Sembra registrato a Londra o a New York. Muscolare, nervoso, claustrofobico, ben prodotto e altrettanto suonato. Disco(mfort) tiene pienamente fede al suo nome. Quasi un concept sulle inquietudini del terzo millennio.
Siamo invece nell’italianissima Parma, dove un pugno di ottimi musicisti dà vita ad un lavoro che è lo specchio fedele di tempi contradditori. E quello che pare il risultato di un lavoro di getto, di un flusso creativo sgorgato all’improvviso è invece il risultato di tante session di improvvisazione, registrate nel corso di sei anni, all’insegna della totale libertà di espressione sonora e qui ricondotte con un montaggio da certosini alla forma di brani anche melodicamente strutturati, da suonare in live tutti di seguito come se si trattasse di un’unica composizione in più parti.
Caratterizzato da un incessante lavorio ritmico (Giorgio Cantadori, batteria, autore di tutti gli arrangiamenti e Gabriele Bertani al basso), il disco richiama alla memoria tracce crimsoniane, ma anche la poesia metropolitana della Rollins Band, il sax in “Socle du Monde” è free jazz, ci sono echi afro in “Salt from Tears”.
Alex Fornari, già cuore e cervello dei Pale TV negli anni Ottanta, autore di testi che mescolano creativamente italiano ed inglese, si divide le parti vocali con Synthia, che non pare umana. E forse non lo è.
Mettetelo su a tutto volume e fatevi guidare in una discesa agli inferi. Indubbiamente, il disco italiano dell’anno
Hidden Parts – Disco(mfort) (Spare Parts, 2018)