Colto e popolare, trascinante e raffinato, Raphael Gualazzi ha affascinato il pubblico del Teatro Duse di Bologna in una cavalcata sonora tra i generi. Dal jazz alla classica, da Jelly Roll Morton a Giuseppe Verdi passando per tributi a Gianni Morandi, Ivan Graziani e Michel Petrucciani, un set divertente e a tratti sorprendente quello offerto dal cantautore-pianista marchigiano, in trio con il batterista Gianluca Nanni e il contrabbassista Anders Ulrich, ospite speciale la jazz folk singer scozzese Emma Morton.
Il Bar del Sole (titolo dell’ultimo album e del tour, omaggio al caffè di Urbino dove Gualazzi aveva cominciato) si apre proprio con Verdi, un divertissement su Vedi, le fosche notturne spoglie dal Trovatore che prelude a due composizioni del pianista, A simple song e Tuesday (“dedicata al giorno più sfigato della settimana”), cantate in inglese. Gualazzi ha la barba da serio direttore d’orchestra, ma vocalizza e gorgheggia, passa con nonchalance dai toni alti a quelli più profondi, imprime cadenze ragtime e gioca tra senso dello swing ed un pianismo veloce, a tratti potente ed esplosivo. Su di lui aleggia lo spirito del Cotton Club, hot jazz e rime baciate, testi che si sposano bene alla musica come quelli di Paolo Conte.
Un mare di luce, stavolta in italiano, si muove su toni romantici, poi dopo un gospel accorato e suggestivo Gualazzi sfodera una tecnica impressionante su Charlie Brown del grande Michael Petrucciani che manda in visibilio il pubblico, prodigo di applausi. “Siamo qui stasera in tanti, e non era nemmeno così scontato, visti i tempi”, commenta il buon Raphael. E in Quello che resta del sole proclama, significativamente “Stasera ho voglia di gridare, di cantare, di ricominciare”.
Arriva poi sul palco Emma Morton e sarà un salto indietro agli anni Venti e Trenta del jazz più glorioso, mentre lei canta splendidamente e accenna passi di charleston. La singer scozzese si inerpica poi in un suggestivo brano dai richiami celtici in cui sfodera tutte le sue capacità vocali he le hanno meritato l’European Social Sound AWard e poi duetta ancora scherzosamente con Gualazzi mentre Ulrich e Nanni pompano ritmo a dovere.
Il padre Velio Gualazzi aveva fondato con Ivan Graziani l’Anonima Sound e quindi ecco Pigro, invettiva rock dello “zio” riletta con piglio e passione mentre la morandiana Se perdo anche te viene rallentata esaltando la poesia del testo (“Accendilo tu questo sole che è spento/non èpiangerò mai sul denato che spendo) in un blues suggestivo. Ancora Verdi con un’altra rilettura, il Coro di Zingarelle e mattadori dalla Traviata, quasi tradotto in boogie. E poi ecco un bluesone lento, alla Ray Charles, con Ulrich che si prende un bell’assolo, prima di Lady-O in cui il pubblico viene invitato in un botta e risposta alla Minnie The Moocher di Cab Calloway, con gran divertimento generale.
Per il bis torna Emma Morton in Nobody But Me, ancora jazz evergreen a chiudere questa Gualazzi night nel segno dell’eclettismo musicale, delle svolte inaspettate e delle buone vibrazioni come quelle che escono dal suo pianoforte tonante ed elegante. L’Italia ha un artista quarantenne capace di svicolare a dritta e a mancina tra i generi, con gusto ed intelligenza. Teniamocelo stretto, questo Raphael.
- ph Emma Morton e Raphael Gualazzi © Lesley Martin