Il Maestro Franco Micalizzi (Roma, 1939) è indissolubilmente legato agli indimenticabili temi musicali creati negli anni ‘70 e ‘80 per tanti film di successo (Lo chiamavano Trinità, L’ultima neve di Primavera, Napoli violenta, Non c’è due senza quattro, Italia a mano armata). Erano gli anni del rinato mito di Cinecittà, un mito che ha attraversato oltre settanta anni di storia, di sogni e di eccezionali successi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, le porte degli studi si schiusero al cinema americano e con la messa in scena di set imponenti come quelli di Quo vadis? o di Ben Hur Cinecittà si guadagnò l’appellativo di “Hollywood sul Tevere”. Impazzava la “DolceVita” e Roma si popolò di star sia italiane che americane. Con gli anni ’70 per Cinecittà ebbe inizio una stagione cinematografica che ha lasciato segni indelebili non solo all’interno degli studi, ma anche nell’immaginario collettivo.
Gli “spaghetti western” o “Italo-western” che per lungo tempo furono classificati dai paludati critici cinematografici italiani come “trash movie” assursero a dignità artistica solo quando il regista Quentin Tarantino li ha rivalutati dal 2007 in poi. Grazie a tale prolifico filone, per circa un quindicennio (compreso grosso modo fra il 1964 e il 1978) il western conobbe una rigenerata popolarità in Italia dopo un periodo di decadenza. Senza Tarantino il cinema italiano di quegli anni, fucina di schiere di artisti ed artigiani che si sono fatti onore anche all’estero, sarebbe restato “trash”. Fu proprio Quentin Tarantino a scegliere sia il tema musicale di “Italia a mano armata” di Franco Micalizzi per il finale del film Grindhouse – A prova di morte sia il tema di Lo chiamavano Trinità, in particolare la canzone dei titoli di testa Trinity , per il finale dello spettacolare Django Unchained vincitore di due Oscar.
Reduce da esperienze americane Franco Micalizzi cominciò ad utilizzare i synth e, forse primo in Italia, il clavinet, strumenti che gli consentirono di scrivere ritmiche per film d’azione particolarmente moderne e coinvolgenti. I polizieschi di Umberto Lenzi, regista, sceneggiatore e scrittore, diedero, inoltre, al Maestro l’opportunità di scrivere per gli ottoni della big band generando così il funky jazz all’italiana che giunse persino negli States dove diversi rapper lo utilizzarono per le loro incisioni.