Future Jazz Space Beat. Gianluca Petrella e il rinascimento cosmico a Bologna

Future Jazz? Space beat? Difficile trovare etichette al suono di Gianluca Petrella, protagonista con la sua Cosmic Renaissance di un concerto travolgente al Locomotiv, nel cartellone di Bologna Jazz Festival 2022. “Rinascimento cosmico”, appunto: si pesca nel passato per costruire il futuro, con intelligenza, senso enorme del ritmo, invenzioni e sorprese .

Il dj set di Khalab apre, invece di chiudere ,lo show, con il performer a suo agio tra marchingegni elettronici, loop, campionamenti e e pulsazioni beat che scalda il pubblico, per lo più under 30, avido di nuove vibrazioni. Poi la band sale zitta sul palco e ingloba il suo sound nel loro, a ritmo di percussioni (Simone Padovani e Federico Scettri) il basso di Riccardo Di Vinci che prende ritmiche jungle e fa tappeto da alla tromba di Mirco Rubegni e al trombone immaginifico del leader.

E anche la musica sale piano, ingigantendosi via via sul falsopiano punteggiato di afrobeat, scosse elettroniche e sferzate techno. Il trombone di Gianluca Petrella urla e barrisce come un elefante impazzito sfuggito al circo sulla strada per New Orleans, sale anche l’eccitazione del pubblico che muove i primi passi su questo territorio sonoro forse inesplorato, ma accogliente.

Poi, all’improvviso, come è esplosa, la musica, si placa, si distende “spazialmente” evocando suggestioni seventies, le “porte del cosmo che stanno su in Germania” ma anche nell’Egitto galattico di Sun Ra, tra Soft Machine e i primi Pink Floyd, echi di psichedelia sottile innervata costantemente da un borbottio ritmico implacabile e costante. Petrelli si diverte anche alle tastiere, sfoderando sonorità sixties punteggiate di simil-hammond, quelle che noi chiamavamo onomatopeicamente “gheghege” e ci richiamano alla memorie le colonne sonore di Neal Hefti per la serie tv di Batman o quei film dove il protagonista girava intorno a un cespuglio di more (con la musica di Traffic e Spencer Davis Group) ed era sempre giovane ed arrabbiato.

E’ musica che scivola via incessante, una colata lavica sul pubblico. Il leader si produce in un assolo da brivido, in cui tortura lo strumento per farne uscire la potentissima voce a far tremare i muri del Locomotiv che neanche un concerto metal, lascia costantamente spazio anche a Mirco Rubegni che evoca Jon Hassell (nelle esplorazioni africane) e Mark Isham (nelle atmosfere più rilassate). Mentre le luci sottolineano le impennate ritmiche sull’asse Padovani-Scettri-Di Vinci- la gente comincia a muoversi e a ballare, è jazz buono anche per il dancefloor, tirato e possente, elegante ed elettrico che smuove sensazioni ed emozioni, fa schizzare il piedino.

Finale in crescendo, dopo un’ora e mezza tiratissima, inevitabile la richiesta da parte del pubblico in piedi (non per ovazione, ma perché al Locomotiv si sta così, come all’UFO di Londra del 1967) di averne ancora. Un’esperienza unica, coinvolgente, quella prodotta da Gianluca Petrella, compositore onnivoro e intelligente, musica totale (cosmica, appunto) che trasfigura il jazz in un movimento nuovo, prendendo il meglio del passato per edificare un futuro di luce e bellezza, godimento sonoro e fisico.

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