Enrico Zanisi omaggia John Lewis a Bologna con l’Orchestra del Conservatorio

La straordinaria leggerezza musicale di John Lewis, un trio pilotato dal pianismo efficace di Enrico Zanisi, l’orchestra dei giovani del Conservatorio Martini. Connubio riuscito, quello tra musica classica e afroamericana, nel concerto di mercoledì 14 novembre all’Unipol Auditorium per Bologna Jazz Festival. Un progetto interessante, quello proposto da Stefano Zenni, che ha unito musicisti collaudati e studenti in un omaggio al genio del pianista del Modern Jazz Quartet, un compositore che, come George Gershwin o Cole Porter prima di lui, ha unito le strutture classiche alla libertà del blues e dello swing, liberando tutta la sua creatività.

Il concerto, che doveva avere come protagonista Enrico Pieranunzi (fermato da un problema al braccio), vede alla tastiera un altro Enrico ed è quindi Michele Corcella, direttore d’orchestra ed arrangiatore, ad assumersi il compito di descrivere al pubblico di questo itinerario tra colto e popolare. Si inizia con Spanish Steps, che Lewis dedicò alla scalinata di Piazza di Spagna in Roma, città amata e frequentata come Milano. Ed è subito musica pittorica, immaginifica, con archi e violini che disegnano paesaggi (Skating in Central Park) e gli interventi pianistici di Zanisi (Django, omaggio al grande chitarrista tzigano Reinhardt) ad entrare nella melodia con il sapore del ritmo, ben assecondato da Luca Bulgarelli al basso e Marco Beggio alla batteria.

Vendome ci trasferisce in ambiente parigino, la cifra stilistica assume tratti più swinganti, l’orchestra di ventenni si muove a suo agio su una difficile partitura. Il pianismo di Zanisi è liquido e scintillante, ricco di sfumature, brillante e suggestivo. E’ musica che blandisce e affascina l’ascoltatore, tra barocche fughe bachiane e accenti blues (non a caso uno dei lavori più conosciuti del compositore si chiama Bach to Blues), sapori orientali e sonorità mediterranee. “Milano”, altro omaggio di John Lewis al nostro paese, traccia atmosfere metropolitane colorandole di ritmica e dolcezza, i soli di Bulgarelli e Beggio sono misurati, funzionali all’insieme. Applausi scroscianti accompagnano ogni pezzo fino al bis, richiesto a gran voce, che sarà Autumn in New York”, non un pezzo di Lewis, ma uno standard che ci trasporta inevitabilmente in pieno Central Park, tra foglie che cadono in un’oasi di serenità cittadina.

E’ bello perdersi nell’incantesimo del pianista americano dalla sensibilità europea, trascinati dal maestrale creato dall’orchestra di violini e archi che si integra alla perfezione con un trio jazz, in un compito non facile, assolto con passione ed impegno da una trentina di giovani, guidati dalla mano esperta di Corcella.

Paolo Redaelli

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