Jeff Buckley (1966-1997), una goccia pura in un oceano di rumore

Figlio di un altro sperimentatore vocale come Tim Buckley, anch’egli morto giovane, Jeff Buckley è Grace, il suo capolavoro e l’unico disco di studio realizzato in vita. Un album di rara potenza e bellezza, per Jimmy Page “il mio disco preferito del decennio”. Buckley figlio mette a frutto la lezione dei Led Zeppelin nel coniugare melodia e rumore (The Last Goodbye e Grace), ponendosi come uno spartiacque tra un passato rock glorioso e i suoni che verranno, verso la fine degli anni Novanta, dove rimarrà per sempre.

Jeff Buckley era nato il 15 novembre 1966 ad Anaheim, in California e morì annegato il 29 maggio 1997 a Memphis, Tennessee, terra del blues primigenio, si dice galleggiando sul dorso nel Mississippi con gli stivali che si riempirono d’acqua, trascinandolo nella corrente mentre cantava Whole Lotta Love. Nel suo corpo non furono trovate tracce né di alcool né di droga. Non entra nel club 27 malgrado l’iniziale del nome, ma se ne andò comunque molto giovane, a trent’anni, quando chissà quali altri capolavori avrebbe potuto dare al mondo. Come Jimi Hendrix, come Jaco Pastorius, come Ian Curtis.

Quando nacque Jeff, il padre Tim stava cominciando a diventare famoso. Riconobbe il figlio, ma non fu un genitore premuroso, si incontrarono forse una o due volte. Così Buckley jr. crebbe con la madre, Mary Guilbert, imparando ad amare il padre attraverso i suoi dischi irripetibili, ripercorrendone la strada di sperimentatore vocale. Ma, rispetto a Tim, Jeff aveva incontrato l’hard rock, il punk, il grunge e dunque la sua musica risente di influenze diverse. Che gli furono trasmesse dal padre acquisito, presentatosi per i suoi 13 anni con un regalo decisivo: Phisycal Graffiti dei Led Zeppelin. Fu sempre lui a introdurlo all’ascolto di Jimi Hendrix, Queen, The Who e Pink Floyd

Ma si era avvicinato anche al jazz e alla musica contemporanea. Lo affascinavano Duke Ellington, Maurice Ravel, Bela Bartòk, Era ispirato da grandi cantanti come Nina Simone (di cui aveva ripreso Lilac Wine) e Billie Holiday ma anche da Leonard Cohen (celebre la sua versione di Hallelujah), così come da Nick Drake e dagli sfrontati Dead Kennedys.
Jeff Buckley ha influenzato stelle del terzo millennio come Radiohead, Coldplay e Muse e, pur essendo vissuto pochissimo, ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica americana.

Bob Dylan, uno che non è mai stato prodigo di lodi nei confronti degli altri, lo definì “Uno dei più grandi compositori del decennio”. L’ America, comunque, quando era in vita, non lo aveva amato molto. Ottenne i primi successi in Francia ed Australia e fu la sua morte precoce a farlo conoscere in tutto il mondo.
La sua opera unica Grace vivrà per sempre, consegnando alle generazioni future l’arte assoluta di un grande cantautore. Un disco capace di suscitare emozioni e brividi, che batte allo stesso ritmo dell’anima. Come lo descrisse Bono: “una goccia pura in un oceano di rumore”.

ascolti
Jeff Buckley – Grace (1994)

visioni
Greetings from Tim Buckley, di Daniel Algrant (Usa, 2012)

parole

Jeff Apter – Jeff Buckley (2015)
Liberatore, Di Gregorio, Di Tomasso – Once I Was. Un ritratto di Jeff Buckley (2016)
Merry Cyr – Jeff Buckley. So real (2017)

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