Il 2019 ha segnato (il 16 settembre) il novantaquattresimo anniversario della nascita di B.B. King, il musicista che più di tutti ha portato il blues alle grandi masse. Percorso simile a quello dei grandi del genere, come Muddy Waters o John Lee Hooker, quello compiuto da Riley B.King. Dal natio Mississippi (Itta Bena nel suo caso, 1925) verso la città. Scelse Memphis, invece di Chicago, per elettrificare la sua musica e diventare una star assoluta con la sua chitarra Lucille, una Gibson ES335 nera ben presto tramutata in icona.
B.B. King divenne il re (anche se il cognome era quello, fin da bambino) già negli anni Cinquanta, con il suo suono inconfondibile, caldo ed incisivo, marchio di fabbrica che molti hanno cercato di imitare senza successo. Il suo primo album è Singing The Blues (1957) e lui appunto canta con voce torrida e determinata, suonando la chitarra in modo divino.
Nella bellissima autobiografia Il blues intorno a me racconta gli inizi che lo videro passare dal trattore al traino di grandi folle con semplicità genuina: “Lavorando come contadino, venivo pagato 35 cent per ogni 100 libbre di cotone (45 kg) che raccoglievo. Oggi, guadagno qualcosa di più”.
Si forma sullo stile canoro di T-Bone Walker e Lonnie Johnson, ma come chitarrista si ispira piuttosto ad artisti jazz dal suono limpido come Django Reinhardt e Charlie Christian, esercitandosi anche a cantare gospel in chiesa. Affina la sua tecnica a Memphis con l’illustre cugino Bukka White e poi comincia (dal 1949) a registrare con Sam Phillips per la leggendaria Sun Records. C’è traccia di quelle registrazioni nelle celebri Sun Sessions.
B.B. King (la sigla sta per “Blues Boy”) impazza nel genere rythm and blues, con grandi successi. Ma nel 1970 esce dal mercato blues con una riedizione di The Thrill is Gone di Roy Hawkins (1969) che lo proietta al vertice sia delle classifiche pop che r&b. E’un brano dall’andamento sinuoso ed avvolgente, caratterizzato da una sezione fiati efficacissima, un successo che ancora oggi non mostra i segni del tempo.
Nella sua lunghissima carriera ha collaborato con tutti i più grandi musicisti, da David Gilmour a Steve Winwood, da Phil Collins a Mark Knopfler, perfino Luciano Pavarotti ed Edoardo Bennato, una Signor Censore a Pistoia Blues 1990. Come ricorda nei suoi concerti il rocker partenopeo, B.B. “era contento di suonare con chi aveva scritto la sigla dei Mondiali di Calcio italiani”.
Con gli U2 ha inciso il brano When Love Comes To Town su Rattle and Hum (1988) e con Eric Clapton il bellissimo Ride with The King, album consigliatissimo a chi voglia avvicinarsi alla sua musicale. Ha vinto ben 14 Grammy Awards e ha reso popolare il blues in tutto il mondo con tournées anche in Estremo Oriente. E’ stato fonte di ispirazione per generazioni di musicisti, da Neil Young a Slash e molti altri ancora.
Nel 2005, per festeggiare gli 80 anni, si è regalato un album pieno di ospiti illustri: Eric Clapton, Billy Gibbons, Van Morrison, Daryl Hall & John Oates, John Mayer, Mark Knopfler, Glenn Frey, Gloria Estefan, Roger Daltrey, Bobby Bland ed Elton John.
E’morto nel sonno il 14 maggio 2015, nella sua casa di Las Vegas, per le conseguenze del diabete di cui soffriva da anni. La sua musica vivrà per sempre.