Atom Heart Mother secondo i Pink Floyd Legend a Bologna: bel concerto di luci e suoni, ma il concept?

Atom Heart Mother arriva dopo un’ora e quaranta, al Teatro Europauditorium di Bologna. Prima, i Pink Floyd Legend ripercorrono in lungo e in largo la storia del grande gruppo britannico, ormai dissolto tra dissapori vari che nel 1970 se ne uscì con questa suite orchestrale, abbracciando il prog sinfonico dopo gli inizi psichedelici.

Rinnegato spesso dai Pink Floyd originali, questo lavoro che gli autori non eseguivano dal vivo dal 22 maggio 1972 (Amsterdam), viene riproposto dai Legend insieme ad orchestra e coro in una rilettura suggestiva, fedele alla composizione di Ron Geesin (che ha dato il suo placet alla riproposizione, come viene spiegato in una video-intervista) con cui Roger Waters collaborò anche alla colonna sonora di The Body.

I Pink Floyd Legend, con devozione assoluta, “fotocopiano” questo brano di 23 minuti, che occupava l’intera prima facciata del disco. In perfetta simbiosi con l’orchestra e il coro diretti da Giovanni Cernicchiaro, si inoltrano nelle non facili pieghe della composizione con cui Waters e soci introducevano nel rock elementi di musica sinfonica ed elettronica, come era d’uso fare in quei creativi anni Settanta. Ed è bello che un capolavoro del genere venga riproposto all’attenzione del pubblico di oggi, come si fa con la musica classica. Fabio Castaldi (voce e basso), Alessandro Errichetti (voce e chitarre), Paolo Angioi (chitarre, basso e cori), Emanuele Esposito (batteria), Alessandro Russo (tastiere) e Maurizio Leoni (sassofoni) sono una formazione affiatata, collaudata da un’esperienza quasi ventennale di tributi floydiani che sfodera padronanza sonora e notevoli capacità interpretative.

Quello che manca ad operazioni di genere, a mio avviso, è però un concept ben preciso. La prima parte del concerto è un greatest hits dei Pink Floyd assortito tra i decenni che parte bene con la sempre suggestiva Shine On You Crazy Diamond ,subito vanificata dalla banalissima Learning to Fly, tra le cose per me più detestabili del dopo-Waters. Si pesca qua è la nel repertorio, ma i brani di Dark Side of The Moon (altro capolavoro assoluto) non possono essere riproposti singolarmente, visto che fanno parte di un ordine ben preciso stampato nell’immaginario collettivo, anche se la sequenza Time-Great Gig in The Sky- Money viene rispettata, però Brain Damage/Eclipse compaiono solo dopo altri pezzi, in un inutile frazionamento.

Inoltre, il concerto era stato presentato come esecuzione originale di Atom Heart Mother e quella ci si attendeva da subito. Forse il gruppo ha voluto scaldare i motori e l’attenzione del pubblico, prima di un ascolto non poco impegnativo? Fatto sta che all’ audience poco importa, l’Europauditorium è sold out e la gente di Bologna dimostra entusiasmo, applaude calorosamente ogni pezzo. Insieme a Shine On, davvero ben eseguita, un altro picco del set è Time dove Errichetti dimostra perizia eccellente nel riprodurre le note liquide di Gilmour in un assolo sempre magnifico, mentre The Great Gig in The Sky, malgrado la buona volontà delle coriste Giorgia Zaccagni, Francesca Ciampa e Claudia Mars, si risolve in una concitata esibizione di vocalità piuttosto che restituire la magia del pezzo, fatta di rallentamenti e accelerazioni. Ma chi ha centinaia di concerti nelle orecchie, si sa, è sempre difficile da soddisfare.

Trionfo, comunque, per la band romana che sciorina un notevole show di suoni e luci, alle prese con un repertorio non facile. Un gruppo che riempie di musica meravigliosa un auditorium da 1500 posti merita rispetto e tutti gli applausi che raccoglie.

Anche se, francamente, siamo un po’ stanchi di riascoltare per l’ennesima volta Another Brick in The Wall e Run Like Hell con cui i Pink Floyd Legend salutano il pubblico nel bis.

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