Astra Lanz e il fuoco della passione, giovedì 23 maggio al Teatro Dehon di Bologna, per discendere nell’inferno di “Camille”, la scultrice Claudel allieva ed amante di Auguste Rodin, murata viva in un manicomio per trent’anni.
Camille è una donna privata dell’arte e della vita in un mondo di uomini, sopraffatta da mercanti d’arte e artisti senza scrupoli, compreso purtroppo Rodin che si impadroniscono del suo atelier e delle sue idee. Astra Lanz, ispirandosi alle lettere della Claudel, raccolte in un libro, interpreta questa figura di donna tormentata dall’amore e dall’ingiustizia, che si imbratta di vernice e impasta l’argilla, con la gestualità scomposta di chi rappresenta un dramma senza fine.
La musica di Arturo Annecchino, elaborata live da Michele Fiori fa da colonna sonora, con melodie e rumori ambientali, al suo dolore, alla rabbia, ai rarissimi momenti di serenità di un’anima condannata. “Dormo interamente nuda per fantasticare che lei mi sia accanto…Ma al risveglio non è più la stessa cosa”, scrive Camille dando del “lei” al suo amante, come si faceva un tempo. Un “lei” che sottolinea rispetto, ma accentua anche la distanza.
Sullo sfondo,una scenografia composta da quattro lunghe tele verticali realizzate dal Collettivo Borderart, con i suoi colori forti sembra incarnare i pensieri della Claudel, ma pare delimitare anche i confini di una prigione da cui è impossibile sfuggire. Invano Camille chiederà la “grazia” di poter uscire, di tornare a vivere nell’amata Villeneuve. Non sarà ascoltata né dai medici, né dai genitori (l’amato padre era morto nel 1913, la madre nutriva un’avversione violenta per l’amore verso l’arte della figlia) né dal fratello Paul, scrittore e diplomatico che condivideva la sua passione e posò per lei. Morirà dentro quelle mura, per malnutrizione, nel 1943, a settantotto anni, e il ricordo che di lei serberanno i nipoti, come viene detto nel malinconico finale, sarà quello di una vecchietta stretta in un cappotto logoro e striminzito.
Camille-Astra si fa eroina della passione per l’arte, di una disperata dichiarazione di amore per la vita che non viene accolta da nessuno. L’attrice cammina per il palcoscenico e il grembiule bianco da lavoro diventa camicia di forza, sudario che avvolge il fantasma di un’esistenza negata. Toni forti e dolcezze impreviste si alternano nel ritratto di una donna sconfitta, tradita, delusa ma non domata. Che percorrerà fino in fondo la sua strada piena di buche.
Astra Lanz vive un’identificazione totale con la sua Camille, la fa propria, entra nel personaggio con notevole energia intepretativa e ne esce soltanto alla fine, quando si intrattiene con il pubblico nel dopo-spettacolo, in platea, semplicemente. “Abbiamo letto alcune lettere insieme agli ospiti di un centro psichiatrico. E’stata un’ esperienza davvero forte, perché io gioco, pasticcio con Camille. Ma per chi ha vissuto davvero quelle situazioni, è tutta un’altra cosa”.
Paolo Redaelli