John Fogerty, lo spirito dei Creedence in una lunga corsa

La prima volta che ho visto John Fogerty fu nel 1973. Occhieggiava insieme agli altri tre compari dalla copertina di Pendulum (1970) e poi spiccava nell’interno, con la sua zazzera beatlesiana cotonata, la sua camicia a quadri, la Gibson Les Paul a penzoloni con il braccio teso davanti ad una folla plaudente. I Creedence Clearwater Revival erano fuori dal tempo, come il loro nome stesso, come quella foto in bianco e nero: quando il rock andava complicandosi in mille rivoli, loro tornavano alla ruspante sincerità delle origini. La loro influenza sarebbe stata immane. Il suono chitarristico di Fogerty, con quel twang inconfondibile e vintage, un marchio di fabbrica. La sua voce “una delle più grandi del rock”, parola di Bruce Springsteen.

Mi colpì questo, del gruppo. Una musica che si richiamava al rock and roll primitivo, energica e pulsante, intinta nelle acque del Bayou anche se Fogerty, essendo californiano di Berkeley (28 maggio 1945) non era di certo nato lì, come vuole la canzone. Ma John, mente creativa di testi e musica dei CCR, lo sapeva raccontare come pochi. Il loro suono pescava direttamente dal blues e lo trasformava in materia vibrante, campi di cotone e fattorie venivano richiamate da quella musica evocativa, che pulsava al ritmo dell’anima.

Pendulum non è sicuramente tra i capolavori del gruppo però conteneva Pagan Baby, pezzo magnifico con il suo twang dondolante, la voce roca e potente di John che graffiava al punto giusto, la ritmica che pompava “come ciclisti gregari in fuga” per dirla con un maestro. Dello stesso, prolifico 1970 è il precedente Cosmo’s Factory, sicuramente più coeso e riuscito, con brani come Run Through The Jungle contro la guerra in Vietnam, la ballata sempiterna Who’ll Stop The Rain e la I Heard It Through The Grapevine di Marvin Gaye trasformata in jam session.

La dimensione dal vivo dei Creedence, act eccitante che venne fuori nei giorni caldi del 1969 di Woodstock (ma non incluso in disco e film per volontà dello stesso Fogerty che giudicò scadente la qualità del suono), viene catturata appieno in Live in Europe (1971) dove il gruppo rielabora tutti i suoi principali hits, da Green River a Proud Mary, da Bad Moon Rising a Born on the Bayou culminando nella cavalcata di Keep On Chooglin’/Pagan Baby che trascina l’ascoltatore fuori da se stesso.

Il gruppo si sarebbe sciolto di lì a poco, con spiacevoli litigi tra i due brothers. Tom Fogerty, il maggiore, chitarrista ritmico e cantante si sentiva sempre più marginale di John nella band. Vecchia storia, già ascoltata tante volte. Finché lasciò il gruppo e gli altri, come i Genesis, andarono avanti in tre. John con Stu Cook bassista e Doug Clifford batterista, un triangolo perfetto come come documenta il disco live del 1971. Con il fratello rimasero dissidi non riappacificati fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1990.


Senza Tom ci sarebbe stato ancora il capitolo finale Mardi Gras (1972) che non piacque a nessuno di loro e nemmeno alla critica, anche se vendette parecchio. E John ne approfittò per darsi alla carriera solista. Si diede al country folk-gospel-cajun con The Blue Ridge Rangers (1973) e poi tornò a riesplodere, a sorpresa nel 1985 con Old Man down the Road, un suono che riecheggiava in pieno i Creedence (e relative grane legali) e l’album Centerfield mentre Eyes of the Zombie (1986) non ebbe lo stesso successo. Così probabilmente doveva sentirsi John, mentre venivano avanti pop raffinato ed elettronica, new wave e jazz fusion. Un vecchio resuscitato dalla morte (artistica), armato solo della fedele chitarra e della sua voce unica. Ma il tempo gli avrebbe dato ragione.

John Fogerty, malgrado le primavere siano settantacinque, mantiene vitalità ed energia, ascoltare e vedere un suo concerto per credere. Nel frattempo ha riletto i capisaldi della sua storia e di quella americana (The Long Road Home, 2005 e Revival, 2007) , come un Johnny Cash più giovane, continua a correre tra praterie e campi di cotone senza bisogno di essere morto. Su The Blue Ridge Rangers Rides Again (2009) duetta con Bruce Springsteen in When Will I Be Loved, classico degli Everly Brothers. Nel gennaio 2012 ha scritto Swamp Water per la serie tv della Fox Finder dove compare come guest star nel primo episodio. L’ultimo album Wrote a Song for Everyone (2013) contiene classici dei Creedence e brani originali di colui che, a dispetto di tutto, rimane l’anima e lo spirito del gruppo.

Paolo Redaelli
(foto: www.rockandrollgarage.com)
ascolti
Creedence Clearwater Revival – Green River (1969)
Creedence Clearwater Revival – Cosmo’s Factory (1970
Creedence Clearwater Revival – Live in Europe (1971)
John Fogerty – Centerfield (1985)
John Fogerty – The Long Road Home (2005)

parole
John Fogerty – Fortunate Son. My life, my music (2015)

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