C’è qualcosa di nuovo, nel blues, anzi d’antico. Larkin Poe percorrono con gioia ed energia le strade senza tempo del genere, portandovi una ventata di aria fresca con la loro grazia femminile, l’entusiasmo con cui percuotono le loro chitarre.
Rebecca e Megan Lovell, sorelle, vengono da Atlanta, Georgia e si sono date questo nome in omaggio ad un bisnonno che condivideva il cognome con Edgar Allan, maestro del terrore e del gotico. Ma non c’è molto di dark nella loro musica, pervasa anzi da una luce nuova che tutt’al più si oscura, ogni tanto, della malinconia tipica del blues quando diventa amara riflessione sulla solitudine, la sconfitta e gli amori perduti. E ti colpisce al cuore.
Arrivano anche in Italia, con il loro set che si annuncia entusiasmante, venerdì 29 marzo allo Spazio Teatro 89 di Milano e sabato 30 al Teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) per l’organizzazione di Slang Music in collaborazione con A-Z Blues. Hanno introdotto nel blues una vena pop, che non guasta, come in Honey Honey che fa da traino all’ultimo album Venom & Faith (Tricky-Woo, 2018), in cui sono alle prese con brani di Bessie Jones (Sometimes) e Skip James (Hard Time Killing Floor) e proprie composizioni: su tutte Ain’t Gonna Cry, blues lento e sudato e Bleach Blonde Bottle Blues”, dal beat dondolante.
Suonano spesso in concerto con mostri sacri come Joe Bonamassa e Bob Seger, ma soprattutto le caratterizza un estremo rispetto nei confronti di coloro che le hanno precedute. You Tube pullula di video semi-amatoriali in cui le due sister eseguono appassionate cover di The Weight di The Band o Black Betty di Leadbelly, classico che risale agli anni Trenta, Santo & Johnny (Sleepwalk) e Little Feat (China White) per dirne solo qualcuna. Una videoserie chiamata Tip o’ the Hat, qualcosa come “giù il cappello”, divertitevi a scoprire le “puntate”.
Ci auguriamo che si portino questa bella abitudine anche all’interno di un concerto sul quale si sono create già molte attese. Dal vivo sono esplosive e divertenti, selvagge al punto giusto e giocose, in un mix irresistibile di antico e moderno.
Paolo Redaelli