Reunion Nirvana: tornare al passato non è sempre la scelta migliore

E’ ufficiale, dopo la reunion “speciale” di qualche giorno fa al Cal Jam, i membri rimanenti dei Nirvana hanno deciso di riportare letteralmente in vita, una delle band più influenti della storia della musica popolare contemporanea.
Sono ancora molti i nodi da sciogliere sulle intenzioni della band; incideranno qualche inedito? Suoneranno solamente dal vivo? Ma soprattutto, chi avrà l’onere di sostituire Kurt Cobain, uno dei musicisti più importanti della cultura moderna?

Passerà sicuramente del tempo prima di poter rispondere a tutte queste domande; per adesso ci soffermeremo solo su di una questione: quanto è giusta questa reunion?
Certo, non vogliamo essere gli avvocati di nessuno o tantomeno accusare Grohl e soci di qualsivoglia crimine, però la domanda, vista l’importanza dell’eredità lasciata dal gruppo in questione ci pare più che lecita.
Siamo indubbiamente nell’epoca del revival e del ripescaggio. E’ la prima volta nella storia della musica che il rapporto costo del biglietto-modernità della band è stato completamente stravolto.
Siamo disposti infatti a pagare cifre astronomiche per assistere a gruppi di 20, 30, 40 anni fa, piuttosto che andare a vedere per cifre estremamente inferiori gruppi “sconosciuti”.
Niente da dire su quelle divinità dei Rolling Stones, eterni Jethro Tull o granitici Iron Maiden, però, anche grazie a loro, la musica rock in generale è sempre stata simbolo di una gioventù infuocata, espressione libera di un sentimento elettrico e incontrollabile. Inevitabilmente questa tendenza generazionale ci ha spinti a chiudere il Rock & Roll dentro musei, bar sparsi in tutto il mondo e dentro le vecchie librerie dei nostri genitori.
E allora, quando questo cambio di rotta è diventato più che evidente, sono tornati, quasi tutti, dai Queen ai Police, passando per i Kiss e gli Abba.
Questione di denaro? Non è questa la domanda che ci poniamo e non vogliamo far scadere questa riflessione a livelli criticamente bassi, anche perché Grohl e soci non hanno sicuramente di questi problemi. I Foo Fighters sono sulla cresta dell’onda, ora più che mai, Smear ha portato avanti una carriera a tratti nascosta, ma sicuramente importante e piena di soddisfazioni e anche Novoselic non è che se la passi male.
E allora perchè? Da dove viene questo bisogno di riportare alla luce una creatura morta e sepolta soprattutto per quanto riguarda i Nirvana, dove è stato proprio il cantante a portarsela con se nella tomba. I Nirvana, infatti sono stati una creatura di Kurt Cobain e su questo non ci piove. Non solo ha scritto tutto lui, ma era il perno su cui girava l’immagine e l’immaginario della band; è stato lui a parlare al cuore di giovani di tutto il mondo ed è stato per lui che la fine dei Nirvana ha coinciso inevitabilmente con la fine di un’era.

In parole povere vi chiediamo, vi piacerebbe sentire “In Bloom”, “All Apologies” o qualsiasi altra canzone simbolo del gruppo, scimmiottata da qualcun altro? Avete letto bene, un rimpiazzo potrebbe al massimo “scimmiottare” quello scritto da Cobain, perché qui non si parla di meriti, di bravura o di estensione vocale e tantomeno di scale da prendere o di interpretazione, qui si parla del sentimento che il musicista di Aberdeen esprimeva con la sua voce. Nessuno si è mai avvicinato all’ascolto dei Nirvana per poter dire “questi sono più bravi dei Dream Theater” (che poi chi se ne importa della tecnica) ma perché stregati, rapiti da questo biondino moribondo e dalla ruvidità della sua visione artistica. E allora “Rape me” o “Polly” cantate da un tizio qualsiasi magari tanto giovane da non aver vissuto neanche la parabola Grunge, che senso avrebbero?
Ve li immaginereste i Soundgarden con un altro al posto di Chris Cornell? O i Pearl Jam senza Vedder? Vi fermo subito, se avete pensato agli Alice in Chains e al nuovo cantante. Se anche provate a giustificare voi stessi dicendo che non è importante se a cantare Nutshell sia lui o Stailey allora questa riflessione non fa per voi.

Allora vi spingiamo alla conclusione a cui siamo giunti anche noi. Il prodotto artistico negli ultimi 300 anni ha sempre avuto una valenza storica fondamentale. David Bowie definiva la musica come la “necessità di riparare alle urgenze e alle mancanze palesate dalla società”. Pensiero illuminante se si relaziona a tutti quei gruppi che hanno avuto l’importanza che hanno avuto anche per via del momento storico in cui sono nati (vedi i Sex Pistols su tutti), ma non solo, praticamente tutte le band di tutti i tempi, incarnano almeno in parte lo spirito del mondo in cui vivono.

E allora, per concludere, la reunion dei Nirvana, così come il tanto agognato nuovo disco dei “Tool”, rispecchiano alla grande il momento musicale che stiamo vivendo.
Andiamo all’indietro all’infinito, scordandoci della vera essenza di cui è fatta la musica, ovvero il messaggio che si porta dietro, qualsiasi esso sia.

I Nirvana hanno significato moltissimo per la generazione che hanno vissuto, ma spesso questi artisti hanno ancora più importanza per le generazioni future, perché il loro operato rimane un diamante senza tempo, un ritratto sociale e spirituale, bello o brutto che sia ma definito così come la storia l’ha definito, senza aggiungere altro.
Riformare i Nirvana sarebbe come immolarli per sempre alla loro immagine modaiola e stilistica, goliardica e divertente, costosa e da palcoscenici puliti e mainstream, ma credo che un gruppo così, non si possa neanche lontanamente chiamare “Nirvana”, anche cercando di dimenticare la mancanza di Cobain.

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