Occhi bistrati, sguardo luciferino, sudore, brillantina e glam. Little Richard ha incarnato il verbo del rock and roll ed è stato uno dei più grandi performer del genere, usando ed abusando del pianoforte come solo Jerry Lee Lewis. E’ il maestro riconosciuto di showmen come Mick Jagger, David Bowie ed Elton John, il suo nome ricorre spesso nelle influenze citate, da Rod Stewart a John Fogerty, da John Lennon a Prince, da James Brown a Mike Patton. E’stato uno degli ultimi padri fondatori ad andarsene, dopo una carriera di alti e bassi, ma la traccia che ha lasciato nel rock resta indelebile.
Nato Richard Wayne Penniman a Macon (Georgia) il 5 dicembre 1932, era il terzo di dodici figli in una famiglia molto religiosa per la quale la musica aveva un ruolo fondamentale. The Penniman Singers si esibivano come gruppo gospel in varie chiese locali e lui si meritò presto il soprannome di War Hawk per la sua voce stridente e acuta. A dieci anni dichiarò di voler diventare pastore di anime, poi si mise a suonare il sassofono alle superiori nella banda della scuola e perse gradatamente interesse allo studio.
Cominciò a cantare nel 1951 imitando cantanti gospel come Billy Wright, ma la sua carriera iniziò solo nel 1955 quando, sotto la guida del produttore Robert “Bumps” Blackwell perfezionò uno stile tra boogie woogie e r&b con una voce sopra le righe fatta di grida, spasmi e gemiti che lo avrebbe caratterizzato, insieme alle spinte funky del sassofono e ad un ritmo veloce di percussioni. Nel 1952 dovette affrontare un dramma come la morte del padre, assassinato il 12 gennaio a colpi di pistola e due anni dopo la tragedia passò ad incidere con la Peacock, ma senza successo.
La fama arrivò nel 1957 quando, in una pausa delle registrazioni presso la Specialty Records di New Orleans, si mise a cantare Tutti Frutti. Il brano era potente e veloce, aveva un beat trascinante di batteria, sax e pianoforte. Era nata una canzone importante, che sarebbe stata ripresa anche da Elvis, affascinato dalla sua potenza e orecchiabilità con la mitica onomatopea iniziale “Awop-bop-b-luma-b-lop-bam-boom”. Insieme a Lucille è il brano più famoso di Penniman, che nel frattempo aveva assunto il nome d’arte di Little Richard con il quale avrebbe dominato le classifiche degli anni a venire.
Sarebbero poi arrivati in rapida successione Long Tall Sally, Slippin’ and Slidin’, Good Golly Miss Molly, Jenny Jenny, Rip it Up con i quali avrebbe dato vita a show trascinanti in tutto il paese. Le performances di Little Richard contenevano un’energia devastante per il pubblico di allora (ma anche di oggi) e il cantante-divo catalizzava l’attenzione come pochi con le sue mossette, gli urli e gli spasmi che altri avrebbero utilizzato dopo di lui con successo.
Il modo in cui si presentava sul palco, il look trasgressivo fatto di abiti sgargianti, ciuffo brillantinato e trucco sugli occhi, impensabile per un cantante d’epoca, fecero di lui la prima rockstar di tutti i tempi.
Fu uno dei primi artisti a mischiare il pubblico bianco e quello nero, in tempi di segregazione razziale perfino al Sud la sua musica fu più forte di pregiudizi e separazioni. Più tardi, nel 1968, rispose picche alle Black Panthers che pretendevano si esibisse per il solo pubblico di colore.
Ma nel 1957, improvvisamente, all’apice del successo, lasciò a metà un tour australiano per ritirarsi in un’università cristiana dell’Alabama e diventare predicatore. In questo periodo pubblicò solo album gospel, tornando alle proprie radici.
Nel 1962, mentre nasceva il mito dei Beatles che a lui si erano molto ispirati, come del resto gli Stones, il primo comeback di una lunga serie. Per un tour nel Regno Unito fu supportato dai due gruppi-fan e nel 1964 reclutò un giovane Jimi Hendrix nella sua band. Fu così che Jimi cominciò a vestirsi come lui, andò in tour e suonò per due anni, incidendo una dozzina di brani tra cui una reinterpretazione di Whole Lotta Shakin’ Goin On dell’amico-rivale Jerry Lee Lewis.
Tra il 1966 e il 1967 Richard si diede al soul, incidendo due album con Johnny Guitar Watson alla chitarra e Larry Williams alla produzione, ottenendo un singolo di successo come Poor Dog. Tornato in classifica, dimenticò presto le inclinazioni religiose, cadendo nell’abuso di cocaina e dandosi ad orge bisessuali di vario genere. Anche in questo caso anticipatore di uno stile di vita che sarebbero stati in molti a seguire.
Queste dicotomia tra fervore religioso e sesso-droga-rockandroll ha sempre caratterizzato l’esistenza di Richard, tra ascese e ricadute. Sudore e acqua santa, insomma, una miscela che ha fatto di lui una sorta di predicatore (predico-bene-ma-spesso-razzolo male) del rock, acclamato da folle molto diverse tra loro.
Continuò a vivere pericolosamente per tutti gli anni Settanta, finché nel 1977 non avvenne un episodio chiave. Due suoi cari amici morirono e lui rischiò di essere ucciso proprio dal vecchio amico e produttore Larry Williams, che lo minacciò con una pistola per avere del denaro per la droga mentre era in crisi di astinenza. Si salvò perché aveva in tasca in po’ di contanti, ma i due lutti e l’episodio lo segnarono profondamente, spingendolo nuovamente verso la chiesa. Una vita da rockstar non si conciliava con la missione religiosa.
Così il Penniman che aveva trascinato le folle si diede ad evangelizzarle, puntando l’accento sull’uguaglianza tra le etnie e sul fatto che è sempre possibile redimersi, riferendosi al suo passato di tossicodipendenza ed eccessi sessuali. Riuscì a riconciliarsi anche con la musica, sostenendo che è possibile servire Dio anche attraverso di essa, rendendo felice la gente.
Nel 1985, dopo un cameo in Miami Vice, rimase vittima di un grave incidente stradale che lo costrinse ad un lungo ricovero in ospedale. Ripresosi, l’anno seguente fece anche una comparsata in Su e giù per Beverly Hills dove dimostrò buone qualità di attore. Partecipò nel 1988 all’album tributo a Woody Guthrie, Folkways: a Vision Shared dove interpretò Rock Island Line insieme ai Fishbone, cantò anche il tema principale del film I gemelli con la strana coppia Schwarznegger-De Vito insieme a Philip Bailey degli Earth Wind and Fire.
Gli anni Novanta lo vedono impegnato a mantenere il suo status di pioniere del rock and roll, malgrado l’avanzare dell’età. Ciò non gli impedisce di collaborare con i Living Colour alla canzone Elvis is Dead (al sax Maceo Parker) con un frammento rap e di cantarla insieme al gruppo in tv. Nel 2000 è stato realizzato un biopic televisivo sulla sua vita, interpretato dal cantante Leon e da lui coprodotto. Ha continuato ad esibirsi dal vivo fino al 2013 e ad apparire spesso in tv.
E’morto il 9 gennaio 2020 per un tumore alle ossa. Il suo lascito musicale è enorme. Little Richard era l’incarnazione del rock and roll, con tutte le sue contraddizioni. Una figura di grandissima importanza e di riferimento per molti, infatti è stato tra i primi ad entrare nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1986.
James Brown, che si era molto ispirato a lui e lo considerava il suo idolo ha affermato che è stato il primo ad unire funk e rock and roll negli anni Cinquanta. Otis Redding sosteneva che avesse dato un contributo significativo allo sviluppo della musica soul.
Ray Charles lo definì “Un uomo che ha dato inizio ad un genere di musica che gettò le basi per molto di quello che venne in seguito”.
Jimi Hendrix all’inizio di carriera aveva dichiarato: “Voglio riuscire a fare con la chitarra quello che lui fa con la sua voce”.
Ascolti
Here’s Little Richard (1957)
Little Richard (1958)
The Explosive Little Richard (1967)
Little Richard Live (1976)
Southern Child (2005)
parole
Charles White – The Life and Times of Little Richard
visioni
The Girl Can’t Help It, di Frank Tashlin (1957)
Let The Good Times Roll (1972)
The Little Richard Story (1990)