Nel 1987 cinque ragazzotti californiani con chitarre elettriche, bandane e pantaloni di pelle nera, regolari consumatori di droghe ed alcool, pubblicano un album dal nome “Appetite for destruction”. Questi cinque bei ragazzotti sono in ordine: Axl Rose alla voce, Slash alla chitarra, Izzy Stradlin anch’esso alla chitarra, Duff McKagan bassista e Steven Adler alla batteria, mentre il gruppo prende il nome dai cognomi dei due fondatori, rispettivamente Guns per Slash e Rose per Axl. Si presentano così al grande pubblico i Guns N’ Roses. L’impatto di questo disco sulla scena rock di fine anni ottanta è devastante. In breve tempo la band raggiunge fama internazionale. Il loro hard rock ispirato agli anni settanta contornato da una buona dose di ruvidezza punk li distaccherà nettamente dai gruppi allora più in voga e gli permetterà di arrivare a vendere oltre venti milioni di copie diventando così un classico del rock.
Tra quest’incredibile successo ed il successivo ed ambizioso doppio lavoro di “Use your illusion” si colloca un album che forse album vero non è, un lavoro direi essenziale composto da otto brani in tutto, quattro brani live, tratti da un loro vecchio EP dal nome “Live Like a Suicide”, e quattro brani in acustico. Bastarono cinque giorni per assemblare il tutto ed il 30 Novembre uscì “GN’R Lies”. La stragrande maggioranza della critica lo considera semplicemente un intermezzo, una sorta di tappa buchi prima di “Use your illusion” ed in parte fu così. Lo stesso Slash qualche anno più tardi dichiarerà: “Soli cinque giorni di lavoro e un sacco di copie vendute”.
Resta però il fatto che dall’essenzialità, dalla semplicità di questo disco emergono in modo ancora più evidente le potenzialità del gruppo e la loro notevole forza espressiva. Non è un caso che ai quattro brani live, che racchiudono tutta l’essenza hard rock dei primi Guns N’ Roses oltre alla qualità dimostrata dal vivo, vengano accostati quattro brani acustici che mostrano oltre alla capacità di variare registro, un’altro volto del gruppo fino ad allora ancora inespresso; un volto più tenue e sfumato tracciato dalla voce di Axl e dallle corde di Slash e compagni.
Apre le danze Reckless Life, un brano in pieno rock n’ roll con le chitarre graffianti. Graffianti come la voce di Axl che inneggia ad una ”vita spericolata, una vita come se non finisse mai, sempre sull’orlo del precipizio, una vita spericolata, unico suo vizio”. A seguire c’è Nice Boys, cover dei Rose Tattoo con un Axl scatenato ed un ritmo incalzante. La canzone parla di una ragazza rovinata dalla città che finisce ad “in una stanzaccia ad ammazzare il tempo con la frusta ed un cascamorto”. Il terzo brano è Move to the City, un pezzo sulla necessità di andare, di partire, di crescere, di diventare veri uomini. Il quarto brano si apre con un riff di chitarra di Izzy Stradlin’ che introduce Mama Kin, altra cover, ma questa volta degli Aerosmith. Le due chitarre che si intrecciano meravigliosamente ed il basso di Duff accompagnano un testo sprezzante ed ironico. Nel mezzo anche un notevole assolo di Slash.
Le quattro canzoni acustiche iniziano con un accordo di chitarra in Do maggiore che fa da introduzione a Patience, brano bellissimo che diventerà un classico della band. Sostanzialmente questa canzone è una ballata dove Axl con tenerezza rassicura la sua amata, “torneremo a stare bene assieme, abbiamo bisogno solo di un po’ di pazienza” – “Non avere fretta, donna, tutto si sistemerà, serve solo un po’ di pazienza”. In piena opposizione al testo di Patience arriva il secondo brano acustico, I Used to Love Her, una ballata rovesciata dove Axl canta d’aver ucciso la sua donna perché si lagnava troppo, sepolta ora nel giardino, sotto due metri di terra per averla ancora vicino. Per quanto mi riguarda questa è la canzone più bella di tutto l’album, suonata magistralmente da Slash. A seguire la versione acustica di You’re Crazy, brano numero dieci di Appetite for destruction, Colpiscono, come al solito, le capacità vocali di Axl che parlano d’una pazza che “non cerca amore” ma “soddisfazione” che deve “cercarsi altre cose”.
Uno spazio un po’ più ampio va per forza di cose dedicato alla canzone che chiude il disco, quantomeno per lo scandalo che scatenò e che sporcherà indelebilmente la storia del gruppo. La canzone si intitola One in a Million ed inizia con un fischio leggero ed un giro di chitarra veramente accattivante. Musicalmente la canzone risulta essere esemplare mentre lo scandalo sta tutto nel testo scritto da Axl. “Poliziotti e negri, state alla larga. Non voglio catenine d’oro oggi”. “Immigrati e finocchi non hanno alcun senso per me, arrivano nel nostro paese e pensano di poter fare quello che vogliono, come formare un piccolo Iran o spargere malattie di merda”. Questi sono alcuni versi di One in a million. La band fu ovviamente sommersa da accuse di razzismo e xenofobia, accuse dalle quali la band non riuscì mai a liberarsi.
Questo album, pur non essendo fondamentale, è certamente un disco da ascoltare, soprattutto per i cultori del genere.
https://www.youtube.com/watch?v=lXx9deAiZW8