Suzanne Vega, cantautrice di New York, città delle mille luci e della solitudine

E’ l’anno 1987, dalle radio si diffonde in modo capillare, tanto da raggiungere il terzo posto nella classifica dei singoli più venduti negli States, un brano che tratta in modo trasversale di abusi e violenze domestiche. La canzone in realtà viene composta tre anni prima, nel 1984, ma pubblicata solo successivamente. Osserva un adolescente che, con i suoi pensieri cupi e sussurrati, affascina e coinvolge il mondo intero, guardando la sua realtà dal secondo piano di uno stabile popolare attraverso una sottile patina densa di maltrattamenti e solitudine.
La cantante è Suzanne Vega, il brano è Luka.

Suzanne Vega – Luka

Una timida protagonista

Attenzione però a non cadere nel tranello: a fronte di una figura timida e delicata, da alcuni definita quasi “noiosa”, si cela una determinata e caparbia protagonista. La grinta si intravede già nei suoi primi testi, composti a dieci anni o poco meno, dove principi azzurri, fate, storie d’amore favoleggianti lasciano il posto a botte e litigi che ben poco hanno da spartire con l’immaginario infantile. Afferma l’artista, ora sessantatreenne, che questi scritti altro non sono che un embrionale Solitude Standing, anfiteatro dove il mondo viene visto e rielaborato da una esile bianca in un quartiere di neri.

Solitude Standing

Solitude Standing ovvero l’inizio dell’ascesa vera e propria dopo il successo, un anno prima, del disco omonimo Suzanne Vega. Il nuovo lavoro rivela in modo totale gli orientamenti, lo stile, le ambizioni di Suzanne. Del disco vengono purtroppo ricordati soprattutto due soli brani, il già menzionato Luka e Tom’s Diner, senza valorizzare appieno l’album nel suo insieme, ottimamente assemblato grazie ad altri emozionanti brani quali Gypsy, My Eye, Night Vision. Proprio il caleidoscopico Tom’s Diner ci propone un’artista nell’atto di considerare la sua vita e il mondo guardandoli attraverso una vetrina, alternando notizie tratte da un quotidiano con attori famosi che muoiono ubriachi, William Holden il 12 novembre 1981, un barista distratto, una donna in strada che si sistema calze e gonna bagnate dalla pioggia. L’ottimo lavoro è prodotto da Lenny Kaye, personaggio che avrà molta influenza nei successivi lavori dell’artista. Non sarà facile bissarne il successo.

Anni ‘9o e dopo

E invece il successo si ripresenta, eccome. E con esso una radicale trasformazione della protagonista, ora più emozionale – come fosse possibile! – e sperimentale. Days of Open Hand (aprile 1990), esprime appieno questa tendenza, sebbene mancante di un brano forte in grado di scalare le classifiche. Poco male, ci si dovrà accontentare nel 1991 di un Grammy Award nella categoria “Best Package”, riconoscimento tutt’altro da disprezzare… Il periodo pare particolarmente prolifico e vede la successiva realizzazione di altri lavori e progetti. Nel ’92 viene pubblicato 99.9F, prodotto che vede l’emersione di ritmi folk / dance racchiusi in spazi ristretti con ambientazioni post industriali. Nel 1996 è la volta del quinto album, Nine Objects of Desire, realizzato sulla falsa riga del precedente. Dovuta precisazione, il brano Caramel viene inserito nel film Un Uomo in Prestito (The Truth About Cats and Dogs).

Trailer del film “The Truth About Cats And Dogs

Anni 2000 e le dolorose separazioni

L’album uscito nel settembre del 2001, Songs in Red and Grey, suggella di fatto due epocali separazioni nella vita dell’artista. Quella affettiva dal marito Mitchell Froom, produttore discografico, e quella professionale dalla casa discografica A&M Records, la cui collaborazione risaliva al 1983. Solo nel 2006 affiderà la pubblicazione dei suoi lavori alla Blue Note Records, in occasione dell’uscita nel 2007 dell’album Beauty & Crime. Per rivedere e soprattutto riascoltare un disco di soli inediti occorre arrivare al 2014 con Tales From the Realm of the Queens of Pentacles, nel quale si apprezza la presenza di artisti di spicco nel panorama musicale, primo fra tutti Tony Levin, bassista storico di Peter Gabriel e King Crimson. L’ultima realizzazione di inediti risale al 2016, con l’uscita di Lover, Beloved: Song from an Evening with Carson McCullers.

An Evening Of New York Songs And Stories

Mai doma la nostra Suzanne. Eccola a riproporre, nell’album An Evening Of New York Songs And Stories (ANNO?), registrato al celebre Cafè Carlyle a New York, i più celebri brani, suoi e non solo, aventi per sfondo la grande mela. Rivisitate le colonne portanti Luka , Tom’s diner e molte altre, con il dovuto omaggio a Lou Reed e la sua immortale Walk on the wild side. A curare i suoni troviamo tra gli altri Gerry Leonard alla chitarra, Jamie Edwards alle tastiere e Jeff Allen al basso. Una nuova Suzanne disposta a dare una svolta al suo passato artistico concedendosi divagazioni piacevoli durante l’esibizione. Raccontare del suo primo incontro con Lou Reed la emoziona e ci emoziona, ecco cosa è davvero il Rock’n’roll!

Lou Reed – Walk on the Wild Side

La tracklist del disco, con i commenti on stage della Vega:

Marlene On The Wall
Luka
‘So how many people are here from out of town?’
New York Is A Woman
‘This next song takes place on 59th street…’
Frank and Eva
‘So I myself came to New York City when I was 2 ½ years old’
Gypsy
Freeze Tag
Pornographer’s Dream

‘This next song is called New York Is My Destination’
New York Is My Destination
‘The first time I saw Lou Reed…’
Walk On The Wild Side
Ludlow Street
Cracking

‘And now we’ve got a song about those times…’
Some Journey
‘I’m gonna close with this song…’
Tom’s Diner
‘Would you like another one?’
Anniversary
Tombstone

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