Storie di futbòl reale e fantastico, quelle raccontate in Tango del calcio di rigore al Celebrazioni di Bologna da Neri Marcoré e Ugo Dighero. Vere, verosimili e totalmente fantastiche, come quelle inventate dallo zio Casimiro per il nipote che fu bambino ai Mondiali del 1978 di Argentina, vinti dal paese ospitante contro la favolosa Olanda del calcio totale, priva però del genio di Johann Cruyiff che aveva paura dei voli aerei.
E in quegli anni, purtroppo, di voli aerei ne furono effettuati. Dagli aeroplani cadevano i desaparecidos, nei tristemente famosi “voli della morte”, molti opppositori alla feroce dittatura del generale Jorge Videla furono fatti sparire in quel modo, dopo violenze e torture.
Vero, purtroppo, il clima di indifferenza, per non dire di connivenza in cui, come narrano Marcorè e Dighero, ben spalleggiati da Rosanna Naddeo, Fabrizio Costella e Alessandro Pizzuto, si giocarono questi Campionati del Mondo in cui lo sport venne utilizzato a fini propagandistici “come non avveniva dalle Olimpiadi di Berlino 1936. C’erano interessi economici in gioco e l’unica voce contraria fu quella della tv olandese che, invece di riprendere la cerimonia di apertura, filmò le manifestazioni di piazza che il regime voleva nascondere.
Ci furono combine e intimidazioni per portare in finale quell’ Argentina forte di suo, di un calcio bailado come il tango. Il Perù che aveva vinto 3-0 la partita di andata fu “invitato” a suon di dollaroni e commesse industriali a perdere per consentire il passaggio all’Albiceleste, con tanto di “visita di cortesia” negli spogliatoi del generalissimo in persona che invitava i giocatori peruviani “a fare quello che era giusto”.
Storie vere, drammatiche e storie completamente fantastiche. Sul palco Marcorè, che canta pure bene e soci raccontano del figlio di Butch Cassidy, William Brett, arbitro nei mai disputati mondiali del 1942 (protagonisti Italia, Germania, Paraguay e un manipolo di indigeni Mapuche specializzati in illusioni ed incantesimi) che risolveva a pistolettate le situazioni controverse di gioco. E del lungo calcio di rigore (una settimana) che permise all’Estrela Polar di battere la Cipolletti. Ma non al portiere Gato Diaz, autore della parata decisiva, di impalmare la bionda Ferreira che gli si era promessa in caso di vittoria.
Lo spettacolo si snoda alternando la tragedia alla commedia, il dramma all’ironia seguendo in fondo quello che è il sentiero della vita. C’è l’arbitro (reale) assassinato dai narcos di Medellin per aver decretato un altro rigore decisivo, ma anche l’oriundo argentino Piva che venne acquistato dal Milan per quindicimila lire e un paio di caciotte e divenne colonna della nazionale, non senza aver provocato quasi una sommossa popolare per la paventata cessione alla Juve. Tra il sorriso e la lacrima, la condanna e il calembour lo show è una disamina dei rapporti tra il calcio e il potere a suon di tango e canzoni celebri come Vuelvo al Sur o Gracias a la Vida.
Una scenografia suggestiva ed efficace, fatta di veli che calano, oggetti spostati dagli attori sul palco, sottolinea il passaggio dai registri comici a quelli drammatici, in un’alternanza di sentimenti che comunque cattura lo spettatore fino alla fine, anche se una decina di minuti in meno avrebbero giocato alla compattezza dello spettacolo, in alcuni punti (la storia del gaucho) stiracchiato. Applausi e diverse chiamate in scena premiano la bravura degli attori.
Paolo Redaelli