Due notti a Bologna con Alberto Fortis, piano e voce per cantare la poesia dell’anima

Solo al pianoforte, nell’atmosfera raccolta del Bravo Caffè di Bologna, Alberto Fortis ha dato il meglio di sé in doppia data nella città dei cantautori e della musica di qualità (“che sempre mi accoglie con grande calore”) riscuotendo un buon successo senza ricorrere troppo ai successi. Eravamo lì mercoledì 12 ottobre.

Dopo un ricordo della madre con Hey Mama, sceglie di inoltrarsi nella lunga suite Tra demonio e santità che intitolava il secondo album uscito nel 1980, in realtà il primo, che però vide la luce successivamente all’exploit di Alberto Fortis, la bomba del 1979 registrata con la PFM quasi al completo. E’ una dissertazione di oltre dodici minuti sul bene e il male, l’anoressia, il senso della vita tra sentimenti opposti che si snoda tra intermezzi pianistici, vocalizzi e canto blues. Modo non facile di iniziare un concerto, che però il pubblico del club apprezza. E’ il biglietto da visita di una serata particolare, lontana dalle hit del passato (con qualche eccezione), vicina ad un certo modo di intendere la musica come dimensione dell’anima.

Un percorso accidentato quello di Fortis, dall’acclamazione generale tra la fine dei Settanta e l’inizio degli Ottanta, all’esplorazione di nuovi territori, geografici e sonori, sempre controcorrente rispetto al mainstream, con il prezzo che c’è sempre da pagare in questi casi in termini di popolarità.

La serata, costellata da video, ondeggia tra qualche evergreen (Marilyn, mentre sullo schermo scorrono le immagini della diva, di JFK e Jacqueline, le delicatezze di Settembre), una dedica a Piero Angela, curato in gioventù dal padre medico, una One degli U2 scarnificata e tolta dal suo andamento pop un po’ risaputo per restituire tutta la bellezza del testo. Altre gemme sono Anjelitos Negros (canzone messicana del 1948 da cui Fausto Leali trasse la sua Angeli Negri) e il medley da La carta del cielo che fonde la title track con Tempo per capire, Vita che è vita, Anch’io in crescendo emozionale.

Precede l’inevitabile bis la proiezione del video Venezia in cui Fortis dimostra il suo interesse per le arti visive unite alla musica, canzone nuova e immagini girate tra palazzi e maschere di carnevale.

Poi si risiede al piano per una lunga introduzione in cui spunta la bellissima Forbidden Colours di Ryuichi Sakamoto che prelude a La sedia di Lillà, canzone sulla sofferenza che viene dal cuore e chiude il set tra gli applausi, sempre amatissima dal pubblico.

Artista sensibile, cordialissimo con i fan nel dopoconcerto, anche se visibilmente stanco dopo quasi due ore di saliscendi tra piano e voce senza risparmio, Fortis è uno dei cantautori italiani più originali emersi alla fine dei Settanta, capace continuamente di reinventarsi, superare frontiere e pregiudizi e scoprire e farci scoprire nuovi tesori sonori.

  • grazie a Francesca Zappa e Maurizio Parietti (foto) per la collaborazione

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