Talèa, un album sull’Aura, malattia temporanea: “Il disorientamento è la mia fonte creativa”

Talèa (Cecilia Quaranta) ha venticinque anni e dal 2017 è affetta da emicrania con aura. Una malattia spesso invalidante che provoca temporaneamente disturbi fisici e neurologici, lasciando un senso di disorientamento. Ma ha saputo trasformare un evento negativo in positivo, scrivendo e registrando un intero album “Aura”, appena uscito per la Vrec Music Label, una sorta di concept in cui descrive le sensazioni provate. Ne abbiamo parlato con lei, cantautrice originale alle prese con un format musicale oggi abbastanza desueto, pervaso di elettronica misurata.

Un modo diverso dal solito, il tuo, per creare musica.

Ho fatto questo disco per trovare un risvolto positivo alla mia patologia. Mi sono detta che la mancanza temporanea di controllo sulla mente poteva originare come un flusso di coscienza. Uno dei sintomi è che dici parole che non vorresti dire. Assecondando questo flusso, il processo è diventato abbastanza naturale, quasi una sorta di scrittura automatica.

Fino a pochi anni fa non sapevamo nemmeno cosa fosse l’emicrania con aura. E forse nemmeno adesso. Il tuo lavoro può contribuire a farla conoscere.

In effetti é una patologia di cui non si parla molto, ma è sempre più diffusa. Per le donne è legata ad una questione ormonale, tanti non sanno nemmeno di averla, pensano che il disturbo del linguaggio possa essere attribuito ad altro. E’ una cefalea che inizia dalla pare posteriore del cranio e provoca distorsioni della visione, certe volte ti senti spaccata a metà. Però ti fa vedere anche delle cose.

Potrebbe essere in qualche modo legata alle ansie provocate dalla tecnologia ?

Potrebbe. Oggi c’è in effetti questa ansia di comunicare anche convulsamente, compulsivamente e gli strumenti non mancano. Ma non ho elementi per dirlo

Riesci in qualche modo a controllare?

Con l’esperienza un po’ sì. Sento quando arriva e mi regolo di conseguenza. Prendo precauzioni, per esempio non guido mai l’auto da sola di notte. Insomma, ho imparato a conviverci

E questo disco, con un linguaggio artistico maturo e sorprendente, mostra una forte consapevolezza per un’artista così giovane.

Grazie. Ho voluto fare un album a metà tra analisi introspettiva e sociale. E’ il mio modo di dire: guardate si può affrontare la malattia. Ma l’aura è stata anche una fonte di ispirazione perché induce quelle visioni che poi ho cercato di trasferire in musica e testi. Ascolto da sempre artisti che danno un ruolo importante alle parole, in casa c’erano i Pink Floyd di papà, io sono cresciuta con il grunge, adoro i Pearl Jam. Da bimba la mia canzone preferita era Come as You Are dei Nirvana, ci ho imparato a suonare la chitarra. Poi i miei mi hanno indirizzata al conservatorio, ma mi sono ribellata, non amo i percorsi accademici. Sono andata a suonare anche per strada, in Irlanda e Scozia e lì mi sono avvicinata alla musica celtica, molto presente nell’ep di debutto, Tales che aveva testi in inglese. Lì hanno questa cultura stupenda: si suona nei pub, si avvicinano generazioni nel segno della musica.

Cosa ascolti attualmente?

Tra i contemporanei, sono in fissa con Motta ed Emma Nolde, è molto brava. Mi interessa l’accostamento del linguaggio del cantautorato all’elettronica, come si può ascoltare nel disco. Ho bisogno di armonia e melodia, è difficile in italiano con i testi, trovo che Riccardo Sinigallia sia bravissimo in questo.

Il disco ha richiesto molto tempo?

“E’ stato un processo abbastanza rapido. Flavio Ferri, il produttore, è uno che va a mille. Dopo un primo approccio, abbiamo lavorato in modo veloce, quattro mesi tra ottobre e gennaio. Sentivo l’esigenza di assecondare quel flusso che mi si era creato in mente, di fissare subito l’ispirazione.

Nell’album suona Antonio Aiazzi, tastierista dei Litfiba…

Antonio è una persona carina, elegante e gentile che non crea distacco. Ci siamo trovati subito. Ho suonato per la prima volta live Amandoti per voce e chitarra nell’aprile del 22 quando aprivo un concerto a Bassano del Grappa per il suo gruppo con Gianni Maroccolo e Flavio e De Tassis. Poi ho messo il pezzo tra le proposte per XFactor e con Flavio l’abbiamo lavorata, riarrangiata, sporcata per farla uscire come singolo. Sul disco invece Antonio ha deciso di intrecciarle addosso la fisa. Io e lui l’abbiamo suonata insieme ad un concerto di artisti prodotti da Flavio al Teatro Marchionneschi di Guardistallo.

E’ un pezzo che ami molto e hai deciso di includere nell’album, l’unico non ispirato dall’aura.

Per me resta la fine di una storia e, contemporaneamente, lo sviluppo di un percorso denso e già da tempo alla ricerca di stimoli.

Hai anche partecipato ad X Factor. Come è stata l’esperienza?

Interessante. Ti mettono in condizione di imparare a gestire dinamiche legate all’ego. E’ un bel mezzo per arrivare a tanta gente, è stata forte la contaminazione con altri ragazzi che praticano musica differente e tentano di arrivare al tuo stesso obiettivo. Il talent è una grande macchina per accendere la luce su un progetto, ma non va considerato un punto d’arrivo.

Porterai in tour il tuo disco?

Sto gestendo la questione concerti con il mio manager, Marco Olivotto. Stiamo lavorando senza booking e ne cerchiamo uno serio. Certamente, stiamo fissando le date estive e quelle autunnali che avranno una dimensione più teatrale. Intanto ho esordito il 21 aprile al Teatro Pergolesi di Iesi che è la mia città, dove mi sono trasferita da piccolissima con la famiglia da Milano. E’ stato molto bello, teatro pieno e pubblico partecipe, però giocavo in casa Spero sia così anche nel resto di Italia. Sul palco sono in perfetta solitudine: voce, chitarra, looper e sensori per riprodurre certe sonorità del disco. Insomma, me la suono e me la canto…

(la foto di Taléa è di Marco Pacini)

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