Kamaal Williams al Jazzmi: contaminazioni spaziali

Sfogliando il programma di Jazzmi, ricco di artisti di livello mondiale, spicca in nome di Kamaal Williams, uno dei musicisti più eclettici del nuovo panorama jazz.
Venerdì 2 novembre si presenta sul palco del moderno teatro dell’Arte, nella bellissima cornice della Triennale, con il batterista Dexter Hercules e il bassista Pete Martin: tre giovani londinese dall’aspetto informale come molti dei presenti, lontano dall’atmosfera e dal pubblico di un concerto jazz che si ha nell’immaginario convenzionale stereotipato.
Seduto di spalle nella sua postazione attorniato da tasti bianchi e neri, Henry Wu (è il suo vero nome) apre con una intro al pianoforte mezza coda dai toni classici del genere, che armoniosamente poi si trasforma nel cinematografico pezzo che da il nome al suo ultimo lavoro: “The Return”. Si tratta infatti di un ‘ritorno’ a un’idea di musica nata un paio di anni fa con l’album “Black Focus”, interrotta in seguito al litigio e alla conseguente separazione dal batterista Yussef Dayes, con il quale aveva firmato il disco.
Bastano poche note del secondo pezzo (High Roller) per scaldare l’ambiente e rendere le poltroncine del teatro sempre più scomode. Aumentano il ritmo, la velocità d’esecuzione e il groove. Kamaal si alza in piedi, saluta e all’invocazione “Let’s boogie with us tonight!” attacca “Catch the loop” martellando con un tiro incalzante una piccola scatola di legno logoro con dei cavi rossi e blu penzolanti. Il suono funky del Korg vintage, un giro spaziale di basso distorto ritmato con il wah wah e Hercules che va come un treno travolgono energicamente tutto e tutti.
Immerso in un’immagine urbana, tipica del sud della metropoli britannica, evocata da una introduzione con un mitico Fender Rhodes, si aggiunge alla band il sound felino della chitarra di Mansur Brown, talentuoso polistrumentista appartenente alla stessa scena musicale. Delicato e tecnicamente impressionante l’assolo con il quale l’ospite si congeda.
La partecipazione coinvolta del pubblico evidenzia la voglia di novità e la fame di suoni originali, saziate con uno spettacolo vibrante, talvolta esplosivo.
Prima di chiudere il trio esegue “Medina”, traccia di “Return” che riflette la multiculturalità inglese, rappresentata dallo stesso Wu (di origini cinesi e di religione musulmana). Attraverso la rielaborazione del concetto di fusion, il brano si rifà molto all’acid jazz e alle morbide sonorità dei primi ’90 usate dai Jamiroquai, Brand New Heavies e US3.
“LND Shuffle” al termine manifesta, già dal titolo, proprio questo miscuglio non classificato, ma capace di contenere l’essenza della periferia londinese.
Kamaal Williams ci ha fatto salire sulla sua navicella spaziale, volando attraverso i generi dalla sorgente di Londra al Medio Oriente, passando per il Continente Nero, incontrando Herbie Hancock e Miles Davis, per arrivare all’attraente ed eclettica Milano, ormai riferimento per artisti di tutto il mondo.
È stato uno spettacolo attuale e affascinante, dove gli interpreti di sono mossi divertiti con uno spirito animale e acceso, rielaborando diverse influenze: acid jazz, boogie, funk e afrobeat, riassunte dalla scritta sull’insegna stile Broadway davanti alla postazione del leader: “This ain’t jazz no more…”

Manuel Toppi

Set List:The Return/High Roller/Catch The Loop/Medina/Snitches Brew/New Heights/LND Shuffle

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