Musica solida – Storia dell’industria del vinile in Italia. Intervista a Vito Vita

E’ in libreria Musica Solida. Storia dell’industria del vinile in Italia (Miraggi), un accuratissimo saggio di 379 pagine, con prefazione di Giangilberto Monti, che ricostruisce dettaglio dopo dettaglio la storia dell’industria discografica del nostro Paese, dalle origini ad oggi, crisi dopo crisi, dandone un quadro completo ed esaustivo. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore Vito Vita, classe ’64, una vita intorno alla musica: fatta, scritta, raccontata. 
 
Vito, innanzitutto da cosa nasce l’idea di questo libro?
Nasce dieci anni fa esatti, nel 2009. All’epoca lavoravo per una rivista, “Musica leggera”, che era un po’ la mamma di “Vinile”, lo staff era lo stesso. Ero a Roma per una riunione della redazione e mi portarono a cena in un ristorante; a un certo punto Francesco Coniglio, l’editore, mi ha detto “Laggiù dove ci sono le cucine, De Gregori ha registrato il provino di Alice, mentre di là Rino Gaetano ha inciso Ma il cielo è sempre più blu”. Io non capivo, poi mi hanno spiegato che quel ristorante era sorto dove c’era il Cenacolo, cioè gli studi che l’RCA Italiana usava per far incidere i provini ai nuovi giovani artisti; mi dissero inoltre che la sede storica dell’RCA in via Tiburtina era diventata un magazzino all’ingrosso di scarpe. Il mio pensiero fu che se fosse successa una cosa del genere in Francia, che so alla Vogue o alla Barclay, l’avrebbero subito trasformata nel “Musée de la chanson”, mentre invece in Italia tutto era avvenuto nella sostanziale indifferenza di tutti. Mi è venuta così l’idea di raccontare la storia delle case discografiche italiane storiche, che avevano tutte fatto la stessa fine (dalla Ricordi alla CGD, dalla Durium alla Ariston).
 
Quali sono state le più importanti rivoluzioni dell’industria discografica nostrana? Puoi sintetizzarci la sua evoluzione?
In buona sostanza, dopo i primi cilindri nati agli albori, alla fine del XIX secolo, abbiamo dapprima la nascita dei 78 giri in gommalacca che sostanzialmente durerà per più di cinquant’anni, sostituito poi dal vinile con i 45 giri e i 33 giri che nascono quasi contemporaneamente, anche se da noi i secondi si diffonderanno in ritardo. Poi con l’invenzione del nastro abbiamo la diffusione delle audiocassette che si affermano negli anni ’70 e nel decennio successivo il cd, che ha il suo momento per circa vent’anni ed è poi stato soppiantato dalla cosiddetta “musica liquida”.
 
Che cosa ha portato l’avvento del vinile?
Rispetto alla gommalacca del 78 giri il vinile consentiva uno spessore minore del solco (per questo nasce il termine microsolco) e la possibilità di ruotare a una velocità più bassa, per cui consentiva di contenere molta più musica: da qui nacquero i Long Playing a 33 giri.
 
Il boom degli anni Sessanta per forza di cose ha investito anche il mondo della discografia italiana, puoi riassumerci quel che è successo? Sostanzialmente con il boom economico si diffuse un certo benessere che consentì al pubblico di aumentare la spesa in dischi, tant’è che il mercato inizia a crescere alla fine degli anni ’50. Un grosso sviluppo lo diede l’invenzione del mangiadischi, che consentiva ai giovani degli anni ’60 (che proprio in quell’epoca iniziano a essere individuati come soggetti consumatori dall’industria) di portarsi dietro i dischi e ascoltarli in giro con gli amici: nascono le riviste musicali per i giovani, i programmi radiofonici e televisivi per i giovani, la moda per i giovani. In quel periodo i brani che ottengono il disco d’oro raggiungono il milione di copie vendute (un esempio è “Una lacrima sul viso”), ora bastano 25.000, e questo dà l’idea delle dimensioni del mercato discografico in quegli anni.
 
Con l’avvento del 33 giri e poi con quello del CD cosa è cambiato per i musicofili del nostro paese negli anni 70 e 80?
I primi 33 giri nascono come raccolte di successi già pubblicati a 45 giri, ma presto si comprende che il nuovo formato consente di sviluppare discorsi più completi. Nascono così i primi concept album, in assoluto il primo in italia è “Diario di una sedicenne” di Donatella Moretti del 1963, anche se il grosso sviluppo si avrà a partire dalla fine degli anni ’60 con “Tutti morimmo a stento” di De André e “Senza orario senza bandiera” dei New Trolls. L’avvento del cd avviene in Italia negli anni ’80, soprattutto nella seconda metà, quando il mercato entra in crisi: la rallenta per un po’, grazie alle ristampe nel nuovo supporto del vecchio catalogo, che consente per qualche tempo la sopravvivenza di alcune aziende, anche se i numeri complessivi si riducono pian piano e alla fine degli anni ’90 chiudono anche le ultime aziende, come la Fonit-Cetra per esempio.
 
Cosa pensi del famigerato “ritorno del vinile”?
Mah…all’estero pare che i numeri stiano cominciando a diventare rilevanti, in Italia il mercato cresce lentamente, mentre sta calando vertiginosamente quello dei cd. Una cosa singolare è il successo dei vinili in edicola: in certi casi, penso per esempio al disco postumo di Francesco Di Giacomo, sono stati stampati direttamente in vinile e venduti nelle edicole raggiungendo numeri importanti (quello del cantante del Banco si è attestato oltre le diecimila copie, che per un vinile di questi tempi è un traguardo importante).
 
Come descriveresti la situazione attuale dell’industria discografica italiana e più in generale del nostro mondo musicale?
L’industria discografica italiana come era una volta (con fabbriche, studi, uffici, migliaia di dipendenti) non esiste più: ci sono le tre major, un’unica azienda storica sopravvissuta (la Carosello, legata alle edizioni Curci) e altre piccole etichette indipendenti, alcune anche esistenti da decenni, ma il mercato complessivo è in crisi. Sopravvivono i live, diventati la fonte principale di guadagno per molti artisti, ma fino a quando? La mia impressione è che sia proprio cambiata la fruizione della musica da parte dei giovani.

Elisa Giobbi, 21/12/2019

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