PFM a Bologna, Premiata Orchestra Italiana tra classici, De André e Philip K. Dick

La PFM ha suonato spesso con un’orchestra (vedi In Classic), ma è essa stessa un’orchestra. Se ne è avuta la dimostrazione a Bologna, in un Europauditorium da 1700 posti affollato e contento che alla fine ha tributato una standing ovation al più vivo e vegeto dei gruppi storici del rock italiano.

Un’orchestra affiatata e coesa, con il nucleo principale (Franz Di Cioccio, Patrick Djivas, Lucio “Violino”Fabbri) affiancato da più giovani in gambissima, come Marco Sfogli (chitarra), Alessandro Scaglione (tastiere) ed Eugenio Mori che si assume la batteria quando Di Cioccio sale al proscenio per cantare, ma non solo. E soprattutto Luca Zabbini, special guest e vera sorpresa della serata, cantante e polistrumentista che all’inizio si era esibito con il suo Barock Project in un prog rock sinfonico dagli accenti moderni e quasi metal.

La PFM è un’orchestra che esegue i suoi brani assurti allo status di classici, come Bach, Beethoven e Brahams (per dirla con Elwood Blues) ma si spinge anche in avanti, senza indulgere nella nostalgia. Il percorso parte dall’ultimo, interessante Ho sognato pecore elettriche (2022) ispirato alle distopie di Philip K. Dick generatrici di Blade Runner, tocca Terra Madre e poi si rivolge al passato glorioso di Storia di un minuto (1972). Sono passati cinquant’anni ma la poesia di Impressioni di settembre, accolta dal primo boato e brani come come Il banchetto e La carrozza di Hans, con i loro intermezzi strumentali riarrangiati, i duetti tra Fabbri e Sfogli che furono di Mauro Pagani e Franco Mussida rivelano tutta la loro potenza e attualità.

Anticipatori ai loro tempi, perfettamente in linea con quelli attuali. Transumanza Jam, sempre da Pecore con il suo andamento jazz rock venato di funky, è divertente è stimolante. L’abbinamento con Photos of Ghosts caratterizzata da un bel solo di basso di Djivas e poi ecco Quartiere 8 con il suo intro pianistico alla Supertramp e lo strumentale Cyber Alfa da Stati di immaginazione.

Una della vette è sicuramente Harlequin (stesso titolo di un brano dei Genesis, sviluppo diverso) melodia che si scioglie in una cavalcata strumentale immaginifica.

PFM è orchestra aperta, quando al gruppo si aggiunge il violinista bolognese Alessandro Bonetti per affrontare Prokofiev (“la classica è la vera musica europea”, sottolinea Djivas, quella che gli americani si sognano, aggiungo io) nella Danza dei cavalieri da Romeo e Juliette che qui diventa un sabba rock indiavolato e trascinante. Si sfuma con un’ altra galoppata, quella del Guglielmo Tell di Rossini che fu nella colonna sonora di Arancia Meccanica.

E poi c’è l’apoteosi di E’Festa/Celebration, il brano che nel 1974 rivelò alle folle americane le gioie liberatrici della tarantella, quando la PFM sfondò “Live in Usa”, unico tra i gruppi italiani del momento. Non poteva mancare l’omaggio a Fabrizio De Andrè che con alcuni dei Quelli (Di Cioccio, Pagani, Premoli, Mussida, Giorgio Piazza) registrò La buona novella e poi li volle con sé, trasformati in PFM, per due leggendari tour rimasti nella memoria di molti. E quindi ecco Di Cioccio saltellare e aizzare il pubblico in Volta la Carta, altra scatenata danza popolare portata dall’aia agli stadi.

Energia ancora intatta, invidiabile anche da un ventenne, quella del cantante-batterista-frontman che dirige con sicurezza l’orchestra, maneggia sicuro piatti e tamburi e ha tenuto la barra del timone a dritta dal 1972 a questa parte in mezzo ad ogni tempesta. Inevitabile concludere con Il Pescatore, malinconico brano folk di Faber trasformato in un’altra festa che scaccia il blues e spinge a ballare sull’onda del prog-folk-rock, a suo tempo ammirato da gente come Emerson Lake & Palmer, (che li fecero incidere per la loro etichetta Manticore) Genesis, Jethro Tull (anche loro in cartellone all’Europauditorium), King Crimson, Pete Sinfield, il poeta-manager che accorciò Premiata Forneria Marconi in PFM, più facile da pronunciare per il mercato anglofono.

Tutti in piedi ad applaudire, a luci accese in sala, questo gruppo incredibile che da mezzo secolo riesce ad entusiasmare le platee di mezzo mondo (sono stati anche in Giappone) con una musica onnivora e ancora innovativa, il sicuro mestiere di professionisti rodati che sono capaci di trasmettere emozioni. Che orchestra, questa PFM.

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