The Queen is Dead: il rock e la regina Elisabetta, tra rispetto e iconoclastia

Il rapporto tra il rock, soprattutto inglese e la defunta regina Elisabetta ha sempre oscillato tra rispetto e iconoclastia. E’ stata la regina dei Beatles e dei Rolling Stones, negli anni Sessanta della Swinging London, ha superato indenne le bordate del punk, seppellendo, nel frattempo, metaforicamente ma anche realmente, molti di quelli che l’avevano data per morta.

Gli Smiths, ad esempio. Che nel 1986 avevano pubblicato un album dal titolo provocatorio, The Queen is Dead, con la title track in cui si parlava del funerale della regina (“Her Very Lowness”) e della successione del figlio Carlo, anticipando di trentasei anni quello a cui stiamo assistendo ora. C’è da scommettere che la canzone nei prossimi giorni potrebbe scalare di nuovo le classifiche, anche se gli Smiths sono oggi solo una foto ricordo nell’album del rock, mentre la regina è rimasta sul trono per buona parte del terzo millennio, arrivando a regnare per ben 70 anni, a dispetto dell’infausto vaticinio di Morrissey.

Nel 1977, anno del suo Silver Jubilee, Elisabetta era finita sotto gli strali dei Sex Pistols che in God Save The Queen l’avevano definita “fascist regine” proclamando Anarchy in the UK e conquistando una fama effimera durata solo pochi anni. Imperturbabile, la Queen ha resistito alle offese, mentre nel frattempo John Lydon e soci finivano nel dimenticatoio.

I Queen di Freddie Mercury avevano osato addirittura usurparne il nome che, anche se è un sostantivo comune, dal 1952 in poi ha sempre identificato Elizabeth, “The Queen” per tutti, come da titolo del film di Stephen Frears. Mercury che in concerto vestiva abiti regali, appariva come un monarca del rock, ma sognava in cuor suo di esserne la regina. Anche Freddie se n’è andato, con gran rimpianto, nel 1991.

I Beatles, da lei nominati baronetti il 26 ottobre 1965 per meriti artistici e commerciali, si erano esibiti davanti alla famiglia reale il 4 novembre 1963, ma vennero solo la Regina Madre e la principessa Margaret. E’ di quel giorno tempo la famosa frase di John Lennon: «Per la nostra ultima canzone abbiamo bisogno del vostro aiuto. Vorremmo che gli spettatori seduti là in alto, nei posti più economici, tengano il tempo battendo le mani. Tutti gli altri possono farlo semplicemente facendo tintinnare i loro gioielli…La canzone si intitola “Twist And Shout” » Pare che Elisabetta, persona di spirito, abbia apprezzato l’ironia.

La Regina ha seppellito due Beatles, John ucciso nel 1980 e George Harrison, morto di cancro nel 2000. Paul McCartney l’ha appena omaggiata, definendola “nostra regina del rock and roll”.

Gli Stones (autodefinitisi Their Satanic Majesties in un album del 1967) hanno scelto di non celebrare né vilipendere The Queen. Il solo Mick Jagger è stato nominato baronetto a fatica, soltanto nel 2002. Del resto il suo passato di sex, drugs e rock’n’roll non deponeva a suo favore, con sette figli da quattro mogli e un numero notevole di amanti. I benpensanti storsero il naso, perfino Phillip Norman, autore di una biografia degli Stones, era contrario.

Il titolo in precedenza era andato a Elton John, sempre stato molto vicino alla Royal Family e che ha pianto lacrime sincere (con relativa canzone di successo) ai funerali di Diana.

Per la cronaca, la Regina ha seppellito durante il suo lungo regno buona parte della storia del rock: Buddy Holly e Ritchie Valens, Elvis eChuck Berry, Bo Diddley e Little Richard, tre o quattro Stones, due Beatles, due Who (Keith Moon e John Entwistle), Richard Wright dei Pink Floyd, un Queen, Keith Emerson e Greg Lake.

Resistono imperterriti Mick Jagger e Keith Richards, ma loro sono del 1942. In confronto, due ragazzini. E rimane finora anche Jerry Lee Lewis (1933), l’ultimo dei rockers primigeni.

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