Il 20 luglio 1969, anno cruciale per la musica rock, l’uomo mette piede per la prima volta sulla Luna, coronando un sogno millenario. L’astro lucente, “muto ed inutile” per Leopardi, ha ispirato nel corso dei secoli artisti e poeti, e proprio in quell’anno David Bowie, finora oscuro cantautore “indie”, conquista il successo planetario con la sua Space Oddity, che racconta di Major Tom perso nello spazio mentre orbita intorno alla Luna, indifferente al suo destino come nei canti leopardiani.
Molta musica rock è stata ispirata dalla Luna. I Pink Floyd le hanno dedicato addirittura un intero album del 1973, The Dark Side of The Moon. Dove la “faccia oscura della Luna” è paradigma del lato buio dell’esistenza, discorso intorno alla morte (Us and Them), l’alienazione (Time), l’avidità umana (Money), la follia (Brain Damage) in un album di perfezione aristotelica che coniuga sperimentalismo e classifica. Per concludere poi, come avverte una voce off al termine di 43 minuti di pura magia, che “non esiste una faccia oscura della Luna, in realtà è tutta scura”.
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Proprio in quel fatidico 1969 i King Crimson esordiscono con In The Court Of The Crimson King, disco affascinante che mescola melodie folk e strutture jazzistiche, pop e avanguardia, segnando la nascita del prog rock. Moonchild, il brano più lungo, in due movimenti, parte come una ballata per chitarra e mellotron (The Dream) che poi prende direzioni impreviste (The Illusion), rarefacendosi in uno strumentale fatto di segnali e suoni che non seguono un ritmo o una melodia.
A proposito di prog, Moon in June dei Soft Machine è un pezzo che, al pari degli altri tre, occupa un’intera facciata del doppio album Third del 1970, lungo quasi venti minuti (19.15, per la precisione) dove il cantato iniziale di Robert Wyatt si scioglie nell’improvvisazione jazz e rock, seguendo percorsi articolati. Un sound descrittivo, immaginifico, che invita a liberare la fantasia.
In Maiden of The Cancer Moon dei Quicksilver Messenger Service, dall’album Happy Trails del 1969, Gary Duncan e John Cipollina incrociano le loro chitarre sullo sfondo di una terra desolata, unendo flamenco e rumorismo, dettando inconsapevolmente le basi di molto post-rock a venire.
Nick Drake, cantautore intimista e seminale che molti ha influenzato, intitola Pink Moon il terzo ed ultimo dei suoi gioielli, uscito nel 1972 che inizia con il brano omonimo e non dovrebbe mancare in una discografia che si rispetti
Camminano sulla Luna i Police del 1979 con Walking on The Moon, che fonde reggae e rock in un brano alieno, coinvolgente, tratto dall’album Reggatta de Blanc. La leggerezza dei passi in assenza di gravità riprodotta dalla ritmica di chitarra, basso e batteria è assolutamente irresistibile.
Alla luna del raccolto, Harvest Moon, è dedicato un disco del 1992 di Neil Young che torna ad un suono agreste e acustico dopo le sfuriate elettriche di Ragged Glory. Il brano omonimo, da danzare sull’aia possibilmente stretti a qualcuno che amate, è dolce e dondolante, condotto da una steel ammaliante. Un pezzo recente del canadese si chiama Wolf Moon, evoca la luna dei licantropi ed è stato suonato dal vivo a Piazzola sul Brenta nel 2016 nella sua ultima apparizione italiana.
Con Moonlight Shadow, brano dancefolk trainato dalla limpida voce di Maggie Reilly che si ballava anche in discoteca negli anni Ottanta, Mike Oldfield conquista una popolarità mai raggiunta dai tempi del capolavoro Tubular Bells, utilizzato anche nella colonna sonora dell’Esorcista.
Havana Moon è un pezzo di Chuck Berry che un Carlos Santana pacificato tra ricerca dell’illuminazione e carnalità rock blues magistralmente interpreta nell’album omonimo del 1983, suo terzo da solista. Un pezzo che, tra intrecci di percussioni e voci afro unite all’ inconfondibile chitarra latin del nostro, riesce a trasportarti immediatamente sul Malecon. Incidentalmente, Havana Moon è anche il titolo del film dei Rolling Stones sui concerti cubani del 2016.
Sotto la luce della Luna, By The Light of The Moon (1988) i Los Lobos ululano il loro rock and roll chicano fatto di chitarre alla Creedence, violini, accordeon e sax, riportando in vita un’essenzialità che il rock aveva smarrito.
I R.E.M. nella bellissima Man on The Moon dal capolavoro Automatic for the People del 1992 ci ammoniscono: “se hai creduto che abbiano messo un uomo sulla Luna, se credi che non c’è niente nella sua manica, allora niente è cool”. La canzone ha ispirato a sua volta Milos Forman per il suo film omonimo del 1999 con un grande Jim Carrey sul tragicomico Andy Kaufman, cui si fa riferimento nel testo.
Si potrebbe andare avanti all’infinito, ma adesso datevi un po’ da fare anche voi. Quali altre ispirazioni lunari individuate nella musica preferita? Ditene una nei commenti qui sotto e la aggiungeremo in questo testo che diventerà, anche con il vostro contributo, interattivo, interstellare, interscambiabile.
E, se volete, fate gli auguri a me e Carlos Santana che il 20 luglio ci siamo nati, come Stone Gossard dei Pearl Jam e Chris Cornell, partito per la Luna due anni fa.
Paolo Redaelli