa, eterogenea come piace a noi. In mezzo anche a qualche silenzio.
Applausi scroscianti e meritati hanno punteggiato l’esibizione, frutto di una concentrazione assoluta che è difficile mantenere per più di un’ora e mezza. E infatti tanto dura il concerto, che lascia comunque appagati con il senso di una performance totale, disinibita da confini di genere, nella quale è stato bello essere coinvolti e partecipi. Un’ esperienza sonora che soddisfa l’orecchio e vellica i pensieri migliori.