Ry Cooder non è solo un chitarrista eccezionale dal suono inconfondibile, è anche l’enciclopedia vivente della musica popolare americana contemporanea. Ha lavorato su alcuni dei dischi più importanti della storia del rock, ha composto colonne sonore per film celebri, ha esplorato e studiato anche le musiche del mondo, da quella hawaiiana a quella cubana fino a risalire alle radici africane del suono blues. Indubbiamente un personaggio cardine dell’American Music e non soltanto. Da solo o con Taj Mahal nei Rising Sons, con John Hiatt nei Little Village o con i Buena Vista Social Club, nella sua lunga carriera ha segnato buona parte della storia della musica popolare.
Ryland Cooder è nato a Los Angeles il 15 marzo 1947 da padre americano, Bill, e madre di origini italiane, Emma Casaroli, ma è cresciuto a Santa Monica dove si è diplomato all’high school nel 1964. Bambino prodigio, a tre anni inizia a suonare la chitarra da autodidatta. A quattro anni per un incidente con un coltello è costretto a portare un occhio di vetro. Sarà lo spagnolo Vincent Gomez ad introdurlo nel mondo della musica.
Negli anni Sessanta, da adolescente suona in trio con Bill Monroe e Doc Watson, applicando accordi tipici del banjo alla chitarra. Comincia ad attirare l’attenzione per il suo lavoro con la Captain Beefheart Magic Band in Safe as Milk (1967) dopo aver dato vita ai Rising Sons con il bluesman nero Taj Mahal. Il gruppo aveva inciso un solo singolo, Candy Man ed un album omonimo che vedrà la luce solo nel 1992, ma è importante per capire le origini musicali di Cooder.
Ry abbandonerà la Magic Band dopo il famoso incidente al Monterey Pop quando Don Van Vliet (Captain Beefheart) si blocca improvvisamente e si tuffa da un palco di tre metri, atterrando sul manager Bob Krasnow. Dirà più tardi di aver visto una ragazza tra il pubblico trasformarsi in pesce, con bolle che le uscivano dalla bocca. Erano anni così. Ma Cooder decide che ne ha abbastanza e pianta in asso la band sul palco.
Lavora poi con Randy Newman sul suo secondo album 12 Songs e con Van Dyke Parks che poi arrangerà il suo One Meatball
In questo periodo si dedica molto all’attività di session man per i Rolling Stones, sono suoi il mandolino di Country Honk su Let it Bleed (1969) e la chitarra slide di Sister Morphine in Sticky Fingers (1971). E di quei tempi il disco Jamming with Edward! (1972) in cui suona con Mick Jagger, Nicky Hopkins, Charlie Watts e Keith Richards. Contribuisce anche al primo singolo di Jagger, Memo from Turner (1970) scritto per il film Performance interpretato dallo stesso Mick.
Collabora anche con Lowell George e i Little Feat suonando su Willin’ nel primo album del 1971 durante l’infortunio alla mano del leader. Suona anche chitarra bottleneck e mandolino su un paio di tracce di If You Could Read My Mind (1970) del cantautore Gordon Lightfoot. E’ richiestissimo in studio per la sua versatilità e padronanza musicale.
Negli anni Settanta realizza per la Reprise/Warner una serie di album dimostrativi del suo stile chitarristico in cui esplora i generi e recupera e aggiorna vecchie canzoni popolari. E’ del 1972 il suo esordio da solista, Into the Purple Valley in cui sceglie strumentazioni e arrangiamenti insoliti per proporre brani di blues, gospel, calypso e country, secondo quella mescolanza di generi che sarà la sua caratteristica. Tra di essi spicca How Can You Keep on Moving, una canzone folk del 1930 di Agnes Sis Cunnigham su come venivano accolti malvolentieri gli abitanti dell’Oklahoma che migravano nella Dust Bowl ai tempi dell Grande Depressione
Cooder è un capace meccanico della musica, capace di prendere vecchie carcasse e trasformarle in ruggenti fuoriserie, dotato di un’abilità artigianale non comune che ne fa un artista unico nel panorama rock . Gli album degli anni Settanta, con l’eccezione di Jazz (dedicato al ragtime) non sono espressione di un singolo genere, ma il risultato di una felice mescolanza.
Si può dire comunque che l’esordio Ry Cooder sia soprattutto dedicato al blues, Boomer’s Story e Paradise and Lunch al folk blues, Chicken Skin Music e il live Showtime al tex mex e allo stile hawaiiano, Bop Till You Drop al rythm and blues anni 50, mentre Borderline e Get Rythm sono più orientati al rock.
Bop Till You Drop (1979) è anche il primo album di musica pop registrato digitalmente, usando il sistema 3M di mastering e contiene il suo primo grande hit, una versione r&b di Little Sister, successo di Elvis Presley dei Sessanta.
Cooder è un musicista lontano dal successo di massa, apprezzato da coloro che amano la musica senza etichette, liberamente a cavallo tra i generi. Suona la chitarra su Full Force Gale di Van Morrison nell’album Into the Music (1979) e ha collaborato con Judy Collins nei concerti del 1970 e sul disco Living (1971) tratto da quel tour.
Ha anche scritto importanti colonne sonore. Quella di Paris, Texas di Wim Wenders è ispirata a Dark Was the Night di Blind Willie Johnson, brano che Cooder ha definito “il pezzo più ricco di anima e trascendente dell’intera musica americana”. Nel 2018 disse a BBC Radio 4: “Wenders ha fatto un gran lavoro catturando i suoni ambientali del deserto con un registratore Nagra. Più tardi scoprii che sono in chiave di Sol bemolle. E’il vento, sai, è bellissimo. Così abbiamo fatto tutto in quella chiave.
Cooder ha composto il soundtrack per molti film di Walter Hill: I cavalieri dalle lunghe ombre (1980), I guerrieri della palude silenziosa (1981), Strade di fuoco (1984), Johnny il Bello (1989), Trespass (1982) e Last Man Standing (1996). Su Crossroads (1986), sempre di Hill, sono sue le parti di chitarra blues suonate da Ralph Macchio anche nell’epico duello con il diavolo rappresentato da Steve Vai. Ha composto anche le musiche di Primary Colors di Mike Nichols (1998).
Nel 1985 collabora con Kim Carnes alla canzone Rough Edges sul suo album Barking at Airplanes e lei riconoscente chiamerà il figlio Ry in suo onore. Tre anni dopo produce il documentario di Les Blank Ry Cooder & The Moula Banda Rhythm Aces: Let’s Have a Ball dove suona con artisti famosi in vari generi musicali.
E’ pronto per la sua esplorazione delle musiche del mondo. Che inizia nel 1993 con Meeting By The River, album in cui collabora con il figlio Joachim alle percussioni e il musicista indostano V.M. Bhatt, vrtuoso della Mohan Veena, una chitarra semiacustica modificata a 20 corde e Sukhvinder Singh Namdhari detto Pinky Tabla Player.
Nello stesso anno lavora con il musicista del Mali Ali Farka Toure a Talking Timbuktu, di cui è anche produttore. L’album esce nel 1994 e vede il contributo di Jim Keltner alla batteria, Clarence Gatemouth Brown alla chitarra, John Patitucci al basso e percussionisti africani come Hamma Sankare e Omar Toure. Entrambi i dischi vincono un Grammy nella sezione world music nel 1994 e nel 1995.
Cooder lavora anche con cantanti di gola tuvani per la colonna sonora del film Geronimo (1993), neanche a dirlo di Walter Hill. Nel 1995 suona al concerto Dreams Come True, versione musicale del Mago di Oz al Lincoln Center di New York per beneficenza al Children’s Defense Fund. La performance viene ripresa dalle tv TBS e TNT e diventa un dvd nel 1996.
Alla fine degli anni Novanta contribuisce alla diffusione della musica cubana collaborando con Compay Segundo e altri anziani musicisti dell’isola al progetto Buena Vista Social Club, film di Wim Wenders del 1999 che viene candidato all’Oscar e relativo disco. Cooder produce e si becca una multa di 25 mila dollari per aver violato l’embargo Usa a Cuba, ma intanto lancia gli arzilli vecchietti in tutto il mondo.
Poi entra nel terzo millennio con Chavez Ravine (2005) una sorta di opera musicale sull’enclave messicana di Los Angeles che la casa discografica lancia come “un racconto del dopoguerra americano tra ragazzi in gamba, radio, avvistamenti di Ufo, J. Edgar J.Hoover, cicatrici e baseball”. Usando personaggi reali e immaginari, Cooder e i suoi ricreano vari aspetti di vita della povera ma vibrante comunità di chicanos che ora non esiste più. Ry dice: “Eccovi un po’ di musica da un luogo che non conoscete, una strada su cui non andrete. Chavez Ravine, dove i marciapiedi finiscono”
In questo viaggio tra le varie correnti musicali di Los Angeles, conjunto, r&b, latin pop e jazz, Cooder e i suoi amici evocano i fantasmi di una Los Angeles latina a metà del secolo. Nell’album di quindici brani cantati in spagnolo ed inglese, Cooder è affiancato da leggende di East L.A come il patriarca della musica chicana Lalo Guerrero, dal re del Pachuco boogie Don Tosti, da Littlie Wille G, frontman dei Thee Midniters e da Ersi Arvizu (The Sisters) e El Chicano
Il successivo disco My Name is Buddy (2007) racconta la storia di Buddy Red Cat che viaggia e vede il mondo in compagnia di Lefty Mouse e Rev. Tom Toad. E’ una parabola del progressivismo della classe operaia nella prima metà del ventesimo secolo e c’è una canzone dedicata all’eroe unionista Joe Hill. Il disco è accompagnato da un libretto con le illustrazioni di Vincent Valdez per ogni brano che forniscono un contesto addizionale alle avventure di Buddy. Nello stesso anno Cooder produce l’album We’ll Never Turn Back di Mavis Staples dedicato ai gospel per il movimento dei diritti civili con alcune canzoni scritte da lui.
L’anno dopo pubblica l’ album I, Flathead sulla cultura delle corse di dragster degli anni Sessanta nelle pianure desertiche del Sud California. C’è anche una versione deluxe con storie scritte da lui per accompagnare la musica.
Nel 2009 va in tournée con Nick Lowe tra Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Suonano canzoni di Lowe e materiale di Cooder soprattutto degli anni Settanta, con loro Joachim Cooder alle percussioni, Juliette Commagere e Alex Lilly ai cori. In quel periodo, la canzone Diaraby scritta con Touré viene scelta come sigla per il geo quiz di The World, programma di Public Radio International.
Sempre nel 2009 appare con Van Dyke Parks e Bob Dylan in The People Speak, un documentario che rende in forma teatrale e musicale diari,lettere e discorsi di gente comune, basato sul libro A People’s History of The United States dello storico Howard Zinn. Suonano Do Re Mi e altre canzoni di Woody Guthrie, il cantore dell’America della Grande Depressione maestro di Dylan.
Va anche in tournee con la band nortena dei Los Tigres del Norte con i quali inciderà il disco San Patricio dei Chieftains (2010) insieme a Linda Ronstadt, Van Dyke Parks, Liam Neeson e Los Centonzles.
Nel giugno 2010, in risposta ad una delle leggi più restrittive sull’immigrazione, registra il singolo Quicksand, storia di messicani che cercano di raggiungere l’Arizona clandestinamente attraversando il deserto. Segue il disco Pull Up Some Dust and Sit Down (2011), acclamato dalla critica, che contiene canzoni politicamente impegnate come No Banker Left Behind ispirata da un articolo del giornalista Robert Scheer.
Cooder si diletta anche a scrivere, non solo brani. Nel 2011 pubblica anche i racconti brevi Los Angeles Stories, sulla vita nella megalopoli tra gli anni Quaranta e Cinquanta. I personaggi del libro sono per la maggior parte talentuosi o abili, intelligenti o gran lavoratori che vivono in condizioni umili, Titoli come La vida es un sueno e Kill me, por favor, hanno un netto sapore ispanico e il libro parla anche dei latinos che vivevano a quel tempo nella L.A. già cantata in Chavez Ravine.
Secondo un articolo di American Songwriter del 2012, i lavori recenti di Ry Cooder hanno assunto un sapore allegorico e sociopolitico. Il giornalista musicale Evan Schlansky scrive che il suo Election Special dello stesso anno “Non usa mezzi termini. Manda un messaggio preciso ai Diaconi dell’Alta Chiesa del Prossimo Dollaro” L’album supportare la rielezione di Obama a presidente.
Nel settembre del 2013 pubblica il disco Live in San Francisco con i Corridos Famosos, vale a dire il figlio Joachim alle percussioni, Robert Francis al basso, i vocalist Terry Evans, Juliette Commagere e Arnold McCuller, il suonatore di accordion Flaco Jimenez e la brass band messicana La Banda Juvenil. Registrato alla Great American Music Hall di San Francisco nel 2011 è il secondo live ufficiale dopo Showtime del 1997, anch’esso registrato in quella sala.
Nel 2015 Ry Cooder va in tour con il musicista bluegrass Ricky Skaggs , la cantante Sharon White e altri componenti dei The Whites in un progetto chiamato significativamente Music for the Good People che si protrarrà per tutto il il 2016.
A maggio 2018 realizza il suo nuovo album solo dopo sei anni. Si chiama Prodigal Son e mette in mostra tutta la capacità strumentale ma anche di esprimere emozioni in musica di Cooder, rifacendosi alle radici dell’American Music in un contesto moderno. Nel tour che segue è sempre accompagnato dal figlio Joachim alla batteria. Nel 2019, prima che il mondo si fermasse per il covid, aveva girato brevemente per gli States con Rosanne Cash in un un tributo a Johnny Cash chiamato “Cooder and Cash on Cash”.
Il 2022 lo ha visto tornare in sala di registrazione con il vecchio compagno di avventure Taj Mahal per un disco di blues puro: Get On Board: The Songs of Sonny Terry & Brownie Mcghee. E’un omaggio appassionato a due grandi bluesman del passato che va ad arricchire una discografia davvero straordinaria nel suo eclettismo.
Le storie musicali di Ry Cooder per ora si fermano qui. Finché gli verrà voglia di raccontare la prossima. Cooder è un artista raffinatissimo e creativo che ha saputo liberarsi molto presto dai condizionamenti delle case discografiche per esprimere la sua musica in modo assolutamente autonomo. Ha ottenuto nella sua lunga carriera ben sei Grammy Awards (importante che un musicista non commerciale abbia ricevuto questi riconoscimenti) e due lauree honoris causa, una dalla canadese Queen’s University e l’altra dal California Institute of Arts. Giusto premio ad un lavoro di grande importanza culturale, non solo musicale.
ascolti
- Into the Purple Valley (1972)
- Bop Till You Drop (1979)
- Get Rythm (198
- Talking Timbuktu (1994)
- Chavez Ravine (2005)
- Prodigal Son (2018)
parole
Los Angeles Stories (Elliott edizioni, 2011)
visioni
- Paris, Texas () di Wim Wenders
- Buena Vista Social Club () di Wim Wenders
- I guerrieri della palude silenziosa () di Walter Hill
- Crossroads () di Walter Hill
- People Speaks () di Les Banks