Alan Stivell, bardo della musica celtica contemporanea, è in Italia per una serie di concerti. Giovedì 21 marzo a Roma, venerdì 22 a Mestre e sabato 23 all’Auditorium Sant’Antonio di Morbegno (Sondrio) per la chiusura in grande stile della stagione di QM Live.
Protagonista della rinascita dell’arpa celtica, strumento che suona dalla tenera età di nove anni, ricostruito pazientemente dal padre Jord, prima esibizione all’Olympia di Parigi a tredici anni, Stivell ha rilanciato negli anni settanta la musica tradizionale delle sue origini, avvicinandola ad un contesto rock folk, inaugurando una serie di contaminazioni che lo hanno portato a collaborare con artisti diversi tra loro come Jim Kerr dei Simple Minds, il senegalese Youssou’n Dour e recentemente la nuova stella del Mali blues, Fatoumata Diawara. Gettando dovunque andasse ponti tra le anime e le culture, unendo Europa, Asia, America ed Africa in un concetto di musica globale prima che questo termine andasse di mode.
Stivell propone una musica senza tempo, eppure capace di fondersi anche con l’elettronica e l’hip hop. L’abbiamo intervistato prima del concerto, incontrando grandissima disponibilità e cortesia.
Mister Stivell, lei suona l’arpa celtica da quando aveva nove anni. Possiamo dire che più che uno strumento, sia quasi una compagna di vita?
Sono sempre stato molto curioso di tutto quello che succedeva intorno a me e c’è della musica che ho creato senza l’arpa, ma in effetti è vero che questo strumento ha determinato tutta la mia vita, sin da quando ero un ragazzino.
Crede che il suo progetto di rinascita della musica celtica negli anni Settanta abbia dato i frutti sperati?
Sarebbe difficile negarlo. Già da bambino sognavo che un giorno, nel futuro, saremmo riusciti a creare un modesto interesse intorno alla musica e alla cultura celtica. A quei tempi, io e qualcun altro come me non avremmo mai creduto che l’interesse potesse svilupparsi in modo così vasto. Adesso sarei felice, ovviamente, se qualche nozione in proposito venisse insegnate nelle scuole accanto ai Greci e ai Romani e alle altre culture. Questo se consideriamo che l’eredità celtica è anche alla base di tutta la civilizzazione occidentale
Ha lavorato con molti artisti di estrazione musicale e provenienze diverse come come Kate Bush, Shane McGowan, Khaled, Youssou N’Dour, Jim Kerr, Paddy Moloney. Ci può dire qualcosa di queste esperienze?
Sono sempre stato molto sorpreso che quasi tutti gli artisti e le star a cui ho chiesto di collaborare e che lei ha citato abbiano risposto positivamente. E’ stato un regalo incredibile per me. Nel nuovo album “Human-Kelt” è il caso di Andrea Corr, Angelo Branduardi, Vincenzo Zitello, Murray Head, Bob Geldof, Yann Tiersen, Carlos Nuñez, Francis Cabrel, Fatoumata Diawara. Persone molto diverse tra loro, ma che rendono questo disco affascinante con la loro presenza.
Che cosa può dirci del panorama attuale della musica celtica?
Fin dal primo album Reflets ho proposto al pubblico una sorta di menu: un pizzico di questo e quello affinché potessero scegliere quello che piaceva di più. Questo menu era concepito anche per incoraggiare musicisti ed artisti ad intervenire in campo con quello che assecondava il loro gusto personale. Un po’ di folk, un po’ di classica, un po’ di rock e più tardi di elettronica, hip hop e altro ancora. Sono felice che questo mio sogno sia diventato la scena contemporanea.
Quali sono gli artisti che apprezza attualmente ?
Davvero tanti. Vorrei citare tra tutti Carlos Nuñez, ma anche un musicista meno noto come Yann-Fañch Kemener.
Che tipo di spettacolo dobbiamo aspettarci?
Sarà la celebrazione dei miei cinquant’anni come artista professionista. Suoneremo e canteremo canzoni dal primo fino all’ultimo album. In uno stile molto eclettico, con emozione, gioia ed energia anche se saremo in trio. Sarà una bella festa, venite a sentirci.
Paolo Redaelli