Ryūichi Sakamoto, passione ed estro di un genio assoluto fra classicismo e sperimentazione

La maestosità del genio è immortale ai nostri occhi. I nostri eroi finiscono per apparirci come dotati di capacità ultraterrene in grado di resistere alla morte. E in un certo senso il genio è veramente immortale e resta nelle nostre vite anche quando il corpo abbandona questa terra. Non è facile lasciar andare il maestro Ryūchi Sakamoto. Non lo è perché la sua era una mente superiore che ha illuminato il mondo della musica e dell’arte. Perché aveva un animo gentile, una mente pulita ed era un uomo incredibilmente coraggioso, sempre capace di lottare per le sue idee. E perché la sua presenza musicale negli anni ci ha accompagnati a volte in maniera plateale, a volte in sordina, ma ha finito per camminarci accanto segnando i nostri ricordi.

Ryūichi Sakamoto nasce il 17 gennaio del 1952 a Tokyo. Consegue il Bachelor Degree all’Università Delle Belle Arti e Musica di Tokyo con una specializzazione sulla musica etnica ed elettronica. Nonostante la formazione classica, Ryūichi esprime fin dapprincipio un interesse spiccato per le contaminazioni, manifestando la sua totale apertura mentale per la sperimentazione. Ed è proprio la sua capacità di mettersi in gioco, di depositare totalmente il proprio talento nelle mani della musa ispiratrice che lo ha reso un musicista unico e un maestro per le generazioni successive.

La sua esperienza giovanile con la Yellow Magic Orchestra ha fin da subito evidenziato la sua capacità di spaziare fra i suoni in un mix elettronico che successivamente avrebbe influenzato l’hip hop, la techno e la musica house. “Un sintetizzatore va più veloce delle mie dita” spiegava mostrando una breve sequenza di note riprodotte in velocità manuale e poi sintetizzate dal computer.

La band, a sua volta influenzata da Moroder e i Kraftwerk, si garantì un enorme successo in Giappone, ma godettero anche di una vasta popolarità in Europa e negli Stati Uniti. L’album Solid State Survivor segna in qualche maniera una nuova era in cui il suono viene manipolato e scandisce ritmi veloci fino ad allora inesplorati. Rydeen è uno degli esempi di quella tipologia musicale che negli anni a venire verrà più volte campionata per i videogiochi. In Technopolis invece è possibile intravedere le radici di quella che sarà la musica techno.

Qualche anno dopo la band si scioglie e nel 1980 Ryūichi pubblica il suo album solista B-2 Unit. La sperimentazione lo spinge in una dimensione in cui l’elettronica esplora nuovi spazi creativi e i suoni vanno a comporre un insieme innovativo e futuristico. In Riot in Lagos i suoni di rimbalzo e i battiti meccanici diventano un esempio che avrebbe ispirato la prima musica elettronica e la stessa hip hop in artisti come Thomas Dolby. L’album fu inserito dalla rivista ‘The Guardian’ fra i 50 eventi chiave nella storia della musica dance.

https://youtu.be/B-OpVy_X7UM

Il 1983 è uno degli anni più importanti della gloriosa carriera di Ryūichi. Recita al fianco di David Bowie nel film di Nagisa Oshima Merry Christmas Mr. Lawrence. Il poliedrico Ryūichi offre un’interpretazione del giovane comandante Yonoi che non ha nulla da invidiare a quella magistrale di Bowie, che interpreta il maggiore inglese Celliers. Il tema principale è lo scontro fra due culture, quella orientale e quella occidentale, sullo sfondo della crudeltà di un campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale. La colonna sonora, composta da Sakamoto, lo consacra al successo internazionale con l’indimenticabile tema di Forbidden Colours cantato da David Sylvian.

L’unione della melodia neo-classica si mescola ai sapori etnici ed orientaleggianti in un mix moderno e straordinario. Il brano è di una modernità disarmante e al tempo stesso resta sospeso, quasi senza tempo, e ancora oggi ha una forza impressionante nel suscitare un sentimento di pathos in chiunque lo ascolti. Uno dei temi scottanti del film era la riprovazione dell’omosessualità nella cultura orientale. La disperazione che trapela dalla melodia del tema principale, è accentuata nella versione cantata dalla voce intensa e lamentosa di Sylvian.

Nel documentario Coda del 2017, Ryūichi suona questo tema per gli sfollati della tragedia di Fukushima. È difficile descrivere a parole quanto il momento sia toccante: la versione strumentale con piano, violino e violoncello è qualcosa che commuove e al tempo stesso accarezza. È la forza della musica che riesce a portare conforto più di qualunque parola pronunciata. “Era il mio debutto come attore e anche come compositore. Mi ritrovai a recitare a fianco di David Bowie e cercai di fare del mio meglio, anche se non fu facile. Non ero bravo a recitare. Ma fu grazie a quel film che poi conobbi Bernardo (Bertolucci). Mi disse che la scena tra me e David era la scena d’amore più bella di tutti i tempi…”.

La conoscenza del regista Bertolucci lo fece approdare ad una nuova esperienza come attore e compositore nel 1987 nel film L’ultimo imperatore. Collaborò con David Byrne alla colonna sonora, un lavoro a dir poco straordinario, destinato a passare alla storia della musica moderna e non solo per essersi aggiudicato l’Oscar come migliore colonna sonora nel 1988. Nella memoria comune resta il main theme di apertura di Byrne, ma il nostro cuore non può dimenticare l’intensità emotiva di Rain.
La scena è quella in cui la prima moglie chiede il divorzio all’imperatore ormai destituito: è il dramma di una relazione esacerbata, di un mutamento storico che incalza e trascina in avanti nonostante le resistenze di chi non vuol cambiare. Ryūichi traduce abilmente quella tensione in un movimento di archi che sfocia in un sentimento di liberazione, lo stesso della protagonista che rinuncia a ripararsi dalla pioggia che bagnandola benedice la sua libertà .

Nel 1990, sempre per Bernardo Bertolucci, Ryūichi scrive la colonna sonora del film Il tè nel deserto.
Il film racconta la drammatica storia di Kit Tunner, interpretata da Debra Winger, che parte per l’Africa nel tentativo di ritrovare la creatività e l’intesa perduta col marito, ma finisce per restare vedova e smarrirsi nel deserto e nelle proprie insicurezze personali. Ryūichi cuce attorno a questa storia una melodia dolce e straziante che esalta il sentimento di isolamento così precisamente scolpito negli sguardi dei protagonisti. C’è un tragico senso di perdizione che si riesce a cogliere nella magia del suo pianoforte. Nel 1991 compone la colonna sonora della commedia Tacchi a Spillo di Pedro Almodóvar, mostrando ancora una volta la sua capacità di sintonizzare le sue melodie sinfoniche su una una trama dagli aspetti grotteschi e a tratti drammatici. 

E ancora nel 1993, sempre per Bertolucci, ecco la colonna sonora del film Piccolo Buddha.
Questo lavoro ha un’architettura complessa in cui sonorità tradizionali dell’Oriente, come in Faraway song, si mescolano ad aperture sinfoniche, come in Red Dust. Ci sono anche richiami più espliciti alle cavalcate sonore più tipiche di Morricone, altra sua musa ispiratrice dichiarata, come in Victory.
È incredibilmente difficile racchiudere in poche parole l’infinita produzione musicale di Ryūichi, ma fra i lavori personali dei primi anni novanta voglio ricordare l’album Sweet Revenge. Nel brano d’introduzione di soli due minuti Tokyo Story, la melodia classica si mescola all’elettronica e ogni suono trova il suo spazio in un’armonia perfetta. C’è spazio anche per brani come Moving On e Regret rimarcate da sonorità pop e hip hop.

La versione giapponese dell’album, a differenza di quella europea, conteneva la traccia Psychedelic Afternoon frutto di una nuova collaborazione con David Byrne, autore del testo. Le due menti geniali danno vita ad un brano dai toni pop che, attraverso gli occhi di un bambino, descrive la figura bizzarra di un nonno sessantottino figlio dei fiori. Ciò che rende peculiare la versione originale di Sakamoto, da lui stesso interpretata, è la contaminazione con ritmi tipici della bossa nova brasiliana. Nel 2011 i due artisti decidono di reincidere il brano e accompagnarlo con un videloclip animato per una raccolta di fondi da destinare agli sfollati del terremoto di Tōhoku. Questa volta il brano ha un arrangiamento decisamente più pop e viene interpretato da David Byrne. 

Nel 1995 l’album Smoochy rimarca l’interesse per le contaminazioni con i ritmi neo-latini. Tango ripercorre atmosfere musicali tradizionali con un testo che mescola il giapponese allo spagnolo.

Nel dicembre del 1996 Ryūichi compone una delle sue più belle opere per orchestra, Discord.
I quattro movimenti (Dolore, Rabbia, Preghiera e Salvezza) si succedono in una magia mistica che racchiude la complessità dell’essere umano, che cerca di elevare la propria esistenza. Il tema è la sofferenza e la fame nel mondo, l’inerzia dell’uomo, la rabbia del singolo impotente, la preghiera che qualcosa cambi e il desiderio di salvezza.  “Non sono emozioni”, spiega Ryūichi. “Sono stati dell’essere. È una grande sfida. I temi della Preghiera e della Salvezza sono nati dai sentimenti di tristezza e frustrazione che ho espresso nei primi due movimenti, sul fatto che le persone stanno morendo di fame nel mondo e non siamo in grado di aiutarle. Non religioso, ma forse spirituale. La preghiera è per chiunque o qualsiasi cosa tu voglia nominare”.

Nel 1999 pubblica uno dei lavori più emozionanti ed uno dei miei preferiti in assoluto, il primo solo-pianoforte, BTTB. L’acronimo sta per Back to the Basis. L’album nasce da un EP che contiene il fortunato capolavoro Energy Flow. Il ritorno alla melodia del classico, alle armonie di Debussy, che Ryūichi non ha mia fatto mistero di amare, genera atmosfere malinconiche e cupe tipiche del simbolismo romantico. Con illuminata genialità Ryūichi tocca le corde più profonde dell’animo umano in un brano che esprime il suo potere proprio nella capacità di arrivare direttamente al cuore della gente. Nell’album è contenuto anche Aqua, passaggio altrettanto maestoso e malinconico con caratteristiche più spirituali che elevano l’animo in una dimensione panteistica, alla ricerca di un significato più profondo di ciò che ci circonda. Sonatine richiama temi più cari a Satie ed è caratterizzato dalla medesima spigolosità nei suoni. L’album è senz’altro un crocevia obbligato per chi vuole conoscere la grandezza del maestro Sakamoto. 

Agli inizi degli anni 2000 si unì al violoncellista Jaques Morelenbaum e a sua moglie Paula per un omaggio ad Antonio Carlos Jobim, pioniere della bossa nova. Gli album Casa e Live in Tokyo, rappresentano tuttavia qualcosa di più di un semplice riconoscimento. Il mix di atmosfere latine, melodie classiche e coloriture jazz ridà una nuova vita ai classici di Jobim. Un esempio ne è lo splendido remake di Insensatez o dell’ancor più celebre Desafinado. L’ispirazione per il primo dei due album era nata per caso nella dimora del maestro Jobim deceduto solo pochi mesi prima. Ryūichi sedette al piano che nessuno aveva toccato dalla morte di Jobim e la magia della musica generò il desiderio di quel progetto. Il secondo album è stato registrato in studio in un solo giorno a New York, ventiquattro ore dopo la conclusione del loro tour internazionale. 

Difficile ricordare tutte le colonne sonore a cui Ryūichi ha collaborato negli anni. Ma come non menzionare quella per il film Tony Takitani del 2005, tratto da un racconto di Haruki Murakami. Il film è la narrazione di una storia di solitudine, della perdita e del tentativo goffo e tragico di negare l’assenza di chi ci ha abbandonato. Nel tema principale, Solitude, c’è un senso di isolamento schiacciante, doloroso e commovente. È uno dei momenti musicali più riusciti e toccanti di tutta la sua produzione.
È un’emozione così diretta che toglie il fiato e scioglie le lacrime.

Nel 2007 compone la colonna sonora di Seta di François Girard, tratto dall’omonimo best seller di Alessandro Baricco. Ancora una volta con infinita sapienza Ryūichi riesce a costruire un tema sinfonico che mantiene viva la tensione e il mistero nella narrazione di un amore impossibile. C’è di nuovo lo scontro fra le due culture, quella occidentale e quella orientale, alla base del racconto e le musiche di Ryūichi mescolano come sempre melodie neoclassiche con coloriture dell’est in un mix che è ormai la sua impronta digitale. 

Era uno stakanovista o più probabilmente un visionario profondamente innamorato della musica, che non avvertiva la fatica nel fare ciò che più amava. Lavorava, per sua ammissione, per otto ore al giorno. Ha collaborato con diversi artisti fra cui Alva Noto e Fennesz dando vita a produzioni alternative e ambient di tutto rispetto. Pluripremiato con Oscar e Grammy, nel 2013 fece parte della giuria del settantesimo Festival del Cinema di Venezia, diretta da Bertolucci. Fu un’occasione per incontrarsi per i due luminari che si erano sempre apprezzati reciprocamente. 

Nel 2014 gli fu diagnosticato un cancro alla gola. Ryūichi ha affrontato la malattia con coraggio, non ha mai mollato perché voleva vivere. “Il pensiero del cancro non mi ha mai attraversato. Perciò quando ho ricevuto la diagnosi ho avuto la tipica reazione. Non potevo venire a patti con questa cosa. Mi sembra ancora come uno scherzo ad essere onesti” diceva nel 2017, nonostante subisse le conseguenze con una deglutizione al settanta per cento ed una terapia con pesanti effetti collaterali. “Da quando è iniziata la mia carriera non sono mai stato fermo così a lungo. Ora, a un anno dall’inizio del trattamento mi chiedo se mi stia facendo bene. Non lo so, se ancora non riesco a lavorare. D’altronde ho bisogno di fare tutto ciò che posso per prevenire una ricaduta. Se non seguo completamente il trattamento, sicuramente me ne pentirò”.

Eppure ritorna alla grande musica nel 2017 con la colonna sonora del film Il redivivo di Alejandro Gonzales Inārritu. Il movimento sinfonico segue il ritmo della narrazione creando un misto di tensione e sofferenza in perfetta sintonia con le epiche avventure del protagonista. Il 2017 è anche l’anno dell’album Async in cui Ryūichi fonde la coralità della musica classica tipica di Bach a sonorità elettroniche in un quadro sinfonico di elevato pregio. Andata è un movimento straziante, che a risentirlo ha quasi il sapore di un requiem, ma in realtà racchiude il mistero del tempo che scorre in una dimensione continua e surreale. Era affascinato all’epoca dal vecchio film di fantascienza Solaris di Andrej Tarkovskij, che affrontava in chiave surreale il tema della morte e della separazione. Riprese il tema musicale della colonna sonora nel brano Solari, riproponendolo in chiave elettronica ma conservando comunque la coralità sinfonica dell’originale che si ispirava a Bach.

Ha composto ancora colonne sonore negli ultimi anni della sua vita e fra queste voglio ricordare quella del film Il caso Minamata del regista Andrew Levitas nel 2020. Il tema musicale principale è un assolo di piano dolcissimo e straziante. Il film, interpretato da Johnny Depp, racconta la storia di un fotografo di guerra sulla via del declino che avvia un’indagine su un possibile avvelenamento da mercurio degli abitanti della cittadina di Minamata. Un argomento caro all’attivista Ryūichi che già da anni era membro di un’organizzazione anti-nucleare ed era un convinto attivista della difesa ambientale. 

Nella sua lunghissima carriera musicale Ryūichi si occupò anche di videogiochi. Nel 1989 il primo videogiochi su CD-ROM, Far East of Eden, era stato musicato proprio da lui. Più avanti compose i tappeti sonori di videogiochi come Dawn of Mana, Seven Samurai e Lack of Love. Ma soprattutto Ryūichi diede vita al suono che avviava le console SEGA Dreamcast, qualcosa con i cui i giocatori incalliti avranno quotidianamente convissuto e conservato nella propria memoria.

Nel settembre del 2022 aveva annunciato di aver musicato la serie-anime horror Exception per Netflix. “Ho sempre amato la fantascienza e quando ho letto la sceneggiatura mi è venuta voglia di vederla realizzata sullo schermo. Volevo che il tema principale fosse un pezzo sinfonico del genere che ormai è diventato un punto fermo della fantascienza, da Guerre Stellari in poi. Ho voluto che la colonna sonora nel complesso creasse un’atmosfera cupa e ho cercato di fare in modo che sembrasse un unico brano musicale piuttosto che suddividerla per scene”.

Nel documentario Coda del 2017 Ryūichi ammetteva “Non so quanto mi resta da vivere. Potrebbero essere dieci anni o uno solo. Non ho nessuna certezza. Ma so che voglio fare più musica. Musica che non mi vergognerò di essermi lasciato alle spalle”. Il 2 aprile è stata diffusa la notizia della sua morte avvenuta il 28 marzo. Se n’è andato dopo una lunga battaglia con il cancro che ha combattuto come il più coraggioso dei samurai. Nel 2021 gli era stato diagnosticato un nuovo tumore, ma lui non si era arreso e ha lavorato fino alla fine. 

12 è il suo ultimo lavoro ed a tutti gli effetti il suo testamento musicale e spirituale. È la naturale prosecuzione di Async, ma in un certo senso rappresenta il devastante momento che ha vissuto nel cercare di combattere e al tempo stesso convivere con la malattia. I titoli dei brani sono sequenze di numeri e si susseguono definendo un fiume di emozioni che si alternano dallo smarrimento alla desolazione, dalla rabbia alla speranza. Al pianoforte spesso si aggiungono frammenti di rumore dell’ambiente. “Il mondo è pieno di suoni e normalmente non li consideriamo musica, ma musicalmente sono dei suoni molto interessanti”. Era questa la direzione che aveva preso la sua sperimentazione: la creatività che ritorna alla natura, l’uomo che si lascia assorbire da ciò che lo ha creato e a cui è destinato a ritornare.

Sakamoto non era solo un musicista. Era una mente illuminata capace di guardare ben oltre la realtà circostante. Aveva una capacità unica di toccare le emozioni profonde e il coraggio di interrogarsi sul senso della nostra esistenza. Riusciva a guardare avanti senza dimenticare il passato e le tradizioni. E soprattutto non aveva paura di cambiare. Ci mancherà infinitamente il maestro. Mancherà il suo sorriso esitante, la sua semplicità di raccontarsi e quella determinazione che lo ha reso celebre e amato dal suo pubblico. Resterà comunque immortale la sua musica, un patrimonio di inestimabile valore che continuerà ad accompagnarci nel nostro viaggio e ad influenzare senz’altro anche le generazioni future. 

ascolti

  • Yellow Magic Orchestra – Solid State Survivor (1979)
  • Ryūichi Sakamoto – Furyo, Merry Christmas Mr. Lawrence (soundtrack, 1983)
  • Ryūichi Sakamoto, David Byrne & Cong Su – The Last Emperor (soundtrack, 1987)
  • Ryūichi Sakamoto – The Sheltering Sky (soundtrack, 1990)
  • Ryūichi Sakamoto – Little Buddha (soundtrack, 1993)
  • Ryūichi Sakamoto – Sweet Revenge (1994)
  • Ryūichi Sakamoto – BTTB (1999)
  • Ryūichi Sakamoto & Morelenbaum – Casa (2001)
  • Ryūichi Sakamoto – Async (2017)
  • Ryūichi Sakamoto – 12 (2023)

parole

  • Massimo Milano – Ryūichi Sakamoto. Conversazioni (Ed. Arcana, 1998)

visioni

  • Ryūichi Sakamoto: Coda – regia di Stephen Nomura Schible (2017)

Ti potrebbe interessare