Ben Harper a Sarzana, una cavalcata soul-funk-reggae da brivido tra furore elettrico e melodia

Il buongiorno, spesso, si vede dal mattino. E se il concerto di Ben Harper a Sarzana per Moonland comincia con una Below Sea Level a cappella in cui emergono le qualità vocali del nostro, ma anche dei fedeli Innocent Criminals, puoi stare quasi certo che il resto sarà all’altezza. Ben non tradisce le aspettative, spesso osannato dalla folla a cui risponde con gesti di amicizia e sorrisi, è uno dei migliori musicisti oggi in circolazione e si è costruito una solida fama quasi sottotraccia senza mai apparire troppo, se non salendo on stage.

E’un seguito fedele, quello davanti al palco, a un tiro d’affetto da un cantautore con band che non se la tira. Anzi. Dimostra genuino stupore davanti alla bellezza di Piazza Matteotti, ridefinita “Magic Square”. “Mi sembra di stare in un film. Quando lo racconterò a mia moglie non ci crederà”. Tipico stupore degli americani al cospetto della nostra ricca cultura.

E poi, la musica, tutta la musica possibile assorbita nel negozio dei nonni materni, assimilata e rielaborata secondo uno stile personalissimo, dal blues al funk, dal soul (ogni tanto, su quel campo fa capolino il fantasma di Marvin Gaye) al folk, al reggae seguendo le ispirazioni del momento che lo portano ogni volta a rinnovare la set list. Chiamale, se vuoi, emozioni. I brividi del primo brano si rinnovano con Diamonds on the Inside, canzone di presa immediata, ispirata a Bob Dylan, grande successo del nostro che ovviamente viene cantata in coro dai fan.

Ben Harper percorre strade note con spiccata originalità, una padronanza musicale assoluta e un senso incredibile del groove. Durante i pezzi il ritmo cambia mille volte, accelera, rallenta, è quel “respiro” che manca a molta musica di oggi si nutre anche di pause e di silenzi, rendendo l’esperienza sonora appagante.

C’è la bellezza della musica che si eleva all’aperto, c’è la partecipazione assoluta del pubblico. I brani si snocciolano via via, la band (Alex Painter voce e chitarra, Chris Joyner tastiere, Darwin Johnson basso, Oliver Charles voce e batteria, il solo degli IC originari) risponde a meraviglia. Burn to Shine infiamma e fa risplendere, come da titolo, con un rock quasi rollingstoniano, Don’t Give Up On Me Now dondola come le teste del pubblicoe prelude alla cavalcata reggae (un altro dei pilastri della saggezza di Harper) di Finding Our Way, dove sembra che lo spirito di Bob Marley si sia impadronito di lui. Il funk cola selvaggio in Mama’s Trippin e mite in Steal My Kisses, mixata a Need To Know Basis, inonda il pubblico scatenando voglia di ballare e di vivere con il festoso r&b di Say You Will.

Segue un breve intermezzo acustico in solitaria, seduto con la dodici corde arpeggiata ed è la toccante Walk Away (“qualche volta non è facile, ma devi camminare oltre”) a precedere Masterpiece e Giving Ghosts dall’ultimo Wide Open Light con la Weissenborg appoggiata sulle ginocchia che prenderà fuoco più tardi. E’proprio questo alternarsi di furore elettrico ballate acustiche (alla Neil Young) che rende grande la musica di Harper, un bipolarismo sonoro dentro il quale si muove tutto un mondo. She’s Only Happy in the Sun è un momento di tintinnante sweet poi la slide si incendia in Ground on Down ed è impressionante cosa riesca a fare Ben da seduto con quello strumento, sulle tracce di Jimi Hendrix. Faded chilometrica e psichedelica, si risolve in una citazione della parte finale boogie di The Ocean dei Led Zeppelin e trascina verso l’apoteosi.

Non poteva mancare la preghiera gospel di Amen Omen a fondersi con la dylaniana Knockin’ On Heaven’s Door che ci porta tutti alle porte del paradiso e chiude temporaneamente il set. Invocato a gran voce, il bis sarà With My Two Hands, invito reggae che il pubblico accoglie cantando a squarciagola, mentre un padre utilizza la figlia piccola issata sulle spalle (tanti bambini e ragazzini al concerto, assorbiranno buona musica come ai suoi tempi il baby Ben) come gru per riprendere il palco in selfie, alla faccia di Bob Dylan. Al termine, un disponibilissimo Harper firma skateboard, tutori ortopedici e scartafacci e ringrazia più volte il pubblico, come del resto ha fatto ripetutamente per tutto il concerto. Dimostrazione di umiltà da parte di un grande artista che la gente sente vicina al cuore e sul palco non si è certo risparmiato, per quasi due ore. A casa tutti felici e contenti, bella musica che risuona dentro, ancora.

In luogo dell’annunciato Maurizio Pirovano, in apertura si era esibita Grace Woodruffe, chitarra e voce melodica e grintosa che ricorda la prima PJ Harvey. Un bel set per scaldare gli animi prima dell’avvento del californiano e della sua banda.

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