Salernitano, classe 1981, Antonio Lanzetta è una delle penne che si stanno sempre più affermando nel panorama del thriller italiano. Le sue atmosfere cupe, ambientate nel Cilento, portano su carta il male di casa nostra, non concentrandosi solamente sulla morte fine a sé stessa ma, soprattutto, sugli strascichi e le conseguenze che rimangono sulle spalle dei vivi. Per questa ragione i suoi personaggi diventano profondi, si evolvono e rimangono impressi nella mente dei lettori.
Non ci si può, infatti, non affezionare ai protagonisti di questa trilogia, iniziata con “Il buio dentro“ (2016) e portata avanti con “I figli del male“ (2018) e l’imminente “Le colpe della notte“ (2019). Grazie a sapienti flashback, Lanzetta ha scavato sempre di più nell’animo di Damiano e di Flavio, oltre che a tutti gli altri personaggi che gravitano attorno a loro, scrivendo di antagonisti realistici all’interno di una località di fantasia, Castellaccio, che si rispecchia in molte realtà del sud Italia.
Negli anni è così diventato uno degli scrittori di punta di una casa editrice che si sta, allo stesso modo, facendo conoscere sempre più nel panorama letterario italiano: La Corte Editore. La casa editrice di Torino, diretta e fondata da Gianni La Corte, ha senz’altro avuto fiuto nel puntare su questo scrittore, riuscendo a venderne i diritti anche all’estero.
Lanzetta ha infatti pubblicato anche con la casa editrice Bragelonne, facendosi tradurre in francese e uscendo con il primo romanzo della trilogia, “Il buio dentro“, in Francia, Belgio, Canada e altri paesi (con il titolo: “Le mal en soi“). Il Sunday Times lo ha definito “lo Stephen King italiano”, sia per lo stile che per i riferimenti a quest’ultimo, volontari e non, presenti nei suoi romanzi. Un esempio sono le linee temporali che saltano dall’infanzia dei protagonisti all’età adulta, con i tormenti e i disagi causati dai traumi subiti, che può ricordare in qualche modo It o Stand by me.
Abbiamo avuto l’onore di scambiare quattro chiacchiere con lui. Ecco la nostra intervista:
Antonio, tu scrivi dal 2013 e hai all’attivo ben sei romanzi. Qual è stato il percorso che ti ha portato ad amare la scrittura e a farla diventare una vera e propria professione?
Ciao, più che uno scrittore sono sempre stato un vorace lettore e ho iniziato a scrivere per emulazione. Amavo i libri e volevo andare oltre, essere quella voce nascosta tra le pagine del romanzo, avere qualcosa da dire. Niente giochi, desideri di realizzazione personale mascherati da hobby: scrivere mi faceva sentire vivo e ho capito che essere un autore doveva diventare il mio scopo nella vita.
Metà delle tue opere vertono sul fantasy, mentre le ultime sul thriller. Pensi mai di ritornare a scrivere fantasy o perfino un terzo genere letterario? Oppure hai trovato la tua comfort zone e preferisci rimanerci?
Ho iniziato scrivendo libri per ragazzi e credo che per me sia stata la migliore gavetta. Ho avuto la fortuna di provare a crescere insieme ai lettori. È normale che oggi sia una persona diversa e che quindi i miei gusti nella scrittura siano cambiati ma non mi sento schiavo dei generi, non mi pongo limiti. Cerco sempre di raccontare storie che assecondino i miei gusti.
“Il buio dentro” segna un salto notevole nella tua notorietà, tanto che i diritti di quest’opera sono stati venduti anche all’estero. Dal Sunday Times, in seguito a questo romanzo, sei stato definito lo Stephen King italiano. Hai considerato questo paragone più come un peso o l’hai vissuto bene? Quali elementi, secondo te, hanno potuto accostarti a questo colosso?
Il Buio Dentro mi ha permesso di essere letto in una lingua diversa, il francese, e venduto in quattro paesi. Mi sono confrontato con il mercato straniero, sono stato a firma copie in Francia e questa forse è l’esperienza più bella che mi sia stata regalata dalla scrittura. Essere paragonato a Stephen King ovviamente non ha senso: di solito si cercano accostamenti che aiutino i lettori a scoprire autori nuovi ma di King ne esiste solo uno e su questo non ci piove.
Come ti sei trovato con i lettori francesi? Parlaci di quest’esperienza.
In Francia l’atmosfera è molto diversa dalla realtà italiana. Mi dispiace dirlo, ma è così. I francesi hanno gusto e sono educati alla lettura. Ti basta attraversare il Quartiere Latino di Parigi e vedere librerie in ogni angolo, ma non è questo il punto. Mentre i lettori francesi sono molto appassionati, trovo che il rapporto tra gli autori sia basato meno sulla competizione e più sulla collaborazione. Ho trovato supporto reciproco tra scrittori e forse questo dipende dal fatto che vivono il proprio mestiere con maggiore relax e senza sgomitare come accade in Italia, poiché se pensiamo all’editoria come una grande torta… allora c’è una fetta a disposizione di tutti.
Sei anche molto attivo sui social. Trovi complesso il modo di approcciarsi ai lettori attraverso Facebook?
Sono laureato in Marketing e questo mi aiuta a capire tante cose. I social (purtroppo) sono il futuro e hanno la forza di stabilire interconnessioni tra persone con interessi in comune. Nella gestione della mia comunicazione cerco di essere spontaneo e di evitare la patetica autocelebrazione, che odio dal profondo del mio cuore. Parlo di me stesso, niente di speciale.
So che prediligi la letteratura straniera a quella italiana. Quali sono gli elementi che mancano nei romanzi nostrani per raggiungere la qualità dei thriller stranieri? Confidi che col tempo possano eguagliarsi o credi che ci sia ancora tanta strada da fare?
In Italia abbiamo una tradizione di narratori che si fa forte di nomi come Moravia, Svevo, passando per Calvino e così via… siamo maestri nella costruzione di romanzi che analizzino la società, che raccontano le persone. La nostra scuola di scrittura è di qualità e per quanto riguarda il thriller e il genere noir non siamo da meno alle produzioni letterarie straniere. Sebbene i miei autori preferiti siano americani (n.b. lo studio dei loro romanzi mi ha insegnato di più di qualsiasi manuale di scrittura), sono certo che in Italia ci siano penne di pregiata qualità le quali vivono all’ombra del marketing e del dominio straniero sul mercato.
Dacci due nomi di autori contemporanei assolutamente da leggere. Uno italiano e uno straniero.
Straniero: Joe Lansdale. Italiano: Ammaniti.
Il classico a cui sei più legato?
Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, letto all’età di undici anni.
Parlaci di questo terzo romanzo sulla serie di Damiano Valente e i suoi amici, Le colpe della notte.
Le colpe della Notte chiude la serie di romanzi su Castellaccio, paese immaginario del Cilento (una parte a sud della provincia di Salerno) in cui si svolge la narrazione. In questo libro ho voluto unire al thriller psicologico e al noir gli elementi tipici del romanzo di formazione. Credo che sia la cosa più complicata e bella che io abbia mai scritto. La sinossi potete trovarla ovunque online e non mi dilungo a parlarvi della trama ma vi invito ad andare in libreria, sfogliarlo e leggere cosa ho da dire.
Non possiamo che invitare tutti quanti a immergersi in questa affascinante trilogia di cui l’ultimo romanzo uscirà il 4 aprile.