Mentre Thanos si è ritirato ad una vita tranquilla dopo aver dimezzato gli esseri viventi grazie all’utilizzo del guanto dell’infinito, gli Avengers sopravvissuti studiano un piano per provare a rimediare all’accaduto.
I fratelli Russo (Anthony e Joe) tornano in cabina di regia per siglare il capitolo conclusivo di questa prolifica saga e nel tirare le fila di 22 film, purtroppo a tratti mancano il bersaglio.
Il precedente Avengers: Infinity War era riuscito ad amalgamare quanto seminato in 10 anni creando un prodotto narrativamente convincente e riuscendo ad elevare finalmente la complessità filosofica del racconto, esemplificata nella carismatica figura del villain, Thanos, vera e propria anima del film.
Rimanevano comunque intatti i soliti limiti della saga, tra cui una regia di mestiere appena funzionale allo scopo, un’ironia non sempre ben bilanciata e una generale mancanza di ambizione in termini puramente cinematografici, dovuta ad uno sviluppo seriale più adatto ai canoni televisivi che non a quelli del grande schermo.
Fine dei giochi?
In questo capitolo conclusivo, che conclusivo in realtà non è, tutti i limiti precedentemente elencati si ripresentano più forti che mai. L’ironia appare talmente spinta e fuori controllo da rasentare più volte l’autoparodia e finisce per tramutare persino personaggi importanti in semplici macchiette (è senz’altro il caso di Thor e Hulk). Il fatto che ciò accada nel gran finale, quando certe caratterizzazioni dovrebbero raggiungere il culmine della maturazione, appare decisamente stonato e contribuisce in più punti a spezzare la gravitas, depotenziando lo slancio narrativo.
La regia si limita ancora una volta a svolgere il compitino, provando solo per brevi tratti ad elevarsi dall’anonimato e da una generale piattezza espressiva. Non viene certamente in aiuto un montaggio macchinoso, che si limita a raccordare nella maniera più basilare possibile l’episodio precedente con quello successivo, spesso adoperando stacchi poco armoniosi e andando ad inficiare sul ritmo.
Non va meglio nemmeno dal punto di vista dello script, che oltre a presentare passaggi logici quantomeno arditi, si serve fin troppo frequentemente di deus ex machina nemmeno tanto ben camuffati. Basti vedere come per portare avanti la trama si facciano risolvere in meno di 5 secondi e per puro caso, dei paradossi di fisica quantistica apparentemente insormontabili o come si facciano compiere ai personaggi azioni talmente impulsive e sbrigative da lasciare di stucco.
Anche i dialoghi stessi soffrono di una qualità altalenante ed è un peccato vedere un personaggio carismatico come Thanos così mal sfruttato rispetto a quanto mostrato in precedenza.
Aspetti positivi
Innanzitutto va dato atto ai Marvel Studios di aver saputo dar vita in tutti questi anni a personaggi empatici capaci di entrare in connessione emotiva con il pubblico, grazie a delle caratterizzazioni spesso ben esplorate nel susseguirsi dei vari capitoli.
Vedere le persone in sala applaudire ed esultare per gli esiti di uno scontro è certamente qualcosa di raro e che rende bene l’idea dell’evento cinematografico che si è saputo costruire, fidelizzando ed appassionando il proprio target di riferimento.
In effetti dal punto di vista della narrazione globale, il lavoro svolto, per quanto spesso ridotto all’eccessiva semplificazione è certamente encomiabile.
Ai Russo va inoltre attribuito il merito di aver saputo azzeccare certe scene cruciali che sarebbe stato imperdonabile sbagliare, tra cui tutta la sequenza finale di combattimento che finalmente acquisisce tutta l’epicità e il respiro registico, fin qui latitante. Apprezzabile è anche il modo in cui si è riusciti a chiudere certi archi narrativi valorizzando il carisma di alcuni personaggi fondamentali.
Conclusioni
Avengers: Endgame riesce nonostante tutto a rappresentare una conclusione accettabile, risultando comunque una visione gradevole che certamente accontenterà il fan, seppur stavolta con qualche sopracciglio alzato di troppo.