Sarah Jane Morris a QM Live, energia soul per tante cello songs

L’energia soul e le prelibatezze musicali che porta sul palco hanno reso il concerto di Sarah Jane Morris per QM Live, sabato 23 febbraio, un’esperienza unica. Peccato che l’ Auditorium di Morbegno non fosse pieno, perché si è assistito ad un set di grande raffinatezza ed eclettismo, ben cinque violoncelli, guidati da Enrico Melozzi, a vestire la sua voce potente, quasi maschile, capace di inerpicarsi su vette difficili. Quattro donne imbracciano gli altri cellos: Jenny Adejayan, Leila Shirvani, Caterina Rossi, Tiziana Gasparoni. E, sulla destra, la chitarra acustica di Tony Remy, il parimenti acustico basso di Henry Thomas intrecciano tappeti ritmici per il sax soprano di Michael Rosen.

Partenza di grande effetto con Fragile di Sting e Imagine di John Lennon, brani ormai scolpiti nella memoria collettivo, ma rivestiti di nuovi arrangiamenti. In particolare il pezzo lennoniano, inno alla pace e alla fratellanza, si presta per i recitati della Morris, in pura tradizione black music, e le dolcezze della canzone originale si stemperano in un reiterato invito a immaginare un mondo migliore, con qualche accenno “politico”: “No Brexit, I’m European”.

Melozzi, con il suo ciuffo ribelle, gli occhialini colorati e il violoncello pure, fa anche da seconda voce, utilizza spesso il pizzicato, batte lo strumento in funzione percussionistica in un set in cui si rinuncia completamente alla batteria, ma il ritmo c’è ugualmente. Sarah Jane, che ha collaborato con Jimmy Somerville e Peter Hammill, presenta anche brani propri (come Wild Flowers, scritta per la madre) , ma eccelle soprattutto nelle interpretazioni di songs altrui. Così in Alleria di Pino Daniele, che ricorda con grande simpatia e un filo di commozione, trasformata in Happiness mantenendo comunque la linea melodica originale.

Il vertice del concerto viene toccato comunque con una versione di Blue Valentine di Tom Waits che ne restituisce il pedigree jazzato, felpato, con il tocco di Remy in evidenza e soprattutto I Shall Be Released, altro inno alla liberazione stavolta firmato da Bob Dylan, canzone ideale da cantare tutti in coro. E infatti la Morris incita il pubblico ad unirsi a lei e l’invito non cade nel vuoto, anzi. Dalla platea si alzano voci intonate, l’effetto è emozionante, la partecipazione convinta. La canzone si allunga nel tempo, include intermezzi strumentali, Sarah Jane è completamente dentro il brano, lo trasforma in un racconto personale. Applausi scroscianti e presentazione rigorosa della band, in stile scherzosamente eccessivo alla Bruce Springsteen, lasciando spazio alla creatività dei singoli in un collettivo affiatato che la cantante definisce spesso “my musical family”.

C’è spazio per il bis di prammatica, senza farsi troppo pregare Morris & Co si lanciano in una splendida rivisitazione di Don’t Want To Know di John Martyn, dal capolavoro Solid Air del 1973 di cui la singer ha riletto alcune pagine in un bell’ep. Anche in questo caso, lei sprona il pubblico a cantare il refrain, che invita a non badare al male, ma solo all’amore. Pensare solo a cose belle. Sì, come a questa musica che si sprigiona del palco, in una fredda notte di febbraio, scaldando “anema e core”.

Paolo Redaelli

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