John Cipollina è un grande arpionatore di chitarre, dioscuro di Gary Duncan in quel disco epocale dell’acid-rock che fu Happy Trails (1969) dei Quicksilver Messenger Service. L’ho conosciuto nel ruolo nel 1980 o giù di lì, abbondantemente in ritardo sulla tabella di marcia, grazie ad un amico che me lo presentò proprio con questa definizione. “Sentirai”, disse enigmatico. In quel tempo, ero totalmente preso dai Doors e da An American Prayer (1978) che rappresenta un vero e proprio viaggio, in tutti i sensi, nelle profondità dell’animo.
Happy Trails restituiva la stessa atmosfera straniante, ma più psichedelica, sogni ed incubi con l’LSD a fare viatico per i creatori, mentre a noi bastava una buona bottiglia di vino o whisky per incamminarci su quelle “piste felici”. A dir la verità, anche senza. Insieme a Dark Star e all’intero Live/Dead (1969) dei Grateful Dead, il nastro divenne astronave per intraprendere viaggi spaziali, sullo stereo a palla dentro la Fiat 127 in compagnia di un altro amico, nella cui anima questo disco lasciò tracce indelebili.
John Cipollina (nato a Berkeley,California, il 24 agosto 1943, evidenti ascendenze italiane) era il maestro di cerimonie, l’officiante del rito. Si metteva su la cassetta, o la puntina toccava il disco e si lasciava andare la mente per gli spazi siderali. I QMS trasformarono Who Do You Love? classico rock’n’roll di Bo Diddley in una cavalcata galattica di 25 minuti, una suite in sei movimenti in cui ciascun strumentista esprimeva del suo. Cipollina e la sua chitarra acida percorrevano quei solchi, inseguendo la seicorde gemella di Duncan, il basso sfrecciante di David Freiberg e la batteria poliforme ed inventiva di Greg Elmore, accompagnati dai battimani e dagli incitamenti del pubblico di quel mitico concerto a San Josè, al quale tutti avremmo tutti voluto partecipare.
Mona, sul secondo lato, proseguiva nell’esplorazione diddleyana, ancora con quel ritmo jungle, ossessivo, per poi lasciare adito alle terre desolate di Maiden of The Cancer Moon e Calvary, monumento alla perizia chitarristica di John e Gary, come se l’astronave fosse atterrata su un pianeta deserto, e il pilota si aggirasse guardingo tra le rocce, per evitare incontri ravvicinati con alieni ostili. Il country esausto di Happy Trails concludeva in modo difforme e imprevedibile l’album, il ritorno a casa del bandolero stanco dopo un’interminabile cavalcata.
Più che un disco, un’esperienza sonora totalizzante. I Quicksilver,prima e dopo, non sarebbero più stati all’altezza di cotanto capolavoro, che pose le basi dello stoner rock a venire e al quale devono essersi abbeverati in parecchi, dai Kyuss ai Motorpsicho. Il suono acido e desertico dei QMS è inconfondibile e lontano dal gruppo John non sarebbe riuscito a replicare quella magia.
Nel 1973 diede vita ai Copperhead che vissero lo spazio di un disco, poi nel 1979 a Terry and The Pirates, che incisero cinque album, tra cui l’ottimo esordio Too Close for Comfort, collaborò con altri protagonisti della scena acida californiana come Mickey Hart, batterista dei Grateful Dead nel suo Rolling Thunder (1972), Barry Melton dei Country Joe & The Fish, con Nick Gravenites pubblicò quattro album e a nome proprio John Cipollina’s Raven (1980).
E’ morto per enfisema polmonare il 29 maggio 1989 a San Francisco, senza mai invecchiare, entrando nella leggenda dei chitarristi. Il suo nome figura nella top 100 di Rolling Stone davanti a gente come Brian May, Robert Fripp e Frank Zappa, per quel che può valere. Il suo era uno stile unico, basato sul fingerpicking, era solito collocare in cima agli altoparlanti sei trombe perché il suono fosse ancora più potente. Quanto, lo sentiamo ancora oggi.
Paolo Redaelli
ascolti
Quicksilver Messenger Service – Happy Trails (1969)
Mickey Hart – Rolling Thunder (1972)
Copperhead – Copperhead (1973)
Terry & The Pirates – Too Close for Comfort (1979)
John Cipollina’s Raven (1980)
visioni
John Cipollina – Nick Gravenites, West Coast Legends vol.1 (dvd, 2007)