Toninho Horta viene a Bologna per il jazz festival cittadino ed è una bella serata di soul bossanova. Al Bravo Caffè uno dei chitarristi e cantanti brasiliani più amati esalta per anima e raffinatezza, portandoti spesso a credere di trovarti in un club di Copacabana, anche se lui è nato a Belo Horizonte. Non puoi bere caipirinha (devi guidare) e ti tocca un mezzo calice di caro buon prosecco, ma la sensazione rimane. Non fosse per tardivi avventori che rumoreggiano al tavolo, l’illusione sarebbe completa, ma tant’è. Si può lavorare di fantasia e la musica aiuta non poco.
Horta duetta con un bravissimo sassofonista come Piero Odorici, tanta sensibilità e soli creativi, a partire dall’iniziale “Over the Rainbow” in salsa carioca. C’è Gilson Oliveira alle percussioni, a sottolineare il gioco di rimandi tra la sei corde di Horta e il soprano e il tenore di Odorici, inseguendo trame sottili e complesse, con Toninho che sfiora le corde con leggerezza e e sembra che la voce si appoggi su di esse, volando con delicatezza e senso dello swing. Assistiamo ad una performance che meriterebbe un teatro, la musica protagonista assoluta in questo trio ben assortito che ci fa viaggiare di nota in nota, di spiaggia in spiaggia come fossimo su un treno lento che fa assaporare ogni lembo di paesaggio.
I tre si ascoltano e si cercano, l’interplay è di assoluta efficacia e le vibrazioni tra il pubblico più che positive, tanto che qualcuno comincia a cantare in coro con Toninho le sue canzoni di saudade e tristessa, che per favore non va via ma rimane, sottile melanconia tinta di blues, sussurate come se si fosse intorno ad un fuoco in riva al mare. La musica che si sprigiona dai tre è evocativa, quasi cinematografica nel suo racconto che passa da un brano di Jobim (poteva mancare la garota?) ad un romanzo di Jorge Amado, vedi le sue donne bellissime e sensuali materializzarsi tra le note, ma anche la povertà delle favelas, lo sguardo di un meninho da rua in cerca di migliore destino, angeli tra la polvere e mare che mormora.
La musica di Horta tocca il cuore, è colta e popolare insieme, una carezza per l’anima vagabonda, un balsamo per l’irrequietezza dei tempi moderni. Non a caso grandi come Pat Metheny e Milton Nascimiento hanno deciso di collaborare con lui. Gilson Oliveira omaggia anche Nana de Vasconcelos, percussionista immenso ma anche cantante che impreziosì “As Falls Wichita”, capolavoro metheniano del 1980, con le sue scansioni ritmiche e vocali. Odorici punteggia il tutto con soli di rara maestria alternandosi tra i due sax. Maestro Horta è uno dei tre, niente protagonismi, tutti al servizio della musica. Così si fa. Serata indimenticabile.
Paolo Redaelli