Il maremmano Ivan Francesco Ballerini, giunto al terzo disco, cerca il suo spazio nel mondo del cantautorato italiano. Lo fa con un album concept che narra diversi momenti di un viaggio marino, dal titolo Racconti di mare -la via delle spezie sulle tracce di grandi autori come Fabrizio De Andrè (anche vocalmente) e Francesco De Gregori, ma aggiungendovi una decisa personalità. Dopo aver affrontato nel precedente lavoro un personaggio come Cavallo Pazzo, eccolo alle prese con un’ altra figura storica come Vasco Da Gama, con testi interessanti su canzoni dagli arrangiamenti bene costruiti, qualità di scrittura, riferimenti folk e letterari, fatto abbastanza raro di questi tempi. Lo abbiamo intervistato.
Ad un primo ascolto del disco, si intuisce una linea di continuità con cantautori “storici” come De Andrè e De Gregori. Quali sono le sue fonti di ispirazione?
Effettivamente, avevo soltanto otto anni, e al pianoforte suonavo i brani della “buona novella” di De Andrè, e a quanto pare questo, lo stile, il modo di scrivere di questi cantautori che lei cita, mi sono rimasti fortemente impressi. Lo ritengo davvero un grandissimo complimento.
L’idea del viaggio musicale per mare, con una serie di riferimenti, è interessante. Una forma, quella del concept, piuttosto abbandonata negli ultimi anni.
Quando mi sono messo a scrivere i brani di questo mio terzo lavoro discografico, stavo lavorando su un disco che si sarebbe dovuto intitolare Incontro al Destino, in quanto ogni brano era fortemente legato a questo aspetto assolutamente imprevedibile della vita che definiamo “destino”. La taylor song l’avevo scritta dedicandola a Patrick de Gayardon, famosissimo paracadutista acrobatico francese. Poi mi capitò di leggere un bellissimo racconto sul famoso navigatore portoghese Vasco da Gama. A quel punto tutto il lavoro svolto sino a quel momento non era più di mio interesse. Decisi che avrei scritto un album tutto dedicato al mare… un viaggio in mare. Così giunto in studio di registrazione lo comunicai al mio direttore artistico Alberto Checcacci, che rimase piuttosto stupito di questo mio improvviso cambiamento di… rotta, appunto. Ma evidentemente era destino che io dovessi cambiare idea e scrivere un album sul mare. Così è nato Racconti di mare – la via delle spezie.
Come descriverebbe la sua esperienza discografica? Ci sono state difficoltà e quali? Vedo che ha pubblicato il suo primo album “Cavallo Pazzo” solo nel 2019, a più di cinquant’anni…
Ho iniziato tardi a scrivere canzoni perché nella vita ho sempre dovuto correre, sul lavoro, dietro agli impegni, senza mai avere un attimo di tempo da dedicare alla musica. Poi le cose sono cambiate. Quando è nata mia figlia ho smesso di fare il rappresentante e di correre in giro per il mondo. Insomma, per farla breve pian, piano, ho trovato il tempo da dedicare allo studio della chitarra e quindi conseguentemente tempo per scrivere. Stanco ed annoiato di suonare le stesse canzoni da quarant’anni, ho pensato che forse, fosse giunto il momento di mettersi in gioco e di condensare tutte le mie esperienze umane, scrivendo canzoni mie. E’ così che è nato Cavallo Pazzo, il mio primo lavoro discografico. Notai, con mio stupore, che fu accolto molto benevolmente dalla critica, e questo mi spinse a continuare a scrivere e a produrre di li a poco il mio secondo album, Ancora Libero. A ottobre, dopo tre anni di intenso lavoro, è uscito, per la casa discografica Long Digital Playing, questo mio terzo disco: Racconti di mare. Sono veramente molto soddisfatto, anche se per portarlo a termine ho dovuto lavorare molto, molto duramente. Gestire dieci musicisti, uno più bravo dell’altro non è stata cosa semplice.
Quanto la sua terra d’origine, l’entroterra Maremmano, fa parte delle sue canzoni?
Cavallo Pazzo inizia con queste testuali parole: “Cavalcavo nelle grandi praterie”, e a mio avviso, basta già questa frase per ritrovarsi catapultati nel vecchio West o in Maremma. La copertina, color virato seppia, fa il resto. La Maremma si trova in tutte le mie espressioni artistiche, è un territorio che ti resta stampato nel cuore indissolubilmente. Anche in questo mio ultimo lavoro si sente molto l’influenza del mio paese, il video di Al bar del porto, regia del bravissimo Nedo Baglioni, lo abbiamo girato questo giugno nella bellissima Porto Ercole, mentre il video di Angoli dimenticati nelle vie del mondo, è ambientato all’interno di una bellissima rocca abbandonata che si trova vicino a Selvena, sulle pendici del monte Amiata.
Vuole parlare dei musicisti che hanno collaborato con lei al disco?
Sono uomini eccezionali, sia da un punto di vista umano che artistico. Con Alberto Checcacci, che è il mio direttore artistico, collaboro sin dai miei esordi. A lui si sono aggiunti poi, uno ad uno, tutti gli altri: Alessandro Golini al violino, Stefano Indino alla fisarmonica, Alessandro Melani e Luca Trolli alla batteria, Silvio Trotta alla chitarra battente e al mandolino, Marco Lazzeri al pianoforte e organo hammond, Lisa Buralli voce solista e cori, Giancarlo Capo al quale ho affidato gli arrangiamenti di alcuni brani. Una squadra davvero fantastica che colgo l’occasione di ringraziare qui pubblicamente. Senza dimenticarmi del mio regista e fotografo Nedo Baglioni, di cui non potrei fare a meno e di mia figlia Eleonora, che mi segue in tutte le mie performance ed è la mia fotografa personale.
Come vede l’attuale panorama della musica in Italia?. C’è qualche artista che la ispira o che segue particolarmente?
Voglio chiudere con un po’ di sano umorismo… vedo la musica italiana in netto miglioramento da quando è apparso sulle scene un cantautore che ama scrivere, ama la vita e l’alta letteratura mondiale: Ivan Francesco Ballerini. Un artista di cui sentirete parlare nei prossimi anni.