Royal Blood, come sconvolgere il rock con basso e batteria

Ogni amante della musica cosiddetto “all’avanguardia” o più semplicemente un attento ascoltatore dei nostri giorni non può non essersi mai domandato fino a che punto la musica cosiddetta analogica e quella elettronica si possano fondere e contaminare. La risposta è come per le stelle dell’universo: in un’infinità di modi diversi. Si, perché la musica elettronica, arrivata alle orecchie di tutti i tipi di ascoltatore e affinatasi solo ultimamente in generi e stili musicali, è presente in quello che ascoltiamo dalla notte dei tempi. Si è insinuata con le sue mille sfaccettature nella stragrande maggioranza dei dischi che oggi riconosciamo come eterne pietre miliari; anzi, per dirla tutta, spesso e volentieri un grande disco, non era frutto solamente di una grande composizione musicale, ma più che altro da un connubio composizione-innovazione degli strumenti utilizzati in fase di registrazione e produzione. Non è un mistero che il riff della canzone “Babà O’ Riley” sia figlio di un omonimo sintetizzatore utilizzato poi da Pete Towshend e compagni anche durante le loro esibizioni dal vivo (ovviamente al tempo il synth non aveva l’accattivante design di un Macbook ma si presentava più come un gigantesco armadio pieno di manopole). Stessa storia vale per Emerson degli ELP, che ha concentrato almeno la metà del suo talento alla ricerca di sempre più accattivanti suoni digitali. Per concludere non ci sarebbe mai potuto essere un Stg. Peppers senza l’introduzione del fantastico registratore a otto tracce.

Ecco dopo tutte queste premesse vi presentiamo i Royal Blood. La band è composta da Ben Tatcher alla batteria e da Mike Kerr cantante e bassista. Avete capito bene: siamo davanti ad un gruppo formato da batteria e basso. Incredibile, sperimentale, strano; no niente di tutto questo. Il fenomenale duo di Brighton compone un rock classico, accattivante, duro e pieno di sex appeal da far invidia agli Arctic Monkeys di “My Favourite Worst Nightmare”. Dove si cela l’arcana formula del gruppo? La risposta è molto più “elettronica” che rock & roll: infatti sono i suoni e la capacità di Kerr di gestire le onde sonore a suo piacimento a fare del gruppo quello che è. Il suo basso infatti suona come lo sforzo di mille uomini che urlano feroci: una sonorità a metà fra una chitarra elettrica distorta e un Precision Base con sette pick-up. A proposito degli Arctic Monkeys poi, c’è da aggiungere una curiosità: il batterista della band, nell’edizione di Glastonbury nel 2013 si è presentato con addosso una maglietta dei nostri Royal Blood.

Gusto, quello di cui ci si può sicuramente fidare quello di Matt Helders, uno che sembra il migliore in una delle band migliori degli ultimi anni sicuramente. Anche lui si deve essere accorto del muro sonoro messo su dal duo britannico. Poco dopo, finalmente i Royal Blood pubblicano il primo singolo “Out of The Black” che gli varrà il posto proprio a sostegno degli Arctic Monkeys per un paio di date nel Regno Unito. L’anno successivo esce il secondo singolo “Little Monster”. Nello stesso anno esce il loro primo omonimo disco che ottiene sia un plauso dalla critica specializzata della maggior parte delle testate giornalistiche sia un riscontro molto positivo dal punto di vista commerciale, diventa infatti il disco che ha venduto più copie in un lasso ristretto di tempo in Regno Unito degli ultimi tre anni. Il 2015 è un anno di concerti e apparizioni nei principali festival in tutta Europa. Cantante d’eccezione durante alcune performance sarà un’altra grande icona: Iggy Pop. Il 2017 sarà l’anno d’uscita del loro secondo lavoro in studio “How Did We Get So Dark”. Concludiamo con le parole di un massimo esperto e guru musicale che può spiegarvi i Royal Blood meglio di noi sicuramente; dopo averli visti dal vivo infatti Jimmy Page dice di loro :

«Sono andato a sentirli a New York. Sono stati fantastici. Incredibilmente avvincenti, sono dei musicisti così distinti. Il loro album ha portato il genere (rock) più in alto di un paio di livelli. È così rinfrescante da sentire, perché suonano con lo spirito delle cose che li hanno preceduti, ma puoi sentire che porteranno il rock in un nuovo regno – se non lo stanno già facendo. È musica di qualità tremenda. »

Non c’è nient’altro da aggiungere, buon ascolto a tutti!

 

Ti potrebbe interessare