VajontS23: in 180 teatri e piazze d’Italia, dramma civile e musica per non dimenticare

Belle cose generate dall’intelligenza naturale. A San Giovanni in Persiceto (Bologna) come in altri 180 teatri e piazze italiane in contemporanea, in un’azione coordinata da La Fabbrica del Mondo il 9 ottobre si è tenuta in Piazza del Popolo VajontS23, lettura pubblica del testo di Marco Paolini dedicato alla tragedia italiana di sessant’anni or sono. Attori della compagnia filoPocodrammatica e della Società Ocagiuliva guidati da Andrea Cortesi hanno interpretato a più voci il dramma che ha segnato indelebilmente la storia del nostro paese tra Veneto e Friuli: 1917 vittime, esattamente e curiosamente lo stesso numero dell’anno di Caporetto, ultimo eccidio collettivo che si ricordava da quelle parti.

Insieme a Cortesi, sei uomini e donne (Silvia Almeoni, Luca Alfonso Frolino, Mario Graziani, Guerrino Maccaferri, Lucia Maccaferri e Irene Papotti) davanti ad un attento e folto pubblico recitano una tragedia di mancata diligenza, sottovalutazione, interessi dominanti. La diga era ben costruita, è rimasta in piedi e lo è tuttora, monumento abbandonato all’incapacità umana di capire la natura. Quello che non è stato preso sufficientemente in considerazione è stato il movimento della montagna. Un sasso è caduto in un bicchiere d’acqua. Solo che quel sasso pesava milioni di tonnellate e i metri cubi d’acqua erano milioni pure loro.

E’ accaduto quello che nessun modello matematico o idraulico poteva prevedere. La scienza si è scontrata con la forza della natura e a rimetterci sono state quasi duemila persone. Strappate letteralmente via alla vita prima da uno spostamento d’aria pari a due volte la bomba atomica di Hiroshima, poi da una massa d’acqua impressionante, inconcepibile, con onde anche dodici metri.

La ricostruzione paoliniana del 1997, debitamente aggiornata al 2023 con la collaborazione del regista teatrale Marco Martinelli, punta l’indice sulla supponenza di geologi ed ingegneri e le manchevolezze dell’“allegra commissione di collaudo”. Proprio quel 9 ottobre, a Praga, si era tenuta una conferenza mondiale in cui era stato ancora una volta posto il problema della frana del Vajont, già noto da alcuni anni. Ma non si era giunti a decisioni che potessero affrontare il problema della sicurezza.

Conseguenza terribile: intere famiglie distrutte, un territorio devastato, danni enormi, un processo che si conclude dopo trent’anni per i risarcimenti alle vittime. Sul finire del secolo scorso la tragedia, con Paolini, è diventata spettacolo. Ma spettacolo di denuncia, teatro civile che addita problemi irrisolti, manchevolezze a cui bisogna, tanti anni dopo, ancora ribellarsi. E proprio con questa parola, ripetuta in coro dagli attori, termina la rappresentazione che si conclude intorno alle 22.20, poco prima dell’inizio della tragedia vera (22.39), mentre gli attori firmano il lucido su cui sono state proiettate le parole chiave del dramma, invitando gli spettatori a fare lo stesso, in un rito collettivo di presenza sulle note di Heroes di David Bowie cantata da Peter Gabriel: “Possiamo essere eroi, solo per un giorno”.

Importante ricordare, importante non dimenticare, come milioni di persone hanno fatto il 9 ottobre, in tutta Italia e nel mondo.

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