Ben Harper: un eclettico bluesman del Duemila tra Hendrix, Dylan e Marley

Ben Harper si è imposto a metà degli anni Novanta come un anello di congiunzione tra Jimi Hendrix, Bob Dylan e Bob Marley. La sua formidabile tecnica chitarristica, unita alla capacità di scrivere testi e un timbro vocale ispirato a quello di Mr. Zimmerman, l’attitudine al reggae e alla spiritualità hanno subito attirato l’attenzione di coloro che a quei suoni marcatamente anni Sessanta-Settanta erano abituati, in un periodo dominato da grunge e hip hop. A tutto ciò, Harper unisce una forte spettacolarità live e una notevole capacità di azzeccare brani orecchiabili, sempre fedele alla tradizione ma cercando comunque una propria strada originale.

Benjamin Chase Harper nasce il 28 ottobre 1969 a Claremont in California, nel cosiddetto Inland Empire. Ha sangue afroamericano e Cherokee da parte del padre Leonard, la madre Ellen Chase- Vendries è ebrea, la nonna materna era immigrata dalla Lituania. I genitori divorziano quando ha cinque anni e sarà lei col marito ad occuparsi di Ben e dei due fratelli Joe e Peter

Harper è nato dentro la musica. I nonni avevano un negozio di strumenti musicali, il Folk Music Center and Museum e qui, ascoltando un po’ di tutto, il giovane Ben è riuscito a farsi una cultura musicale importante e soprattutto comincia a suonare la lap steel guitar, imitando lo stile di Robert Johnson.

Esordisce nel 1992 con l’album Pleasure and Pain, registrato con l’amico chitarrista folk Tom Freund, in edizione limitata. Il disco però attira l’attenzione della Virgin Records che lo mette sotto contratto e pubblica Welcome The Cruel World (1994), apprezzatissimo dalla critica. Il successivo Fight For Your Mind (1995) è ancora più maturo e ricco di impegno politico. Harper suona la chitarra come Hendrix, compone canzoni come Bob Dylan (che lo influenza anche vocalmente) e adora il reggae di Bob Marley. Con queste coordinate musicali, si muove a suo agio tra sonorità acustiche ed elettriche, accompagnato in questo caso da The Innocent Criminals: Juan Nelson (basso), Leon Mobley (percussioni) e Oliver Charles (batteria). Attitudine live spettacolare e spiccata sensibilità sociale fanno il resto, decretandone il quasi immediato successo.

Il 28 giugno di quell’anno arriva anche in Italia e si esibisce per la prima volta ad Arezzo Wave, incantando il pubblico. The Will To Live (1997) estende la sua fan base agli ascoltatori delle college radio e delle emittenti alternative, con l’apporto di David Leach (percussioni) e Dean Butterworth (batteria)

Harper gode della stima incondizionata di molti colleghi: divide il palco con R.E.M., Pearl Jam, Radiohead, Gov’t Mule, Beth Orton, Fugees e il decano del blues John Lee Hooker. Nel 1999 esce Burn To Shine che contiene due hit delle college radio, Steal My Kisses e Suzie Blue.

Il doppio Live from Mars del 2001 ribadisce la sua resa spettacolare dal vivo, un disco elettrico ed uno acustico (come Dejà Vù di CSN&Y o Double Dose degli Hot Tuna) in cui propone le sue versioni di brani come Drugs Don’t Work dei Verve e Whole Lotta Love dei Led Zeppelin.

E’ con l’album Diamonds on the Inside (2003) che sfonda definitivamente, in una varietà di stili che vanno dal reggae al funk, dal blues al folk ed una speciale apparizione dei Ladysmith Black Mambazo, gruppo corale sudafricano che registrò Graceland con Paul Simon. L’album abbina fedeltà alle radici ed elegante gusto pop, arpeggi folk, soul e funk. Nel 2004 partecipa al tour Vote for Change per incoraggiare gli elettori dei cosiddetti “stati incerti” ad andare alle urne per le presidenziali Usa. Nello stesso anno collabora con i Blind Boys of Alabama per un album marcatamente gospel come There Will By a Light che vince un Grammy. Dalle esibizioni con i BBA al mitico Apollo Theater di Harlem vengono tratti un disco dal vivo ed un DVD, Live at the Apollo. (2005)

Come spesso avviene, ad un periodo di fama e notorietà, segue un momento in cui la stella viene oscurata da altri. Ma Harper possiede le risorse necessarie per sopportare il calo di popolarità, studia in continuazione musica e si avvicina al blues delle origini. E compone quello che più gli aggrada, senza sottostare troppo ad esigenze di mercato.

Dopo la cancellazione del tour del 2005 programmato con Trey Anastasio e altri artisti, va in giro per club privati come l’Avalon Ballroom di Boston e il Tabernacle di Atlanta. Qui mette a punto nuove canzoni come Dressed in Black, Get It Like You Like It e Gather Round The Stone. Le ultime due vengono incluse nel doppio album del 2006, ancora doppio. Both Sides of The Gun è un vero capolavoro, un disco funk (black) e uno di canzoni lente e soul (white).

La musica di Ben Harper viene documentata anche in altri due dvd. Il documentario dal titolo Pleasure+Pain girato durante il tour di Burn to Shine insieme agli Innocent Criminals e diretto da Danny Clinch che illustra la sua personale filosofia e Live at The Hollywood Bowl, realizzato durante il tour di Diamonds on the Inside.

Nel frattempo ha divorziato dalla prima moglie Joan che gli ha dato i figli Charles jr. (1996) e Harris (1999), per sposare il 23 dicembre 2005 l’attrice Laura Dern (Mask, Cuore Selvaggio) con cui ha avuto Ellery Walker (2001) e Jaya (2004). La Dern è protagonista del film di David Lynch Inland Empire in cui Harper compare nelle vesti di un pianista verso la fine. Nel 2013 ha divorziato anche da Laura per unirsi a Jaclyn Mathfus, avvocato. I due hanno un figlio di sei anni, Besso (2017) che porta a cinque il totale dei giovani Harper.

Nel 2008 incide con la cantautrice brasiliana Vanessa da Mata il brano Boa Sorte cantato in portoghese e inglese, grande successo in Brasile e in Portogallo. L’anno dopo pubblica White Lies for Dark Times con la nuova band Relentless 7, formata da Jason Mozersky (chitarra), Jordan Richardson (batteria) e Jesse Ingalls (basso). Incide nel 2010 una cover di Never Tear Us Apart degli INXS insieme alla cantante francese Mylene Farmer per Original Sin, un tributo a Michael Hutchence e soci.

Ancora nel 2010 forma i Fistful of Mercy con Dhani Harrison (figlio di George) e Joseph Arthur e i tre pubblicano As I Call You Down. Segue nel 2011 Give Till It’s Gone, ancora con i Relentless 7 e poi nel gennaio 2013 torna alle più pure radici blues con Get Up! realizzato insieme al leggendario armonicista bianco Charlie Musselwhite per un’etichetta mitica come la Stax Records. In quell’anno produce anche Mother, primo album di Natalie Maines, voce delle Dixie Chicks. La collaborazione con Musselwhite viene ripresa nel 2018 con No Mercy in This Land.

E’ produttore anche dello stupendo disco della ultraottantenne soul woman Mavis Staples, We Get By che contiene undici brani scritti da lui. La title-track viene pubblicata nel marzo 2019 così come il video ufficiale che lo vede vocalist principale.

Il 13 maggio 2020, in pieno lockdown, pubblica il singolo Don’t Let Me Disappear. Poi si cimenterà con la musica esclusivamente strumentale di Winter is for Lovers (quasi la colonna sonora di un film mai girato, dedicato ai suoi luoghi del cuore) e farà uscire, in rapida successione, due dischi quasi gemelli nella loro diversità come Bloodline Maintenance (2022), elettrico e dal forte impegno politico ed il più intimista e raccolto Wide Open Light (2023).

Le ondivaghe preferenze dei consumatori non preoccupano molto Ben Harper, artista eclettico e indipendente che segue la sua strada senza curarsi troppo del mercato. Nel Terzo Millennio i suoi album suonano deliziosamente fuori dal tempo, come quelli di JJ Cale o Ry Cooder, ma rappresentano sempre una garanzia assoluta di qualità per chi ascolta.

suoni

  • Live from Mars
  • Both Sides of The Gun
  • Diamonds on The Inside
  • Live at The Apollo with Blind Boys of Alabama
  • Bloodline Maintenance
  • Wide Open Light

visioni

  • Pleasure + Pain, regia di Danny Linch
  • Live at the Hollywood Bowl
  • Live at The Apollo
  • Inland Empire, regia di David Linch

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