Gli “ingranaggi umani” di John Mellencamp, un punto di svolta per un artista senza compromessi

Human Wheels

Pubblicato nel 1993, Human Wheels rappresenta una vera e propria svolta nella vita e nella carriera di John Mellencamp.

Un traguardo artistico ed umano per un musicista onesto, integro che nel corso della sua vicenda non è mai dovuto scendere a compromessi per raggiungere il successo. Anzi, il successo, quello vero e non solo quello di classifiche dominate da stupide pop songs, Mellencamp lo ha ottenuto regalando al suo pubblico dischi destinati a durare nel tempo perché ricchi di idee, con grandi canzoni e suonati come Dio comanda.

Persino i suoi lavori più cupi e polemici, come ad esempio il poco appariscente Big Daddy, hanno incontrato buoni riscontri nonostante sputassero in maniera diretta veleno contro l’industria discografica. Basta pensare ad un brano come Pop Singer, contenuto appunto in Big Daddy, opera minore tutta da riscoprire.

Human Wheels, purtroppo, non nasce sotto i migliori auspici. Durante le prime sessions per il nuovo lavoro la band di Mellencamp perde temporaneamente, a causa di un infortunio, il bassista Toby Myers e definitivamente, per un male improvviso, il tastierista e polistrumentista John Cascella. Inoltre John inizia a manifestare i primi problemi cardiaci dovuti, in parte, alla notevole mole di sigarette che l’ex Cougar fuma quotidianamente.

Forse è solo un caso ma probabilmente sono anche questi fattori negativi che rendono Human Wheels un album dai toni splendidamente cupi. Un disco molto curato, ricco di contenuti, critiche sociali e di grandi brani suonati con assoluta maestria da una band di prima grandezza. Ogni musicista infatti si esprime al massimo delle proprie possibilità, arricchendo il disco di sfumature sofisticate che diversificano la proposta musicale di Mellencamp rispetto al passato.

Il drumming di Kenny Aronoff è più misurato e meno devastante del solito. Le chitarre, specialmente quella di David Grissom, lavorano di fino e notevole risulta l’apporto della talentuosa Lisa Germano, impegnata a destreggiarsi abilmente con vari strumenti e ad offrire la sua voce nei cori di vari brani presenti nel disco. John Mellencamp, da parte sua, completa il tutto regalando una performance vocale controllata, sicura, con cui scandisce i testi duri e realistici dei pezzi che compongono quest’opera di grandissima qualità ed attualità. Tutti i brani meritano una citazione partendo dall’iniziale When Jesus Left Birmingham, un gospel-rock assai influenzato da Sly & The Family Stone, con un testo torrido.

Con la seguente Junior, Mellencamp inizia la carrellata di perdenti della società statunitense. Lo fa con una ballata secca, con un ritornello melodico su un tappeto acustico. Il brano che intitola il disco è invece un capolavoro. Human Wheels è una meraviglia, con un arrangiamento ricco ed un inciso d’antologia che la pongono tra le vette assolute della sua produzione.

Spetta poi al semplice roots rock di Beige To Beige far calare la tensione emotiva del lavoro che riesplode subito dopo con la spietata cronaca familiare della dura Case 795 (The Family). Poi Suzanne And The Jewels e l’amara Sweet Evening Breeze rappresentano l’ideale ponte con i dischi del passato. Si tratta di due pezzi riusciti: più mosso, brioso e pieno di stacchi il primo e più meditato l’altro. La musica black ritorna poi in cattedra con la sensuale French Shoes, un ideale ponte tra I Rolling Stones e Sly Stone.

Il Mellencamp più rock esce comunque allo scoperto nella tesa e decisa What If I Came Knocking, una gemma impreziosita dalle chitarre di David Grissom e del fido Mike Wanchic, operativo anche in fase di produzione. Infine, spetta all’elegiaca e speranzosa To The River offrire ad un lavoro a tratti cupo, uno spiraglio di luce e di redenzione.

E’una degna conclusione di un’opera che riceverà, al momento della sua uscita, il plauso generale della critica. Molte testate giornalistiche di settore lo nomineranno disco dell’anno, ma la risposta del pubblico non sarà molto calorosa a causa della scarsa promozione fatta dalla casa discografica colpevole, secondo l’artista, di aver boicottato e spinto poco il disco sui mercati internazionali.

A distanza di anni rimane comunque uno dei lavori più riusciti della discografia di Little Bastard. Un disco ancor oggi attualissimo per le tematiche trattate, ricco e dettato da un momento di forte ispirazione artistica.

Quell’ispirazione artistica che a John Mellencamp non è mai mancata e grazie alla quale è in grado ancor oggi di regalarci grande musica.

John Mellencamp – Human Wheels (Mercury, 1993)

Ti potrebbe interessare